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venerdì, maggio 11, 2012

Tristan Corbière


Il Poeta contumace 
Parte II

Non sapendo morire scriveva:

“È un essere di cento lune fa, tesoro,
Nel tuo cuore poetico in stato leggendario.
Rimo e dunque vivo … ma non temere a salve.
- Una conchiglia d'ostrica in un banco spaccato!
Mi tocco, non vi è dubbio: son io! Ultimo sbaglio -
In marcia verso il cielo – la mia nicchia è ben alta ! -
Mi sono domandato mentre prendevo slancio:
Testa o croce … e ancora non ho smesso di farlo...

“ È a te che voglio fare il mio addio a la vita,
A te che piangerai fino a darmi la voglia
Di mettermi anch'io a piangere con te,
I giochi sono fatti, sono uno spettro sfatto
In ossa e … (non posso dire in carne). È sicuro
Son proprio io, eccomi qua, come un errore.”

“Eravamo collezionisti di cianfrusaglie;
Vieni a vedere il Bibelot – a me fa schifo -
Proprio nei miei disgusti, ho dei gusti eleganti;
Lo sai avevo mollato la vita coi guanti:
L'Altro non è da prendere nemmeno con le pinze...
Cerco sul manichino qualche nuova toilette.”

“Vienimi ad aiutare: i tuoi occhi negli occhi!


Trad genseki

giovedì, maggio 10, 2012

Il poeta contumace


Tristan Corbière
Il poeta contumace (parte I)


Sulla costa d'ARMOR, in un vecchio convento
Che i venti avevan preso per un mulino a vento,
Gli asini si recavano a esercitare il dente
Sull'edera brucata abbarbicata a un muro
Con tante brecce che si era persa l'entrata.

- Solo – ma sempre dritto con un aplomb ben raro,
Coi merli diradati come denti di vecchia
Ficcato a pugni il tetto sull'orlo di un'orecchia
Ai corvi sbadigliando si elevava il torrione,
Fiero d'avere avuto un tempo una leggenda
Non era ormai nient'altro che un nido di briganti
Vagabondi notturni, amanti clandestini,
Sbirri, cani randagi, ratti e contrabbandieri

Oggi però era ospite della torretta cieca
Un poeta selvaggio con piombo nelle ali
Laggiù precipitato nel bel mezzo dei gufi
Che alteri l'osservavano, ne rispettava i buchi,
Solo gufo inquilino a venti scudi l'anno
E una vecchia porta sostituita a sue spese.

La gente del paese, nemmeno la vedeva,
Qualche raro passante mostrava con un cenno
Del naso a qualcun altro la sua alta finestra
Il parroco temeva che non fosse un lebbroso.
Il Sindaco diceva; - Che volete che dica
A me pare un inglese … un'essere - sapete?

Le donne già sapevano, vatti a sapere come .
Che in peccato viveva insieme a certe Muse
Un eretico insomma … o forse un parigino
Di Parigi o d'altrove vatti a sapere dove
Era un invisibile, come le sue donzelle
Non soleva mostrarsi, non si sparlò di quelle.

Lui era un perdigiorno, alto, pallido e secco
Eremita per hobby spazzato da ogni raffica...
Troppo egli aveva amato i paesi malsani
I medici e gli uscieri lo davan per spacciato;
S'era posato qua, sazio e in cerca del posto
Per morire da solo o viver contumace...

Facendo d'un quasi artista,
Un filoso d'accatto
Rantolava al sole e al ghiaccio
Traviato ormai del tutto dall'umano sentiero.

Ancora gli restava un'amaca sfibrata,
Un cane dormiglione che chiamava Fedele
Ed era dolce e triste come lo era lui
Eppur non più fedele della compagna noia.

Come morto di sonno solo viveva in sogno,
Il suo sogno era l'onda che saliva la rena
E poi la discendeva.
A volte vagamente ... restava li ad attendere …
Che cosa … solo l'onda … che viene e rifluisce,
Forse … chissà? L'assente.

Ma lui ne sa qualcosa. Chiuso nella garrita
Forse ha dimenticato che i morti vanno in fretta,
Lui viveur stagionato, spettro che si è smarrito.
Cerca il suo fuoco fatuo salma sepolta male?

O Lei non è lontana, quella per cui bramisci
Cervo di sant'Uberto! Ma senza fiamme in fronte...
Tal forse non sembravi vecchio mio, esule triste e falso
Fai il morto se ora puoi,,, Ella ha pianto per te!

  • Forse lui non poteva! … Ma non era poeta
Come un altro immortale? Sentiva nella testa
Spaesata che tutti i versi esametri
Facevan cento passi con andamento sghembo
Privo di saper vivere – sopravviveva .
Non sapendo morire scriveva.



trad genseki