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martedì, marzo 16, 2010

I sufi di Andalusia

Abdallah ben ja'dûn al-Hinnawi ben Muhammad ben Zakariyya.

Morì a Fez nel 597/1201. L'avevo presentato al mio compagno Abdallah Badr al-Habashî, Questo Maestro era uno dei quattro awtâd grazie ai quali Allâh preserva questo mondo. Egli aveva chiesto ad Allâh di cancellare la sua buona reputazione dal cuore di tutti, in questo modo quando era assente, non era rimpianto da nessuno e quando era presente nessuno gli rivolgeva la parola, quando giungeva in qualche posto non gli davano il benvenuto, non conversavano con lui e tutti lo ignoravano.

Io ero giunto a Fez e mi ricordo che alcune persone, avendo udito parlare di me, volevano incontrarmi. Io, invece, non avevo intenzine di vederli, lasciai la casa dove dimoravo e andai alla moschea. Non avendomi trovato in casa, queste persone vennero alla moschea. Io li vidi giungere e quando mi domandarono dove fossi risposi loro: “cercatelo fino a quando non lo troviate”.
Mentre stavo li seduto, molto ben vestito, improvvisamente vidi il Maestro davanti a me. Non lo avevo mai visto prima di allora. Mi disse: “Che la pace e la benedizione di Allâh siano su di te”, io risposi al suo saluto. Allora egli aprì un libro di al-Muhâsibî, il Trattato sulla conoscenza” me en lesse un passaggio e mi chiese di spiegarglielo. Per ispirazione divina, conoscevo già la sua identitità e il suo maqâm, sapevo che era uno degli awtâd e che suo figlio avrebbe ereditato il so maqâm. Gli dissi, allora chi era e quale fosse il suo nome. Egli chiuse il libro, si alzò e disse: “sii discretissimo perchè nutro affetto per te e vorrei conoscerti meglio. La tua aspirazione è autentica.”
Quindi mi lasciò. Da allora ci incontrammo soltanto quando nesun altro era presente.
Soffriva di un danno alla lingua e parlava con difficoltà; tutavia, quando leggeva il Corano la sua pronuncia era eccellente. Quast'uomo che faceva grandi sforzi sul cammino spirituale era commerciante di henné. I suoi capelli erano sempre in disordine e pieni di polvere, egli ungeva gli occhi di kohl per proteggerli dalla polvere di henné.

Ad-Durrat al-fakhirah

Quando parlava passava per matto, quando sedeva in un'assemblea gli altri si alzavano e se en andavano perché lo trovavano fastidioso. Questo stato di cose gli piaceva molto. Un giorno me en stavo seduto presso il minareto quando ibn Ja'dûn venne a sedersi davanti a me dopo avermi salutato. Aprì un libro di al-Muhâsibî. il Trattato della conoscenza. me en lesse un passaggio e mi chiese di commentarlo. Lo feci. Mi disse: “Compagno, se non smetti, rivelerò a tutti la tua funzione, tu sei uno dei quattro. Mi chiese, allora, di non svelare la sua identitá e promise di fare lo stesso per me.
Ibn Arabi
trad a cura di genseki

domenica, marzo 07, 2010

Biunità divina

Seyyed Hossein Nasr

Se Ti chiamo,
Sei colui che invoca il Tuo stesso Nome,
Come potrebbe la Tua unicità accettare il mio io come un Io?
La Tua Ipseità soggiace a ogni io che ti invoca;
Oltre l'io e il tu
Del noi e del loro
Del lui e del lei
Oltre tutti i nomi
Sta il Tuo
L'Unico.
Tutti i soggetti si fanno eco della Tua Unicità,
Perchè solo Tu puoi profferire questo Io
Che le creature usurpano come loro.
Ci sono un io e un Tu,
Ma la Tua Unicità comprende entrambi
Mentre la Tua immagine sullo specchio dell'anima mia
Esclama:
“O Tu che sei il mio io,
Salvami da questa dualità!
Che la Tua Unicità regni
In questo istante eterno
Porto sicuro dell'allora e dell'adesso.
Como posso dirTi Tu,
Se io non sono e Tu sei Io?
Lascia che per l'ultima volta brilli questa verità,
Permetti he la Tua Unicità
Faccia a pezzi questo Io pretenzioso
E riveli infine l'Uno che comprende
L'Io e il Tu.

Trad. a cura di genseki

giovedì, febbraio 25, 2010

I sufi d'Andalusia

Abû Jafar al-'Uryanî II

Si racconta che mentre egli si trovava a Siviglia vennero a informarlo che la gente della fortezza di Kutamah aveva bisogno di pioggia. Sebbene la firtezza fosse sull'altra sponda di un braccio di mare e si dovesse viaggiare otto giorni per raggiungerla via terra, lui si mise in cammino con uno dei suoi discepoli chiamato Muhammad. Prima che partissero suggerirono loro di pregare per loro senza intraprendere il viaggio, egli rispose che Allâh gli aveva ordinato di andare di persona. Quando raggiunsero la fortezza non vi poterono entrare ma egli fece la preghiera di istiqâ e poco dopo Allâh inviò la pioggia. La pioggia cadde intorno a lui e al suo discepolo ma non una sola goccia li bagnó. Quando il discepolo espresse il suo stupore per il fatto che la misericordia divina non fosse caduta anche su dilui, il maestro esclamó: - certo che sarebbe caduta ma avrei dovuto pensarci prima.

Un giorno mentre stavo seduto presso il Maestro, si presentó un uomo con suo figlio. Salutó e ingiunse al figlio di fare altrettanto. Allora il nostro Maestro aveva giá perduto la vista. L'uomo disse: - O Sidi, ecco mio figlio che ha imparato a memoria il Corano.
Udendo queste parole l'aspetto del maestro cambió completamente per l'impressione di uno stato spirituale. Disse allora: - È l'Eterno che porta il transitorio, che il Corano ci porti e ci preservi, noi e tuo figlio!
Questo annedoto è un esempio dei suoi stati di presenza spirituale.

Ibn Arabi
Trad a cura di genseki

I sufi d'Andalusia

Abû Ja'far al-Urianî

Il primo che incontrai sulla Via di Allâh fu Abû Ja'far al-Urianî. Questo maestro venne a Siviglia quando io avevo appena cominciato ad acquisire le conoscenze di questa nobile Via. Fui il primo di coloro che si indirizzarono a lui. Entrato nella sua casa, lo trovai consacrato al dhikr. Mi presenai e lui seppe imediatamente qual era la mia necessitá spirituale.
Mi chisese: - Sei fermamente convinto a seguire la Via di Allâh?
Risposi: - Il servitore puó prendere la decisione, ma è Allâh che stabilisce.
Mi disse allora: - Chiudi la porta, rompi ogni legame, prendi come compagno Il Generoso, Egli ti parlerá senza veli.
Mi impegnai cosí fino ad ottenere l'apertura.
Bencjé fosse un campagnolo illeterato che non sapeva né contare né scrivere, bastaa ascoltare i suoi insegnamenti sul Tawhid per apprezzare il suo livello spirituale.
Dominava i pensieri con l'energia spirituale e poteva superae gli ostacoli dell'esistenza grazie alle sue parole. Lo si vedeva sempre invocare in stato di purezza rituale, rivolto verso la Qiblah, la maggior parte dei casi a digiuno. Un giorno fu fatto prigioniero dai cristiani. Siccome ancora prima di partire sapeva quelo che sarebbe successo avvertí tutta la carovana che sarebbero stati fatti prigionieri dai cristiani il giorno dopo. Il mattino dopo, come aveva previsto, il nemico tese un'imboscata e furono fatti prigionieri. I cristiani ebbero molti riguardi per il maestro e gli diedero un alloggio comodo e servi. Poco dopo poté essere liberato avendo pagato un riscatto di 500 dinari e si mise in viaggio verso il nostro paese. Al suo arrivo gli proponemmo di raccogliere la somma tra due o tre persone. Egli ci rispose che voleva raccoglierla da molte, se fosse statoorno del giudizio posibile voleva ottenere da ciascuno una piccola somma perché Allâh pesava ogni anima il Giorno del Giudizio e in ogni anima c'era qualche cosa degna di essere salvata dal Fuoco. Cosí Egli voleva prendere il bene di ciascuno per la comunitá di Muhammad.

