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sabato, novembre 29, 2014

Nodo di specchi

Le belle finestre spalancate e serrate
Sospese alle labbra del giorno
Le belle finestre in camicia
Le belle finestre dai capelli di fuoco nella notte scura
Le belle finestre dalle grida d'allarme e dai baci
Su di me sotto di me dietro di me ce ne sono meno che in me
O cosctituiscono un solo cristallo celeste come il grano
Un diamante divisibile in tanti diamanti quanti sarebbero necessari per bagnarsi tutti i bengalesi
E le stagioni che non sono quattro ma quindici o sedici
Ed io tra cui quella in cui fiorisce il metallo
Quella in cui il sorriso è meno del macramé
Quella in cui la rugiada vespertina unisce donne e pietre
Le stagioni luminose come l'interno di una mela da cui si separa un quartiere
Oppure anche come un quartiere periferico abitato da esse che sono stoppini nel vento
O ancora come il vento dello spirito che di notte ferra d'uccelli illimitati i cavalli dalle froge algebriche (...)

André Breton

Trad. genseki

lunedì, gennaio 17, 2011

Breton su Achim von Arnim - Parte II

Bisogna anche notare come egli si tenne sempre lontano dai fratelli Schlegel. Un simile atteggiamento, che credo deliberato, implica, in questo momento da parte di Arnim, un'adesione senza riseve alle tesi di Fichte, nell'amplissima misura in cui, , oggetto delle piú costanti polemiche e delle piú vilente, esse costatemente difendono i diritti della Ragione e della Critica in quanto epsressioni della filosofia della Riforma e della Rivoluzione. Per togliere qualsiasi dubbio sulla chiarezza e la nettezza di questa adesione basterebbe portare una testimonianza del 1811, ovvero l'anno della pubblicazione di Isabelle d'Egitto e che proprio in quell'epoca acquisisce tutto il suo valore: “Per piú di un ascoltatore, studente o no, le conferenze di Fichte, come lo sotolinea Achim von Arnim, sostituivano quella che fu la religione della Chiesa”.
Cosí ecco come riesce a svilupparsi, non senza momenti di grande effervescenza e frequenti ritorni allo scrupolo, in uno dei cervelli meglio organizzati del principio del XIX secolo, e,non bisogna dimenticrlo, un cervello essenzialmente poetico, la notevole situazione in cui si trova lo spirito, conteso, allora in modo piú evidente che mai, tra le forze del progresso e quelle regressive. Un'alleanza che richiama l'attenzione e che nella storia è raramente cosciente di se stessa anche se la possiamo definire eterna tende a porre nello stesso campo i poeti, gli artisti e gli scenziati che sanno valutare il valore ell'iluminaione che si produce a grandi intervalli a traverso di loro e ammettere che vi è qualche cosa al di lá di essa, non fose altro che la notte.. Da qui a voler rendere ancora piú oscura la notte non vi è che un passo, come lo testimonia Schelling quando si mise in testa di attirare verso la sua folosofia l'approvazione dei romantici preconizzando un ritorno del misticismo e infeudando la scinza all'arte quando dichiaró che: “entrambe dovevano finalmente coincidere, quando a scienza avrá risolto il suo problema, e certo lo risolverá, come l'arte ha giá risolto per sempre il suo (sono io che lo sottolineo”.
Nell'altro campo, raggruppati attorno a Fichte come piú tardi lo saranno attorno a Hegel si radunavano i partigiani dell'illuminismo e tra di loro è essenziale riconosce, a partire a questo istante Achim von Arnim. Effettivamente è proprio questa congiuntura e questa soltanto che ci fa capire il rimorso di Brentano, verso la fine della sua vita, che si accusa, lui che doveva morire monaco, d'avere favorito il matrimonio di sua sorella con arnim: “Son io” - dice: “ che po condussi da Bettina e cosí la consegnai alla letteratura, ai filosofi, alla Giovin Germania; è colpa mia se ella non ha piú religione”. de è ancora questa congiuntura che ci spiega come l'opera di Arnim, la cui fantasia è la piú abbagliante della sua epoca, non incorre nel giudizio che si puó su gran parte della letteratura romantic tedesca e che si esprime a mio giudizio con un'autorevolezza incomparabile, in questa critica di Hegel a proposito di Enrico di Ofterdingen romanzo cosí nebuloso di Novalis: “Il giovane autore si è lasciato trascinare da una prima brillante invenzone, ma non si è reso conto di quanto una simile concezione sia difettosa, precisamente per essere irrealizzabile. Le figure incorporee e le situazioni vuote sfuggono sepre alla realtá in cui dovrebbero inserirsi, invece, se prtendessero di avere una qualche realtá”. Nulla di cosí arbitrario, vago, irrisolto in Arnim. sono ben sicuro, avendoli riletti molte volte, che nei racconti che seguono non è stato commesso il benché minim abuso di fiducia, salvo l'iniziativ che consiste nel mettere in circolazione e in relazione esseri liberati fin dove è possibile dalla convenzione di presentarsi nella loro essenza e comportamento com esseri vivi. Una volta acconsentito ad entrare in scena, questi esseri si comportano con una naturalezza e, si potrebbe dire, un coraggiodi cui non saprei trovare l'eqivalente nelle creazioni di qualche altro narratore. E dicendo questo, non penso solo a Hoffmann e a i suoi “diavoli” di paccotiglia, tra cui un sedicente golem venuto dopo quello di arnim e che solo en è una grossolana contraffazione, Sono davvero oggetti di perfetta illusione che spingono la civetteria fino a sembrar sottrarsi alla volontá dell'autore, in modo tale che costui, come se sfuggisse ad ogni contagio romantico, assume al loro lato l'aspetto di un osservatore impersonale.
Trad genseki

