venerdì, novembre 21, 2014

Juan Larrea

Terra all'angelo quanto prima

Dormendo per tributo di fiori agli alti frumenti
Angelo a porta d'uragani senza neve
Arbusto da alzar piú le mani dell'eclisse
Piedi che ardono al contrario dei giorni vi sento
Sfidare alla cautela nell'angustia serrata
E sfogliare corone di mondi nelle mie saline

Ti impasteró al cantar duce a forza di archi
Di ponti che sporgono dala tua cintura
Il tuo sguardo manca di torre e serratura
Serenamente parlando

Paziente il lupo sempre in agguato
Come il pezzo di marmo detinato alla statua
Della mia voce
Si incorpora al gelato cadavere delle ore

Cadono gli occhi e la polvere si desta il ricordo
Per le falci ricurve
Piú la vita si accomoda e la carne che pur resta
Tra denti e lastre

Dimmi se ti affliggo rammendando sentieri.



Spine quando nevica

Nell'orto di fra' Luigi


Sognami sognami in fretta stella di terra
Coltivata dalle mie pálpebre cóglimi per i mei manici di ombre
Ubriacami di ali di marmo ardente stella stella tra le mie ceneri

Poter poter infine trovare sotto il mio sorriso la statua
Di una sera di sole i gesti a fior d'acqua
Gli occhi a fior d'inverno

Tu che nell'alcova del vento stai vegliando
L'innocenza di dipenderendalla bellezza imprevista
Che si tradisce nell'ardore con cui le foglie si volgono al petto piú debole

Tu che luce assumi e abisso al bordo di questa carne
Che cade ai miei piedi come una vecchia ferita

Tu che in selve d'errori vai perduta

Supponi che nel mio silenzio viva un'oscura rosa senza scampo né lotta.

Juan Larrea

Trad. genseki

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