Ibn Arabi
Trad genseki

mercoledì, febbraio 03, 2010

Asura

Seyyed Hossein Nasr

La testa di Husayn

O Husayn, amato da Dio tra molti,
Il tuo corpo è sepolo nelle sabbie del'Iraq
La tua testa sulle sponde ondulate del Nilo.
Due mondi ti rendono omaggio nei due mausolei
Due riflessi in un piano d'anima maestosa.
La tua testa fu tagliata in quel giorno di lutto,
La asura in cui il cosmo pianse il tuo decesso.
La tua testa divenne spazio di vita
Nella terra dei faraoni e dell'Islam.
Una cittá intera è cresciuta in
Intorno alla tua nobile testa tagliata
Che ancora orbita intorno all'asse della tua tomba
Che diffonde una baraka palpabile ai sensi.
I fedeli pregano nella tua moschea,
I sufi intonano i nomi di Dio
Le nascite e le morti
Ritmano le visite ai tuoi luoghi santi
O Hussayn,
Tu che fosti luce degli occhi
Di chi Dio amó sopra tutte le creature,
Mentre il tuo corpo è testimone dei lamenti dei pellegrini
E dell'agonia degli afflitti sul cammino della terra
La tua testa detta il ritmo della vita in questa vasta cittá
La tua testa cuore della medina della Vittoria
La tua qahira in cui vivono e hanno vissuto santi e poeti
Celebrando con le loro vite e le loro azioni quella Veritá
Per cui hai sparso il tuo sangue benedetto
Per la quale hai dato la vita.
La tua moschea al Cairo è chiara testimonianza
Del trionfo di ció che è vissuto nella Veritá,
Percé anche se l'errore passa per la realtá,
Finisce per evaporare con la nebbiolina dell'alba
Davanti al sole della Veritá Suprema che sorge
Per la quale sei morto,
Martire esemplare,
Quella Veritá verso la quale ci conducono
Le tue reliquie terrene attraverso la baraka che spargono,
Evocando il messaggio della tua vita
Che è il trionfo finale della Veritá,
Essa sola avrá l'ultima parola.

16 Aprile 1967
trad. genseki

sabato, gennaio 09, 2010

Hegel e l'Islam

Nel Maomettanismo questo principio limitato del giudaismo è esteso fino all'universalitá. Qui, Dio non è piú, come il Diio asiatico contemplato come ciò che esiste in modo immediatamente sensibile ma è concepito come il Potere infinito e sublime oltre la molteplicitá del mondo. Il Maomettanismo è, quindi nel senso piú esatto della parola, la religione del sublime.

Hegel
Filosofia dello Spirito

Trad genseki

sabato, novembre 14, 2009

Gesú e Maria nell'Islam

Molte persone non sanno che Gesú (Isa) è uno dei profeti più importanti profeti e messaggeri dell'Islam. Mettere in risalto i valori rappresentati da questo profeta che,secondo Ibn Arabi è il sigillo della santità, significa, in un certo modo compartire con i cristiani e con la societá giudeocristiana in generale i suoi valori piú alti e solidaristici.


Allah ci dice en Qur'an che Gesù, la pace sia con lui, fu un profeta ispirato da Lui, che la sua stazione spirituale è quella dello spirito santo...


Gesú è Ruh al Quddús, spirito di santitá, Gesú, inoltre perfeziona la legge e supera la religione dei predecessori, la forza dell'abitudine religiosa per mezzo dell'amore e ci permette cosí la realizzazione spirituale.


La rivelazione di Gesú nel Vangelo (Inyil) secondo i Qur'an ha come tema centrale la nascita del verbo, della parola dopo una lunga gestazione nel cuore prima che il senso si articoli nella nostra gola. La parola che emette il profeta non è solo discorso eloquente, ma il verbo creatore stesso, la parola divina capace di conformare il mondo e la visione umana, capace di articolare i nomi di Dio nel mondo visibile per poter ricordarlo. Questa parola ci prepara per l'incontro con il messagio di Muhammad, la pace sia con lui, al termine del nostro viaggio sui sentieri dei profeti e dei santi.


I Sufi dicono che svegliare Gesú nel nostro significa significa accedere al linguaggio creatore che sgorga dal cuore illuminato.


Tra i musulmani c'è una speciale venerazione per Maria, la pace sia con lei. Secondo quanto dice il Qu'ran nel sura della casa di Imrám, la madre di Maria la concepì per consacrarla al servizio divino. La sua tutela fu affidata a Zaccaria, la pace sia con lui, che era suo parente. Egli la visitava nel tempio e sempre trovava accanto a lei alimenti e provviste. Quando le domandava dadove venissero lei rispondeva: “Da Allah, certamente, egli povvede senza limite a coloro che ama”.


Il Qu'ran ci spiega anche come Maria diede alla luce un figlio, Gesú, un profeta che sará conosciuto come Isah Ibn Mariam, Al Masih, l'unto, che è un riferimento al suo lignaggio allo stesso tempo profetico e regale. La sua preminenza è valida tanto in questa vita come in quella futura, Gesú, la pace sia con lui, discendeva per linea paterna dalla casa di david, e, per parte di sua madre, Mariam, dalla casa di Aronne, la pace sia con loro. Unisce nella sua genealogia il mulk e il malakut, il cielo e la terra, mediante un barzak che solo è posibile per mezzo di una parola purificata.


Nel Qu'ran, Gesú, la pace sia con lui, ci parla fina dalla culla, perché la sua rivelazione è il verbo creatore e questo non è il discorso di un essere umano con una biografia e con una storia, bensí l parola dell'essere umano realizzato. Allo stesso modo la parola non è solo la vibrazione della gola, ma ha bisogno del fiato, del prana, del significato, per potersi articolare, così il Gesú del nostro essere non è soltanto la capacitá di comprendere e diffondere la lingua ma la possibilitá di trasmettere la rivelazione, il significato attraverso lo spirito e la compassione universali.


La adorazione umana ha bisogno della parola perché Dio organizzó la nostra natura in questo modo, la nostra natura è la stessa natura di Adamo, capace di riflettere al suo interno le luci e i suoni del mondo, le pulsioni dell'universo e il sentire di Dio.

Grazie a questa sua capacitá di nominare il mondo e riflettere così la creazione, Allah ci dice nel Qu'ran che per Lui la natura di Gesú è come quella di Adamo, la pace sia con loro.


...


Il messaggio di Gesú, ome quello di Muhammad, la pace sia con loro, è universale, per tutta l'umanitá...


La compassione che è un sentimento spirituale e un valore per tutte le religioni acquisisce cone Gesú, la pace sia con lui, una nuova potente dimensione.

Tale compassione è ralazionata con il fatto di compartire un destino, una visione, cercando di comprendere coloro che percorrono altri sentieri spirituali.


Oggi sono più necessari che mai i luoghi di contatto di incontro, angoli di mondo dai quali poter guardare il futuro con una cetta speranza collettiva. Proprio per questo avvertiamo l'immenso valore che acquisisce oggi il messaggio di Gesú.


Hashim Cabrera

Webislam 10/01/05

trad. genseki




mercoledì, ottobre 07, 2009

L'Islam, l'Iran e la filosofia antica

Parte I


Damascio


Damascio nacque tra il 480 e il 490 ad Alessandria in Egitto e fu discepolo di Ammonio che a sua volta era stato discepolo del sommo Proclo. Compiuta la sua formazione e consolidata la sua fama si trasferì ad ad Atene. Aveva intorno ai cinquanta anni quando fu scelto come sucessore di Zenodonte, come Scolarca della Scuola di Atene, occupando cosí la cattedra di Platone.

Credo che si possa considerare il neoplatonismo come una filosofia mistica che aveva assunto nelle forme esteriori e nelle pratiche molti, moltisimi elementi rituali e si presentava quasi come una religione.

Per rendere l'idea di che cosa fosse nell'estrema antichitá il neoplatonismo si potrebbe forse utilizzare l'espressione “Buddhismo di Occidente”. La sua attivitá come Scolarca duró quasi dieci anni, nel rapido, turbinoso disfacimento del pensiero antico e del mondo culturale pagano. Nel 529, infatti, Giustiniano chiuse la Scuola di Atene e confiscó i beni dei Platonici.

Questa confisca dei beni ci fa pensare che i platonici fossero una specie di comunitá, qualche cosa di molto simile a un ordine religioso.