lunedì, dicembre 13, 2010

Breton su Arnim

Parte I

Breton su Achim von Arnim

All'epoca in cui il ventenne Achim von Arnim studiava fisica e matematica all'universitá di Goettingen si affrontano due concezioni scientifiche l'una delle quali assai recente, che lungi dal tendere ad avvicinarsi intraprendono l'una contro l'altra una lotta mortale. Nelle circostanze storiche in cui tale dibattito si svolge, per uno spirito agile e ardente come quello di Arnim non è possibile la neutralitá. Per renderlo comprensibile non mi resta che ripercorrere le peripezie a prima vista curiose del dramma mentale che allora si rappresentava sotto l'apparenza puramente intellettuale di imporre una scelta tra due metodi, quello sperimentale e quello speculativo che portano con sé la necessitá di scegliere tra due spiegazioni profondamente discordanti del mondo e della vita.
Non si insisterá mai troppo sul ruolo che la fisica ha svolto nelle preoccupazioni dei romantici. La ranocchia scorticata che, inaspettatament nel 1786, sul tavolo di Galvani, compie il movimento ben conosciuto, tenendo conto della straordinaria rivelazione che ha rappresentato per loro, dell'aiuto che ha loro donato nella percezione di un mondo nuovo, subito agghindato di mistiche grazie e dell'abitudine che essi acquisirono di mettere il loro cuore a nudo, proprio come il suo, ebbene, poeticamenente quella ranocchia potrebbe essere considerata il loro totem. Ora, quando nell'anno 1800 Arnim entra nel circolo universitario di Iena, è notevole che il suo genio lo attragga verso Ritter che, movendo dall'esperinza di Galvani giunge, con Volta, di cui ignorava le ricerche, a mettere in luce alcuni fenomeni suscettibili di confermare la scoperta del magnetismo animale. La figura di Ritter, effettivamente sembra la piú attraente del momento. Fisico, ma anche cabalista, teosofo e poeta, Ritter, come egli stesso narra nei suo “Frammenti” era afflitto da un tic bizzarro che si presentava come un folletto e che ricorda molto da vicino la “scrittura automatica” dei medium. Tale tic lo obblgava a interrompersi continuamente mentre scriveva e ad annotare sui margini le cose piú buffe. Questo surrealista ante litteram diviene dopo Mesmer il piú grande apologeta del sonno, grazie al quale, dice, “L'uomo ricade nell'organismo universale, è davvero onnipotente fisicamente, si muta in un mago”. Egli si concentra sul magnetismo e sul sonnambulismo. Scrive: “nel magnetismo animale si esce dall'ambito della coscienza volontaria per entrare in quello dell'attivitá automatica, ove di nuovo il corpo organico si comporta come una cosa inorganica e ci rivela cosí, contemporaneamente i segreti di due mondi”. Per farsi un'iea precisa delle sue idee e dell'estensione dei suoi interessi prendiamo in considerazione questa affermazione: “Molti dei miei frammenti non ho potuto pubblicarli, perché nella loro forma primitiva sarebbero apparsi troppo scabrosi, soprattutto uno, composto poche settimane prima del matrimonio dell'autore e che è di tale natura che sarebbe sembrato impossibile che con idee simili un uomo potesse pensare di sposarsi”. A quanto pare si trattava della storia dei rapporti sessuali attraverso i secoli, con, a modo di epilogo una descrizione della forma ideale di tali rapporti, fatta in modo tale che “nessun giudice, nemmeno il piú liberale sarebbe stato clemente con l'autore, nonostante il rigore della dimostrazione”. È significativo che Achim von Arnim, la cui prima opera è un “Abbozzo di una teoria dei fenomeni dell'elettricitá” fosse ospite abituale nella casa di campagna di Ritter a Belvedere presso Iena. È in questa casa che si organizza un “partito anti-schelling” e si attacca vivacemente la sua “Filosofia della Natura”. Ritter considerava il sistema di Schelling “un pezzo di fisica” e considerava il suo autore “incapace di essere un vero filosofo: un filosofo chimico, niente di piú che un filosofo-elettricista”. Alcuni autori menzionano, in questo periodo della vita di Arnim, l'esistenza di una relazione con Novalis. Pare, tuttavia, che si trattase solo di contatti occasionali dovuti ad un legame di riconoscenza che legava Ritter a Novalis che l'aveva scoperto e strappato alla sua condizione miserabile. Nonostante le sue frequenti e sospette incursioni nel mondo metafisico, tutto fa pensare che uno scienziato di gran classe come Ritter godesse, agli occhi di un giovane formato al rigore metodologico e di temperamento curioso come Arnim, di un maggior prestigio che un poeta mistico smarrito a un punto tale da rimproeverare a Fichte di non aver posto l'estasi alla base del suo sistema. In ogni modo la morte di Novalis nel 1801 rende la sua influenza possibile su Arnim temporalemente molto limitata. Sappiamo inoltre che Arnim, che subito si interesó ai lavori di Priestley e di Volta, e a quelli del fisico umorista Lichtemberg, e il cui protestantesimo era sensibilmente kantiano, non intrattenne nessuna relazione personale con Schelling. Siccome fu tra i primi a condannare la su “Filosofia della natura”, non poté, necessariamente seguire il suo autore attraverso i capricci della sua evoluzione e neppure, a maggior ragione accodarsi quando l'opportunismo, che per meglio sedurre Schelling aveva preso la forma di caroline Schlegel, gli dettó la conversione alle idee piú nebulose di Ritter e di Jacob Boehme che impregnavano il neocatolicesimo di allora.