Preludio
Patrice de la Tour du Pin
Trad Pietro
A A. -H. de B”
Tutti i paesi che non hanno più leggende
Sono condannati a morire di freddo.
Lungi nell’animo, si distendono le solitudini
Sotto il sole morto dell’amore di sé.
All’alba si scorgono crescere nel torpore
Della palude, i banchi immensi di nebbia
Che usano i poeti, impotenti,
Per rendere vaghi il dolore e la paura.
Occorre respirarli quando si innalzano
E godere di questo brivido sconosciuto
Che appena si scopre nei sogni,
Nei paradisi che a volte si intravedono;
Solo i mediocri, gli addomesticati
Non comprenderanno la loro amarezza:
Non odono, perduti nella bruma,
Il grido selvaggio degli uccelli braccati.
Era il paese degli angeli selvaggi,
Quelli che non poterono nutrirsi d’amore;
Come tutte le bestie di passaggio,
Seguivano i venti sempre cangianti;
Salivano, talvolta, verso i cuori eletti,
Molto al di sopra della banalità della terra,
Ma sentivano battere nelle loro arterie
Il rimpianto dei cieli che non avrebbero rivisto!
Allora abbandonavano le altitudini
Spinto da orgoglio e da codardia
Li si sorprende nelle nostre solitudini
Solo di rado; hanno lasciato tutto.
La loro leggenda è morta nei bassi fondi.
Li si vede errare negli occhi delle donne,
E in quei bambini che attraversano l’anima,
Alla fine di Settembre, come vagabondi.
Alcuni, tuttavia si aggirano nell’ombra
Non devono restare molto lontani;
So che si bagnano nelle notti oscure
Perché i loro svaghi non abbiano testimoni.
Ma cosí straziante emerge il loro grido
Che sembra spezzare tutti i petti,
E si perde alle cime dello spirito
Come un lontano richiamo di caccia.
Lo udranno spaventati i casolari,
La sera dopo gli svaghi della carne;
Si spargerà sulla landa il lamento
D’una bestia sgozzata in pieno inverno;
O questo grido di paura nell’ombra intensa
Che bruscamente sorprende gli stagni,
Quando si avvicinano i passi degli inseguitori
E fan sgorgare l’acqua nel silenzio.
Sara cosí desolante sulla pianura
Che balzeranno i cuori dei passanti;
Si fermeranno per riprendere fiato
E dire: ecco il canto di un innocente!
La chiamata trascorsa, risuoneranno
Gli echi fino al centro dei midolli
E seguiranno il suo volo come un suono di corno,
Verso l’abisso trasparente delle stelle!
Tu saprai che non è il freddo
Che scatena un grido simile a quest’ora;
Meno lamentevole sarà la tua paura,
Tu conosci le febbri interiori,
I desideri che bruciano fino a contorcervi
Il ventre in due, in uno spasmo impotente;
E direi che il grido dell’innocente,
È il richiamo di una belva che vorrebbe mordere…
*
Vieni a sputare sui morti oscuri
Il disprezzo delle gioie comuni;
L’anima elevata e lo spirito puro
Si nutrono di rancore.
Se è proprio la povertà
Che permette l’elezione
Rigetta questa bestemmia
Che non da soddisfazione.
Perché resteranno più forti
D’ogni ingiuria che rimonti,
E questa pietà dei morti
Non sará mai vergogna.
*
Amico mio segreto, che io visiti
Questo giardino per i morti di cui conosci
Il silenzio
O evochi a bassa voce la tua presenza,
Nel più tenero di un cuore
Che non volesti lasciare,
Non vi vedo una grande differenza.
Avevo raccolto questi fiori per la morte di un eroe,
La sua tomba sarà ricoperta di anemoni,
Fioritura del vento e dello spirito
Non disturberà, tranne me, il tuo riposo,
Poiché tutti gli altri ti abbandonano.
Il tuo riposo? Sotto un cielo alto, straziato dai lampi,
Sempre solitario nelle ore di tempesta,
Spinto di risacca in risacca, e la testa
Presa nel morso negro dei mondi bramati,
E sempre da questo lato della festa…
Mi fai venir voglia di essere più difficile…
Tuttavia non ho fatto vela verso le isole,
All’avventura verso le zone morte del mare;
Ho paura, tuttavia, di tornare accanto a te,
Di istruire i bambini con parole nascoste
E formule infuse d¡ombra che li gelano…
I miei discepoli cercheranno altri altari,
Ceracre il senso del mondo nel mezzo delle erbe
Profumati, sulle alture spazzate dal cielo…
Oppure, le notti d’inverno, trascinando sulla mia scia,
Su di un declivio di un bianco indescrivibile,
I compagni in file serrate come animali,
Io insegnerò loro la disciplina della Quête
In questa scivola dove saremo veri cercatori
Di saggezza, una grande mandria di anime inquiete.
Spiegherò loro la bellezza dei loro ruoli,
Ma quando uno sentirá la mia mano sulla sua spalla,
Risponderà come risposi anch’io:
“Se mi hai scelto per la mia intelligenza,
Sarò io quello che si tanto atteso
Per secoli e secoli in silenzio.