Comunque questi provvedimenti non significarono la fine della scuola, come avevano sprao, probabilmente i Vescovi cristiani che gli ispirararono. L'imperatore filosofo dei Sassanidi offrí loro rifugio e protezione, mi pare nella cittá di Bactria, l'attuale balkh nell'Afghanistano attuale dove sorgeva anche una rinomata universitá buddhista. Secondo altre fonti, quello che restava della Accademia fu ospitato in Ctesifonte.

I nomi di questi filosofi erano Damascio, Simplicio, Prisciano di Lidia, Eulamio di Frigia, Hermias di Fenicia, Diogene di Fenicia e Isidoro di gaza. Nel 532, Cosroes vittorioso nella guerra impose ai bizantini la fine del loro esilio e quasi tutti loro ritornarono in Occidente. Damascio rientró in Egitto.

Di lui conserviamo pochi frammenti dalla “Vita di Isidoro” grazie a Fozio. Si suppone che abbia composto un “Commento al Filebo” che fu atribuito a Olimpiodoro e un “Commento al Fedone” anche esso attribuito a Olimpiodoro.

Tuttavia la sua opera filosofica principale è: “Aporie e soluzioni sui primi principi” che puó essere consierato una specie di commento del “Parmenide”.

Per Damascio, a differenza che per Proclo e Plotino pensa che al di sopra dell'Uno si trova l'ineffabile che non puó essere in nessun modo oggetto della nostra conoscenza. Questo ineffabile è analogo all'Assoluto di Ibn Arabi che anch'esso è antecedente all'Uno. L'uno proprio come uno è la singolaritá di ogno molteplicitá ma non è l'Assoluto, che si può considere come nulla. Il fatto è che noi pensiamo solo relazioni e l'Assoluto ineffabile è al di lá di qualsiasi relazione. Per Damascio tutto esiste in ogni cosa singola. L'assoluto è presente in noi come una forza o uno stimolo che spinge il pensiero a ngarsi come pensiero, situandosi nel punto in cui il pensiero sorge o dove si estingue.

Quest'ultimo punto di vista è molto prossimo alle concezioni del buddhismo mahayana sulla meditazione, concezioni che molti secoli dopo furono sviluppate da Dogen nel concetto di Hishiryo (oltre il pensiero e il non pensiero).

A proposito dell'Assoluto anche per Ibn Arabi esso è: “astrazione da tutte le possibili relazioni (cioè i nomi e gli Attributi”

“Se dall'essere divino si astraessero tute le relazioni non si avrebbe allora nessun Dio. Ma siamo noi che rendiamo reali queste possibili relazioni e finiamo per convertire l'Assoluto in Dio”.

Le radici neoplatoniche del sufismo, i possibili scambi teorici tra buddhismo e neoplatonismo il ruolo del pensiero sciita in questo quadro sono i temi che tratteró nelle prossime pagine.


genseki

giovedì, gennaio 22, 2009

Ibn Arabi

Posto che null'altro esiste nel vero senso della parola, eccetto l'assoluto, un autentico conoscitore di Dio non vede, nelle forme molteplici che la manifestazione di Dio, giacché sa che Egli si manifesta in tutte le cose. In questa maniera, qualunque sia l'oggetto del suo culto sempre adora Dio. Ciò può essere inteso anche nel modi seguente: le forme divergenti del molteplice all'interno dell'Uno sono o spirituali come gli angeli, o visibili e sensibili esternamente come il cielo e la terra e tutte le cose materiali che si trovano nel mezzo. Quelle si possono comparare alle facoltá spirituali contenute nel corpo di un uomo, queste alle membra di quello stesso corpo.
L'esistenza di questa molteplicitá nell'uomonon impedisce che egli possagga una unitá.

a cura di genseki

martedì, dicembre 16, 2008

Mansur al-Hallaj

Kitab at-tawasin

Il tasin della lampada profetica

a cura di genseki

Una lampada apparve dalla luce dell'invisibile, una lampada piú luminosa di ogni altra. Era la Signora delle lune che manifestava il suo splendore sulle altre lune. Era una stella dell'empireo. Allah lo chiamó “illetterato” a causa della concentrazione della sua ispirazione, lo chiamó “consacrato” per la maestá della sua benedizione e “Makkan” perché risiede nella Sua prossimitá.

Egli gonfió il petto e accrebbe il suo potere e sollevó il peso che pesava sulle tue spalle e così impose la sua autoritá. ... la sua lampada brilló dalla sorgente di ogni divina magnificenza.

Egli non riferì nulla che non fosse in accordo alla sua visione interiore, e non comandó nulla a coloro che seguono il suo esempio che non fosse in accordo con la veritá della sua condotta. Restò alla presenza di Allah e condusse altri alla Sua Presenza. Disse. quando spiegó chi egli fosse, che era stato inviato come guida per definire i limiti della condotta.

Nessuno è capace di intendere il suo vero significato, se non il Sincero, che lo accompagna, convinto della sua autenticitá, fino a che non resta nessuna differenza tra di loro.

Nessuno lo conosce senza ignorare la sua vera qualitá. La sua qualitá è rivelata solo a coloro a cui Allah ha deciso di aprirla. ...

La luce della profezia apparve dalla sua luce a la sua luce sorse da quella del Mistero. Nessuna luce è piú luminosa, piú manifesta, piú increata che la luce del Signore della Generosità.

La sua ispirazione precedette qualsiasi altra ispirazione, la sua esistenza precedette la non esistenza, il suo nome precedette la Penna perché esisteva anteriormente. Non vi era nulla sull'orizzonte, oltre l'orizzonte o sotto l'orizzonte di più bello, nobile e giusto, di piú benevolo e simpatetico di colui che ebbe questo ruolo. Il suo titolo è Signore della Creazione, il suo nome è Ahmad, il suo attributo è Muhammad. Il suo comando è il più sicuro, la sua essenza la piú eccellente, i suoi attributi i piú gloriosi, e la sua aspirazione è unica.

Oh meraviglia! Che cosa è piú manifesto, piú visibile, piú grande, pú famoso, piú luminoso, piú poderoso e piú saggio di lui. Egli è de era conosciuto prima della creazione delle cose e degli esseri. Egli fu e continua essendo prima del prima e dopo il dopo, prima di qualitá e di sostanza. La sua sostanza è pura luce, la sua parola è profetica, la sua conoscenza celestiale, la sua lingua l'arabo la sua tribú non è dell'Oriente e nemmeno dell'Occidente, la sua genealogia quella dei patriarchi, la sua missione la conciliazione e il suo titolo “Illetterato”.

Gli occhi furono aperti grazie ai suoi segni e i segreti svelati dalla sua presenza, fu Allah che lo fece articolare la Sua Parola, e essendone la Prova lo confermó. Fu Allah che lo invió. Egli è la prova e il provato. È lui che disseta la sete del cuore tanto assettato, è il portatore della parola increata che non è pronunziata dalla lingua, che non è prodotta. Essa è unita ad Allah senza separazione, e sorpassa il concepibile, essa annunzia la fine e le fini e le fini delle fini.

Si eleva alle nubi e si dirige alla Casa Sacra. Egli è il limite, l'eroico guerriero, Egli è colui che ricevette l'ordine di rompere gli idoli e colui che condusse l'umanitá a stermirnarli.

Sopra di lui una nube luminosa, una nube luminosa sotto di lui, da esse cade la pioggia che genera frutti, Tutta la conoscenza è una goccia del suo oceano, tutta la spaienza è appena una manciata della sua corrente e tutto il tempo è appena un'ora della sua vita.

Allah è con lui e con lui è la realtá. Egli è il primo nell'unione e l'ultimo dei profeti, egli è dentro la realtà e fuori è la gnosi.

Nessuno studioso mai raggiunse la sua conoscenza e nessun filosofo la sua comprensione.
Allah non concesse la sua Reltá alla sua creazione, perché lui e lui e il suo esserci è Lui, e Lui è Lui.

Nulla uscí dalla M di MHMD, e nulla entró nella H e la H è unita alla seconda M e la D è come la prima M. D è perpetuitá, M è rango, H è stato spirutuale cosí come la seconda M.

Allah rese manifesta la sua parola, ampliò la sua azione e confermó la sua prova. Inviò Furqan su di lui, rese adeguata la sua lingua e spendente il suo cuore. Rese i suoi contemporanei incapaci di imitarlo e ne esaltó la gloria.

Se fuggi dai suoi dominii, che strada prenderai senza una guida o povero infermo? Le massime dei filosofi sono come un mucchio di sabbia di fronte alla sua sapienza.

***

martedì, dicembre 09, 2008

Dante e l'Islam

Dhû'l-Nun al-Misri

“Sufi è colui il cui linguaggio, quando egli parla, riflette la realtá del sustrato, ovvero che nulla dice che egli non sia, e, quando è silenzioso, la sua condotta spiega il suo stato, e il suo stato proclama che egli ha spezzato ogni legame col mondo.
Hujwîrî

***

Dante

E io a lui: “I' mi son un che quando
amor mi spira noto e a quel modo
ch'ei ditta dentro vo significando
Purgatorio
Canto XXIV, 53-54


a cura di genseki

venerdì, novembre 28, 2008

Ibn Masarra di Almeria



parte I


Ibn Masarra


Pare che fosse un gigante biondo. Sicuramente un uomo piú alto e corpulento della media. In Africa lo ritenevano un siciliano. Forse per l'azzurro degli occhi.
Di lui non ci è pervenuta nessua opera, nessuna frase. Anche la memoria del suo nome andó perduta per molti secoli e fu riesumata da un dotto Castigliano, acuto, cattolico, miope e sprezzante come Asin Palacios.
Delle sue opere non ci sono giunti nemmeno i titoli, forse, solo di due possiamo ricostruirli con una certa sicurezza: “Kitâb al-tabsira” e Kitab al-horûf”.
Ibn Masarra fu un maestro precoce appena diciassettenne nell'anno 899 giá pare potesse contare su di un congruo numero di discepoli con cui viveva ritirato in una proprietá della Sierra di Cordova.


Il Viaggio in Oriente


Con due di questi discepoli intraprese un lungo viaggio in Oriente, giunse fino a Medina e fino alla Mecca dove incontrò molti importanti maestri dalla cui esperienza apprese la necessitá e le forme di un rigoroso esoterismo.
L'Islam viveva in quegli anni un rigoglioso periodo creativo. Secondo quanto scrive Garaudy Ibn Masarra venne a contatto, nel corso di questo viaggio, soprattutto con il pensiero di Al-Razhi che fu un avversario dell'aristotelismo e del fanatismo religioso allo stesso tempo. Tra le sue opere vi è una “Critica della Religione”. Al-Rhazi puó essere considerato un filosofo della natura nel senso presocratico.
“L'anima è il movimento che orienta ogni essere verso il suo fine. È il progetto di essere. E se si svia da questo fine non sará mai capace di pretendere l'eternitá non essendo niente altro che un progetto abortito”. Al-Razhi considerava necessaria una interpretazione simbolica delle scritture e riconosceva il valore di tutte le religioni.”


I fratelli della purezza


A Bassora studió il razionalismo mo'tazilita e fu influenzato dai “Fratelli della purezza” (ikhwan as-safá) che cercavano una sintesi tra la scienza del tempo e la religione.
Secondo questa scuola rigorosamente esoterica:


“Tutti i profeti annunciano la stessa religione. La religione di tutti i profeti mostra lo stesso cammino e invita in una stessa direzione: il perfezionamento dell'anima umana, la liberazione dal mondo della generazione e della corruzione e l'entrata nel sentero che conduce alla vita eterna”.


La maggior parte degli uomini, peró: “confonde la religione (dîn) con la legge (Sharia)”. La prima non è soggetta a nessuna imposizione.


I “Fratelli della Purezza”sono riconducibili all'ambito ismailita e il loro insegnamento fu esposto in una vera e propria enciclopedia consistente in 52 lettere (Rasa'il Ikhwan as-Safa). La confraternitá si riuniva regolarmente secondo un caledario prestabilito, sembra tre volte al mese: la prima dedicata all'insegnamento, la seconda all'osservazione astronomica e astrologica e la terza alla composizione de esecuzione di inni dal contenuto filosofico. La scuola era organizzata in una gerarchia basata, non rigidamente sull'etá. I gradi gerarchici erano quattro:



  • Gli artigiani: a partire da 15 anni
    I dirigenti politici: a partire da 30 anni
    I re: a partire da 40 anni
    I profeti e i filosofi: a partire da 50 anni. Si trattava del grado angelico (al-martabat al-malkiyya).


I membri della scuola si riferivano a se stessi come: “coloro che dormono nelle grotte”.


Non sappiamo se e quanto dei principi che reggevano questa importante scuola siano stati adottati da Ibn Masarra e applicati nella direzione della comunitá della Sierra di Cordova.
I “Fratelli della Purezza” come gli altri gruppi ismailiti consideravano l'ambito della Rivelazione, anzi l'ambito delle rivelazioni come lo spazio proprio della libertá e dello sviluppo dell'Uomo nella sua interezza.
Questo spazio oggi è andato perduto. Le Rivelazioni si sono chiuse su se stesse, amputando l'anima umana di una parte forse decisiva del suo mondo.
Certamente questa libertá e questo spazio furono il tesoro che Ibn Masarra portó con sé da Bassora a Cordova.


Duh'l Nun l'Egiziano


Sempre secondo Garaudy Ibn Masarra conobbe in Egitto Duh'l Nun, un grande maestro Sufi che viveva asceticamente nel deserto ossessionato dal desiderio dell'unione don Dio.
Attraverso di lui Ibn Masarra conobbe lo gnosticismo neoplatonico. Questo pensiero si era diffuso nel mondo islamico attraverso due opere apocrife: “La teologia di Aristotele” che è una compilazione delle Enneadi di Plotino , precisamente della IV, V, VI e una raccolta di scritti attribuiti ad Empedocle che contenvano, invece, una sintesi del pensiero dei neoplatonici alessandrini. Il tema di queste opere 'e la ricerca dell'Unitá con l'Uno. Duh'l Nun definiva l'unitá con Dio nel modo seguente:


“L'autentica conoscenza dell'Uno è il cuore illuminato da Dio stesso”,


commentando cosí un importante hadith del Profeta:


“Quando amo il mio servo, Io, il Signore, sono le sue orecchie, affinché egli possa udire per mezzo mio; la sua lingua perché possa parlare per mezzo mio, e la sua mano, perché per mezzo mio possa agire”.


Il Ritorno a Cordova


Ritornato nella Sierra di Cordova riprese il suo insegnamento avvolto in uno spesso manto di simboli esoterici. Organizzó la sua scuola in senso strettamente gerarchico, ponendo tutta la sua attenzione nella scelta di pochi discepoli e nella loro direzione spirutuale. Qui egli realizzó la prima sintesi filosofica delle tradizioni mistiche dell'Asia e dell'Africa.
Nella Sierra di Cordova morí, a soli cinquant'anni, circondato dall'ostilitá dei religiosi ortodossi.


A cura di genseki

giovedì, ottobre 23, 2008

Khidr Elia


Mosè disse al suo servo:
“Non mi fermerò finché non giunga alla confluenza dei due mari, dovessi camminare anche una vita”.
E quando giunsero alla confluenza, dimenticarono il loro pesce, che prese la via del mare misteriosamente. Or quando furono passati altre, Mosè disse al servo:
“Portaci la cena, siamo stanchi del viaggio”.
Gli rispose:
“Non hai visto? Quando riparammo alla roccia dimenticai il pesce; soltanto Satana me lo fece scordare, impedendomi di dirtelo. E il pesce prese la sua strada nel mare, meravigliosamente”.
“Questo” rispose Mosè “è quanto desideravamo”, e tornarono sui propri passi. Trovarono quindi uno dei Nostri servi, cui avevamo accordato misericordia presso di Noi, insegnandoli della Nostra Scienza.
Mosè gli disse:
- “Posso seguirti, perché tu mi insegni, per mia guida, parte della tua scienza?”.
Rispose:
- “Se Dio vuole mi troverai paziente, non ti disobbedirò per nulla”.
“Dunque, se mi segui, non interrogarmi su nessuna cosa, finché io non te la spieghi”.
Andarono, e quando salirono nella barca, colui la bucò. Disse Mosè:
“L’hai bucata per fare annegare i naviganti? Hai commesso un’azione grave!”.
Rispose:
“Non ti avevo detto che con me non saresti riuscito a pazientare?”
“Non rimproverarmi la dimenticanza e non impormi prove troppo dure !”.
Andarono finché incontrarono un giovane e colui lo uccise. Esclamò Mosé:
- “Hai ucciso un’anima innocente senza la scusa di vendicare un altro omicidio, commettendo un’azione perfida!”.
Rispose:
“Non ti avevo detto che con me non saresti riuscito a pazientare?”.
“Se dopo questa volta ti faccio altre domande, lascia la mia compagnia, te ne avrò dato motivo”.
Andarono, e giunti ad un villaggio, domandarono da mangiare alla gente, che rifiutò di ospitarli. C’era nel villaggio un muro che stava per crollare, colui lo raddrizzò. Disse Mosè:
“Se volevi potevi riceverne un premio”.
Colui rispose:
“E’ venuto il momento di separarci: ti darò la spiegazione delle cose che non hai potuto sostenere con pazienza. Quanto alla barca apparteneva a povera gente che lavorava per mare, ed io la volli guastare perché dietro di loro c’era un Re che si impadroniva di tutte le navi con la forza. Quanto al giovane, i suoi genitori erano credenti, ed io temevo che ricadesse su di loro la sua malvagità, la sua miscredenza, mentre desideravo che il Signore desse loro un figlio migliore, puro e devoto ai suoi genitori. Quanto al muro, apparteneva a due ragazzi orfani della città, e sotto c’era un tesoro che spettava, ed il tuo Signore, usando loro misericordia, desidera che raggiungano l’età maggiore prima di scoprire il loro tesoro. Quel che feci non l’ho fatto di mia iniziativa, e questa è la spiegazione della condotta che non hai saputo sopportare con pazienza”.
Corano, XVIII, 60-82

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Khidr è la “guida invisibile” dei Sufi e si ritiene che sia lui l’anonima guida di Mosè nel Corano. Questi, detto “Il verde”, viene spesso citato come “L’Ebreo” ed è stato assimilato nella leggenda con persone come S. Giorgio ed Elia.

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Una volta mentre mi trovavo sulle rive del fiume Oxus vidi un uomo cadere in acqua. Un altro uomo, che vestiva i panni del derviscio, corse in suo aiuto ma finì per farsi trascinare anch’egli in acqua. D’un tratto vidi una terza persona, vestita d’un abito verde luminoso e smagliante che si gettava nel fiume. Ma nell’attimo in cui tocco la superficie dell’acqua la sua forma parve mutare; non era più un uomo ma un tronco. Gli altri due faticosamente riuscirono ad aggrapparvisi e insieme faticosamente lo spinsero verso la riva.
Stentando a credere ai miei occhi, continuai ad osservarli a distanza, nascondendomi fra i cespugli che ivi crescevano. Gli uomini si issarono affannati sulla riva; il tronco si allontanò galleggiando. Lo tenni d’occhio fino a quando, non più visibile ai due uomini, si spostò lateralmente e l’uomo vestito di verde, infangato e fradicio si trascinò a riva. L’acqua cominciò a fluire rapidamente dal suo corpo; prima che lo raggiungessi era quasi asciutto.
Mi gettai a terra ai suoi piedi esclamando: “tu devi essere la presenza Khidr, il Verde, Maestro dei Santi. Benedicimi perché vorrei raggiungere la meta”.
Avevo paura di toccare la sua veste perché sembrava di fiamma verde.
Egli rispose: “Hai visto troppo. Sappi che vengo da un altro mondo e senza che lo sappiano sto proteggendo quelli che hanno un servizio da portare a termine. Puoi anche essere stato discepolo di Sayed Imdadullah ma non sei ancora abbastanza maturo per sapere quanto stiamo facendo per amore di Dio”.
Quando alzai gli occhi era scomparso e udii soltanto un fruscio risuonare nell’aria. Quando fui di ritorno da Khotan rividi quell’uomo. Giaceva su un materasso di paglia in una casa di riposo vicino a Peshawar. Mi dissi: “Se la volta passata fui immaturo, questa volta non lo sarò”. Afferrai la sua veste, una veste molto ordinaria, sebbene sotto di essa mi parve di scorgere un bagliore verde. “Tu sarai anche Khidr”, gli dissi, “ma io devo sapere com’è che un uomo come te può compiere tali meraviglie… e perché. Spiegami la tua arte affinché possa praticarla anch’io”.
Rise. “Sei un impetuoso, amico mio, e sei ancora troppo testardo. Va, di’ a tutti quelli che incontri che hai visto Khidr Elia; ti metteranno nella casa dei pazzi e più protesterai di aver ragione e più pesanti saranno le catene con cui ti avvinceranno”. Indi tirò fuori una pietruzza. Io guardai fissamente… e mi ritrovai paralizzato, tramutato in pietra, fin dopo che egli ebbe raccolto le sue bisacce e non se ne fu andato.
Quando racconto questa storia, la gente ride, oppure credendo che io giri raccontando favole mi fa regali.

Idries Shah
La strada del Sufi

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E’ dottrina esclusivamente musulmana che santi e devoti abbiano un capo soprannaturale e immortale, il quale talvolta si manifesta visibilmente. Il suo nome è Khidr; è credenza generale che a lui alluda il Corano (XVIII, 60-82) narrando di un misterioso e anonimo saggio, ammonitore di Mosè e sua guida alla ricerca dell’Acqua di Vita. Khidr, nelle leggende sufiche, percorre continuamente il mondo per assistere i buoni nelle loro difficoltà e pericoli, visita i santi, “detta ai cuori le formule delle orazioni”; a lui si rivolgono preghiere per l’intera comunità musulmana.
Nel Corano Khidr comparisce più sapiente del profeta Mosè, e questo ha dato origine alla pericolosa opinione di certi ambienti sufici, che i santi siano superiori ai profeti e quindi (estrema conseguenza) emancipati dalla Legge rivelata al profeta Maometto.
Virginia Vacca

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Omar ibn ‘Abd al-Aziz
Morì nel 101\720 dopo due anni e quattordici giorni di Califfato a trentadue anni.
Aveva una stanza sotterranea dove scendeva ogni notte; si metteva una catena al collo, piangeva e si umiliava fino al mattino. Piangeva sangue, aveva colloqui con Khidr.

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al-Imam Ahmed ibn Hanbal
Morì nel 241\855 a 77 anni.
Khidr mandò a Ahmed un poverello con questo messaggio:
O Ahmed, gli abitanti del Paradiso e gli angeli che stanno intorno al trono si allietano di te, che hai sostenuto la causa di Dio.
Bishr ibn al-Harith al-Hafi (lo scalzo), nativo di Merv, morì a Baghdad il 10 del mese di Moharram del 227\841.
Riceveva ogni tanto la visita di Khidr, in questo modo: “Entrai in casa e vi trovai un uomo alto intento alla preghiera; mi spaventai, perché la porta era chiusa e avevo io la chiave. Terminata la preghiera, colui mi disse: “Non aver paura, sono tuo fratello Khidr”.
“Insegnami qualche cosa, che Dio mi renda giovevole”.
“Pronuncia queste parole: - Chiedo perdono a Dio e gli chiedo di riconciliarsi con me per ogni peccato in cui cono ricaduto dopo il pentimento, per tutte le promesse che gli ho fatto e non ho mantenuto, e per tutti i benefici da Lui ricevuti in tutta la vita mia e di cui mi sono valso per ribellarmi a Lui. Che Dio mi protegga e mi difenda da tutte queste cose”.
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Abu Turab Askar ibn al-Husein an-Nakshabi
Del Khurasan, morì nel 245\860, nel deserto e il suo cadavere fu sbranato dalle fiere.
Raccontava di aver incontrato nel deserto un uomo; gli domandò chi era, rispose: “Sono Khidr, il custode dei santi; quando i loro cuori si allontanano da Dio li rimetto a posto. O Abu Turab, l’errore sta nel primo passo e la salvezza nell’ultimo.

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Abd al-Qadir al-Gili
Sono vissuto nei deserti e fra i ruderi dell’Iraq venticinque anni spoglio di tutto, errabondo, senza conoscere esseri viventi, sconosciuto a loro.
(…)
Appena giunsi nell’Iraq, Khidr divenne mio compagno senza che lo avessi riconosciuto. Mi pose la condizione che non lo avrei mai contrariato e mi disse: “Stabilisciti qui”. Io allora rimasi tre anni nel luogo dove mi aveva collocato; Khidr mi visitava una volta l’anno e diceva: “Resta qui fino al mio ritorno”.
*

Ali ibn Wahb as-Singiari
Fu maestro di Sufismo a Singiar e dintorni, educatore di Sheikh illustri; quando morì aveva quaranta discepoli, tutti estatici.
Racconta lo Sheikh as-Singiari: “A sette anni sapevo il Corano a memoria, poi mi dedicai alle scienze religiose, facendo vita devota in una Moschea sull’orlo del deserto. Una notte, mentre dormivo, vidi Abu Bakr che mi disse:
“O Alì, mi è stato comandato di metterti questo berretto”.
Lo tirò fuori dalla manica e me lo posò in testa. Dopo qualche giorno venne da me Khidr e disse:
“O Alì, esci di qui e va verso gli uomini, perché ne abbiano giovamento; sii costante nell’eseguire il mio incarico”.
In seguito rividi Abu Bakr che mi fece lo stesso discorso; mi svegliai e continuai con perseveranza le mie occupazioni.
Ahmed ibn Abi al-Husein ar-Rifa’i
Originario della tribù beduina dei Banu Rifa’ah.
Diceva: “I viaggi spezzano la religiosità dei Sufi e dissipano il loro raccoglimento, eppure non si contano quelli perpetuamente in cammino per tutto il mondo islamico, sulle orme di Khidr, loro patrono”.
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Abu Sa’id al-Qaluri
Morto nel 557\1162 riceveva frequenti visite da Khidr.
E’ noto il suo detto:
“Il Sufi non deve possedere nulla e non deve essere posseduto da nessuna cosa”.
Abu Madyan Shu’aib ibn al-Husein al Maghrabi
Nato presso Siviglia, passato a Fez, discepolo di al-Gili, ritenuto il Polo della sua epoca.
Un certo Sheikh ‘Abd er-Razzaq raccontava:
“Incontrai Khidr nel 580 e lo interrogai su Abu Madyan, rispose: E’ il capo dei devoti sinceri; Dio gli ha dato la chiave dei segreti custoditi sotto il velo della santità; nessuno ai nostri giorni conosce meglio di lui i segreti degli Inviati di Dio”.
Abu ‘Abdallah al-Qurashi
Si cuoceva spesso zuppe di grano e diceva che era la sua pietanza preferita perché Khidr, nelle su frequenti visite notturne gli chiedeva di preparargliela.
Shekh Yusuf
Era uno dei buoni servi di Dio e raccontava frequenti suoi incontri con Khidr. La sua faccia spirava sincerità, sapeva recitare il Corano secondo le sette scuole.
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Zakariya al-Ansari
Morì dopo il 930\1524
Una volta raccontò:
-“Un mio confratello, Alì an-Nabatiti, soleva incontrarsi con Khidr, e un giorno, parlandogli in confidenza, domandò: - Che ne pensi del tale Sheikh ? E del tal altro ? E che ne pensi dello Sheikh Zakariya ?
Rispose Khidr: “Dello Sheikh Zakariya non si può dir male, sennonché ha una preziosità”
Quando questo mi fu riferito, mi si strinse il cuore e non capii cosa intendesse; mandai a dire al mio fratello: - Quando rivedi Khidr domandagli, per favore, che cosa ha voluto dire parlando di preziosità -. Non lo rivide per nove mesi, poi si ritrovò con lui, lo interrogò, e Khidr rispose: - Quando manda un discepolo o un messaggero da qualche emiro gli dice: - Digli così e così da parte dello Sheikh Zakariya -, dandosi da sé il titolo di Sheikh -. Questa risposta mi rianimò come se fosse caduta dalle mie spalle una montagna; da allora in poi, quando mandavo un messo a qualche emiro o visir, gli dicevo: - Digli così e così da parte di Zakariya, servo dei poveri -.
Shams ed-Din ad-Diruti
Morto nel 921\1515, autore di opere giuridico-religiose, predicatore in al-Azhar, venerato da re, emiri e ogni classe di persone.
Prima di morire annunciò alla madre che stava per addormentarsi e sarebbe morto nel sonno; lei domandò: - Come lo sai ?-. Rispose: - Me lo ha comunicato Khidr -, e infatti così avvenne.
IL SUFI
Potrà essere come Khidr, il verde, che viaggia per la terra sotto diverse spoglie e con mezzi a voi ignoti. Se quella è la sua “stazione” potrete trovarlo un giorno a pascolare pecore e l’indomani a bere da una coppa d’oro insieme ad un re.
Se è il tuo maestro, farà si che tu tragga beneficio dai suoi lumi, che tu lo sappia o no sul momento.
Quando lo incontri, agirà su te, che tu lo sappia o no.
Quel che dice o fa potrà sembrarti incoerente o anche incomprensibile. Ma ha un suo significato. Egli non vive interamente nel tuo mondo.
La sua intuizione è quella di chi è ben guidato e lavora sempre in armonia con la Giusta Strada.
Potrà frustrarti. Ciò sarà voluto come necessario.
Potrà sembrare che restituisca male per bene, o bene per male.
Ma quel che sta realmente facendo è noto solo ai Pochi.
Può darsi che tu senta dire che alcuni lo combattono. Troverai che solo pochi lo fanno realmente.
E’ modesto e ti consentirà di scoprire quel che devi scoprire, lentamente.
Quando lo incontri la prima volta potrà sembrarti molto diverso da te. Non lo è. Potrà sembrarti molto simile a te. Non lo è.
Salik

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mercoledì, ottobre 01, 2008

Gramsci e l'islam II


Assenza di un clero regolare che serva da trait-d'union tra l'Islam teorico e le credenze popolari. Bisognerebbe studiare bene il tipo di organizzazione ecclesiastica dell'Islam e l'importanza culturale delle universitá teologiche (come quella del Cairo) e dei dottori. Il distacco trai intellettuali e popolo deve essere molto grande, specialmente in certe zone del mondo musulmano: cosí è spiegabile che le tendenze politeiste del folklore rinascano e cerchino di adattarsi al quadro generale del monoteismo maomettano ...
Il fenomeno dei santi è specifico dell'Africa settentrionale ma ha una certa diffusione anche in altre zone. Esso ha la sua ragione di essere nel bisogno (esistente anche nel Cristianesimo) popolare di trovare intermediari tra la divinitá e gli uomini; gli intellettuali (sacerdoti o dottori) avrebbero dovuto mantenere questo legame attraverso i libri sacri; ma tal forma di organizzazione religiosa tende a diventare razionalistica e intelletualistica (cfr. il protestantesimo che ha avuto questa linea di sviluppo) , mentre il popolo primitivo tende a un misticismo prprio, rappresentato dall'unione con la divinitá con la mediazione dei santi (il protestantesimo non ha e non puó avere santi e miracoli); il legame tra gli intellettuali dell'Islam e il popolo divenne solo il “fanatismo” che non puó essere che momentaneo, limitato, ma che accumula masse psichiche di emozioni e di impulsi che si prolungano in tempi anche normali. (Il cattolicesimo agonizza per questa ragione: che non puó creare, periodicamente, come nel passato, ondate di fanatismo; negli ultimi anni, dopo la guerra, ha trovato dei sostituti, le cerimonie collettive eucaristiche che si svolgono con splendore fiabesco e suscitano relativamente un certo fanatismo: anche prima della guerra qualche cosa di simile suscitavano, ma in piccolo, su scala localissima, le così dette missioni, la cui attivitá culminava nell'erezione di un'immensa croce con scene violente di penitenza, ecc.)
Questo movimento nuovo dell'Islam è il sufismo. I santi musulmani sono uomini privilegiati che possono, per speciale favore entrare in contatto con Dio, acquistando una perenne virtù miracolosa e la capacitá di risolvere i problemi e i dubbi teologici della ragione e della coscienza. Il sufismo organizzatosi a sistema de esternatosi nelle scuole sufiche e nelle confraternite sufiche e nelle confraternite religiose, sviluppó una vera teoria della santitá e fissó una vera gerarchia di santi. L'agiografia popolare è più semplice di quella sufica. Sono santi per il popolo i piú celebri fondatori o capi di confraternite religiose; ma anche uno sconosciuto, un viandante che si fermi in una localitá a compiere opere di ascetismo e benefici portentosi a favore delle popolazioni circostanti, può essere proclamato santo dalla pubblica opinione, Molti santi ricordano i vecchi idoli delle relligioni vinte dall'Islam.

Quaderno 5 (IX) 46 bis

lunedì, luglio 28, 2008

Henri Corbin

L'Islam e le eresie cristiane

I passi che seguono sono tratti dall'opera di Henri Corbin sulla Filosofia Islamica. Si tratta di un tentativo di definire le differenze principali tra Islam e Cristianesimo sul piano teologico e su quello filosofico.
Nel quadro metodologico tracciato da Lucian Blaga nella sua opera "L'eone dogmatico" l'Islam sembrerebbe rappresentare la rivincitá del filone mitico-razionalista su quello "dogmatizzante".
La differenza tra Islam e Cristianesimo sarebbe quella tra una visione della religione compatibile con la ragione e una trascinata nel vortice del dogmatismo con le sue aporie e le sue abbaglianti contraddizioni.
L'Islam appare in questo quadro come l'erede diretto dell'adozionsmo e dell'arianesimo. Sembra sorgere dalla fermetazione dei resti compressi e schiacciati delle grandi eresie di massa dei secoli dei Padri.

Il fenomeno del Libro santo ha suscitato strutture corrispondenti nel cristianesimo e nell'Islam; ma, nella misura in cui differisce il modo di accostarsi al senso vero, situazioni e difficoltá differiscono da una parte e dall'altra.
Assenza nell'Islam del fenomeno Chiesa. Nell'Islam, cosí come non esiste un clero detentore dei “mezzi della grazia”, non esiste un magistero dogmatico, né un'autoritá pontificia, né un Concilio che definisce i dogmi. Nel Cristianesimo, a partire dal II secolo, con la repressione del movimento montanista, il magistero dogmatico della Chiesa si è sostituito all'ispirazione profetica e piú generalmente alla libertá di un'ermeneutica spiituale. D'altra parte il nascere e l'evolversi della coscienza cristiana annunciano essenzialmente il risveglio e lo sviluppo della coscienza storica. Il pensiero cristiano è centrato sul fatto avvenuto nell'anno I dell'era cristiana; l?incarnazione divina segna l'ingresso di Dio nella storia. Di conseguenza, il tema su cui la coscienza religiosa si concentrerá con crescente attenzione sará quello del senso storico identificato col senso letterale, col senso vero delle Scritture.
¨
L'allegoria è inoffensiva, il senso spirituale puó essere rivoluzionario
La coscienza religiosa dell'Islam è centrata non su un fatto della storia, ma della metastoria (che significa non post-storico ma trans-storico). Questo fatto primordiale, anteriore al tempo della nostra storia empirica, è costituito dalla domanda rivolta da Dio agli Spiriti degli esseri umani preesistenti al mondo terrestre “non sono forse il vostro Signore?” (Cor. 7/171) l'acclamazione di gioria che risponde a questa domanda suggella un patto eterno di fedeltá de è la fedeltá a questo patto che i profeti sono venuti, di periodo in periodo, a ricordare agli uomini; la loro successione forma il “ciclo della profezia”. Da ció che hanno enunciato i profeti risulta la lettera della religione positiva
¨¨
I pensatori islamici non vedono il mondo in evoluzione in un senso rettilineo orizzontale, a in ascensione: il passato non è dietro di noi, ma sotto i nostri piedi.
Ali Ibn Abu Talib:
Non esiste alcun versetto coranico che non abbia quattro sensi: l'essoterico (zahir), l'esoterico (batin), il limite (hadd), il disegno divino (mottala). L'essoterico è per la recitazione orale; l'esoterico per la comprensione interiore; il limite sono gli enunciati che stabiliscono il lecito e l'illecito; il disegno divino è ciò che Dio si propone di realizzare nell'uomo con ogni versetto”.
Hadith: “Il Corano ha un'apparenza esteriore e una profonditá nascosta, un senso esoterico e un senso essoterico; il senso esoterico nasconde a sua volta un senso esoterico (questa profonsitá ha una profonditá, a immagine delle Sfere celesti racchiuse le une nelle altre; cosí di seguito fino a sette sensi esoterici.
Il piú antico commento spirituale del Corano è dunque costituito dagli insegnamenti impartiti dagli Imam sciiti durante i loro colloqui con i discepoli. E sono i principi della loro ermeneutica che i sufi hanno raccolto.
A cura di genseki

venerdì, maggio 02, 2008

Fuçûç el-Hikam

Il credente loda soltanto la divinitá che è compresa nel suo credo e a questa aderisce: egli non puó compiere alchun atto che no lo riconduca a se stesso, e allo stesso modo nulla vi è ch'egli lodi senza lodare se stesso. Perché è indubbio che chi loda l'opera ne loda l'autore; la bellezza e la sua assenza ricadono sull'artefice. La divinitá nella quale si crede è plasmata da colui che la concepisce, essa è quindi la sua opera, la lode rivolta a ció che crede è l'elogio diretto a se stesso. Proprio per questo egli condanna qualsiasi credo differente dal proprio; se egli fosse giusto non lo farebbe, ma lo fa, perché resta fermo su di un particolare oggetto di adorazione, è chiaramente nell'ignoranza e per tale motivo il suo credo in Dio implica la negazione di tutto quanto è diverso da esso: se conoscesse il detto di Junaid - Il colore dell'acqua è quello del suo recipiente - consiglierebbe a ogni credente di credere a ció che egli crede, conoscerebbe Dio in ogni forma e in ogni oggetto di credenza, e per questo Allah ha detto: "Io sono conforme all'opinione che il mio servo ha di me". Cioè io gli appaio nella forma del suo credo, se vuole puó ampliarlo oppure ridurlo. La divinitá in cui si crede assume i limiti del credo ed è questa la divinitá contenuta nel cuore del servo; la Divinitá assoluta non essendo contenuta in nessuna cosa perché essa stessa è l'essenza delle cose e contemporaneamente anche la sua essenza.

Ibn Arabi
Fuçûç el-Hikam

lunedì, aprile 28, 2008

Abd al-Qadir as-Sufi

Ti è stato detto: "c'è un fuoco nella foresta".
Lo hai raggiunto, quel fuoco, nel bel mezzo della foresta. Ora lo vedi.
Sei tu il fuoco nella foresta.

trad. genseki

martedì, febbraio 19, 2008

Tawhid

L'Islam non è per Allah, ma per te. Il tuo corpo non ha necessitá del tawhid; di partecipare al tawhid; di realizzare la Unicitá di Allah. Il corpo cerca il tawhid senza discriminare che tipo di immersione nel Tutto gli garantirá la distruzione e quale sarà il cemento dell'esistenza, perché discriminare non è la sua missione, bensì tendere al Tutto, così come la nafs tende all'isolamento dentro al Tutto. Il corpo cerca l'orgasmo, la hadra dei sufi, l'alcol, le droghe, il dikr, il riposo... senza discriminare, perché una qualunque di queste esperienze lo fanno riposarsi da se stesso nel Tutto. Mettono il contatore mentale a zero, per cominciare di nuovo una volta recuperata la coscienza. Nell'Islam è ben chiaro che non si puó comprendere il tawhid per via intellettuale. La piú alta conoscenza dell'Islam (la ma'arifa) deve essere un lasciarci battere al ritmo del nostro proprio cuore e un abbandono all'essere delle cose che ci circondano...

Abdelmunim Aya
Opúsculo contra el alma
trad. genseki

lunedì, gennaio 28, 2008

Ruh e nafs


La dialettica di nafs e ruh è fondamentale nella metafisica e nella spiritualitá islamiche. I brani che seguono sono parti di un'analisi della nafs, della ruh e del loro ruolo nel sufismo mistico condotta da Abdelmuninn Aya, che mi pare essere, oggi, uno dei filosofi più liberi e interessanti del pensiero neo-andalusì.
I concetti di nafs e ruh hanno corrispetivi scolastici: intellectus agens, intellectus possibilis e possono essere utilmente posti a confronto con la coppia dialettica intelletto/ragione in Hegel. Una mappa della analogie e delle differenze debe essere ancora tracciata
genseki

La ruh è il soffio di vita nell'uomo, appartiene ad Allah ma vivica l'uomo mentre dura la sua esistenza temporale in lui. In quanto ruh non giunge mai a far parte dell'uomo. È come la pioggia che cade dal cielo e feconda la terra al suo passaggio, ma che quando è tempo evapora di nuovo senza portare con sè la terra che ha irrigato.
Che funzione compie la ruh? Animare gli esseri viventi. Tutti. La ruh è la vita. L'uomo confonde la presenza di questa ruh dentro di sè e crede che il lui abiti Allah. La ruh, tuttavia non è Allah, e non sará mai proprietá dell'individuo, bensì da Allah viene ad Allah fa ritorno. ... Tu vivi grazie alla ruh, peró la ruh non è parte di te; ti muovi, vivi e i sviluppi grazie ad essa, ma non puoi dire la mia ruh come, invece, puoi dire la mia nafs. Con ragione puoi dire che la tua nafs è tua perchè essa muore con te; l'uomo non si divide in ruh, nafs e corpo, bensì è solo un corpo attivato dalla ruh di Allah e che in funzione delle proprie necessitá materiali va forgiando la propria nafs.
Il sentimento di se stessa che ha ogni creatura, e che nell'Islam si chiama nafs non è una invenzione perversa della natura.
(...) In realtá non ci sono “invenzioni perverse” nella natura. La nafs è la maniera di organizzare l'esistenza in modo che ogni cosa badi a se stessa- Quando un shaij consiglia qualcuno di far scomparire la propria nafs, in realtá gli sta chiedenso di dare compimento alla necessitá della sua natura di estendere i limiti del suo “io” -quello che lo proccupa, che ama, per cui morirebbe – tanto lontano quanto gli paia possibile. Perché la vita altruistica di quelli che vivono per gli altri non è altro che un “io” grande come tutta la societá, e portato ancora piú avanti, non è altro che identificare la propria nafs con l'unitá fondamentale della natura – che chiamiamo Allah – è l'unione mistica. Il mistico non è l'uomo che, arrivato a un certo punto della sua vita, abbia cominciato a distruggere il proprio “io” come falso e veicolo di tutti gli errori e di tutti i vizi.
In primo luogo, che l'uomo abbia coscienza di se non è falso e non è erroneo che l'uomo creda nella realtá della sua nafs, come la foglia di un albero non si sbaglierebbe se avesse coscienza di essere una foglia. La nafs non è una struttura illusoria della realtá. Questa è la differenza tra l'induismo e l'Islam. La foglia è altrettanto reale dell'albero di cui fa parte. Questo non vuo dire che la foglia pensante che abbiamo posto come esempio non abbia una comprensione di se stessa piú ampia, una comprensione completa, nel tutto in cui si trova. L'albero, peró, non è più vero della foglia. Di piú, ancora, l'albero è reale perché sono reali le sue foglie, le sue radici, i suoi rami de i suoi fiori. Ció che ci porta a considerare l'Uno e il Molteplice, Allahu Ahad e le sue manifestazioni nell'esistenza, come punti di vista differenti nel considerare il reale. In secondo luogo, gli errori e persino le cattiverie che comette la creatura non sono da attribuirsi alla sua nafs. Il danno che, con questi atti, la creatura fa a se stessa non è causato dal fatto che l'uomo obbedisce agli impulsi della sua nafs ma perché confonde ciò che gli giova con ciò che lo pregiudica. La funzione della nafs non è sapere ció che conviene alla creatura, per questo essa ha un cuore, è conseguire per la creatura ció ch'essa pensa le convenga. Per questo un uomo con un cuore sano che obbedisca alla sua nafs non si sbaglierá.
...
Ciò che esiste – la manifestazione di Allah – si organizza mediante la divisione in individualitá, ciascuna delle quali si occupa di preservare la sua parcella di esistenza. Il mistico non fa eccezione. Non cerca di destrutturare l'esistente per mezzo di quella specie di boicottaggio ontologico che è l'abolizione del proprio io. Al contrario il mistico è l'espressione piú alta della legge di Allah nella natura.
Il cui compito dalla cellula fino all'uomo è di estendere l' “io” tanto quanto possibile. L'obiettivo del mistico è il tawhid che non è un pensiero o una credenza ma una missione: rendere l'uno possibile. La missione del mistico consiste nell'essere parte dell'esistenza che , ritornando continuamente verso Allah realizza la coscienza dell'unitá del tutto. La sua missione è essere gli occhi di Allah e le sue orecchie, e le sue mani come ci ricorda lo hadith qudsi.
Fondamentalmente il mistico non è qualcuno che abbia distrutto il proprio “io”, la sua unitá come essere vivente, ma al contrario: con il contatto con Allah la creatura diventa piú sana, piú allegra, piú forte e maggiormente capace di amore sociale, famigliare, ecologico e dell'amore del propro corpo
Il mistico è l'uomo perfetto in quanto è la massima espressione di ció che organizza l'esistente: l'io che distingue un essere dall'altro e che differenziando le parti dal tutto lo rende possibile. Senza comprendere l'io non si puó comprendere la Natura e neppure intuire che siamo in Allah.
Si dice spesso che il mistico è colui che cerca, risalendo a ritroso il cammino percorso, di distruggere la nafs costruita da quando era bambino fino all'etá adulta, di ritornare all'innocenza. Ma il mistico non distrugge nulla. Chi sente la forte pulsione di ritornare a Allah si costituisce in quel punto della natura dove la nafs non si trattiene nei limiti del “mio” ma prosegue oltre, fino all'unitá che ingloba il cosmo intero.
Infatti tutte le espressione di nafs sono mezzi differenti con cui l'individuo protegge quello che esiste. Protegge se stesso, la sua famiglia, la sua societá e rende possibile il tawhid.

Le citazioni qui sopra sono tratte da:
“Opuscolo contro l'anima” di Abdelmuninn Aya.
Trad genseki

mercoledì, gennaio 23, 2008

Islam e politica

Il brano che segue è tratto dal terzo volume delle memorie del poeta e monaco benedettino del Nicaragua Ernesto Cardenal. Sono uno degli approcci possibili all'Islam da un punto di vista cristano e rivoluzionario. Tratta del valore della vita e della morte, dell'amore e della guerra e certamente apre una breccia di comprensione che nessuno poi si é curato di ampliare.
genseki

Iran
Ho incontrato un mistico che pare non essere tale (forse è uno di quei sufi che, ho letto, fanno credere di non essere religiosi per essere tenuti in poca stima) e è anche un rivoluzionario che è stato molto torturato. Gli ho chiesto delle cause immediate dell'insurrezione. Egli mi ha parlato di cose non cosí immediate (rimontó a molti secoli prima) che peró mi hanno spiegato molte cose relative a questa rivoluzione. Mi disse che in primo luogo devo tener conto del fatto che la dottrina del perdono e dell'amore per i nemici che ci fu insegnata da Gesú non è una dottrina islamica. La guerra santa, invece, è uno dei pilastri dell'Islam. “Nell'Islam il lider religioso debe essere un uomo di orazione, un mistico e anche una persona del cambio sociale e della guerra santa, Anche il leader politico debe essere un mistico. (Penso che questo lo insegna anche la Bibbia anche se il papa ha dichiarato a Puebla che il sacerdote non debe mettersi in politica). Mi disse anche. “Un leader religioso cattivo che agisca male in politica può far molti danni e en ha fatti in passato. Nella religione musulmana il diritto non è qualche cosa che si riceve, ma che si conquista. Nell'Islam la morte è qualche cosa che si desidera, che si anela. Ma non la morte nel proprio letto. La morte la si ambisce, però è la morte per difendere le strutture della Vita. ... E la guerra santa è per questo. Khomeini la dichiaró; ma non volle dichiararla per tutto l'Iran perché così si sarebbero lanciati a morire trentacinque millioni, ma solo per Teheran. L'esercito aveva anticipato il coprifuoco, quel giorno doveva essere alle quattro e mezza invece che alle sei. Chiunque uscisse in strada dopo quell'ora doveva essere ucciso. Khomeini ordinó che a Teheran tutto il mondo uscisse in strada dopo quell'ora, dopo il coprifuoco. E tutti uscirono, molti con il sudario nel quale sarebbero stati sepolto sotto i vestiti, e molti dopo essersi lavati, perchè qui i morti li si lava. E fu allora che cadde lo Sha.”
Terminò dicendo: “la morte per i musulmani, quando è in queste condizioni è come seminare un seme”.
Restai con il pensiero che dovevano esserci molti mistici travestiti, sufi, tra quelli che stavano facendo quella rivoluzione.

Ernesto Cardenal
La revolución perdida
trad genseki