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mercoledì, febbraio 25, 2009

Credo Signore, aiuta la mia incredulitá

... allora il padre del'epilettico o indemoniato rispose con queste dense, eterne parole “Credo, Signore, aiuta la mia incredulitá!”. Credo, Signore, socorri la mia incredulitá! Potrebbe sembrare una contraddizione, se egli crede, se ha fiducia, perché dovrebbe chiedere al Signore che venga in suo soccorso, in soccorso della sua mancanza di fede? Tuttavia questa contraddizione è quella che da il suo valore umano piú profondo al grido che sale dalle viscere del padre dell'indemoniato. La sua fede è una fede a base di incertezza. Perché crede, cioè, perché vuole credere, perché ha bisogno che suo figlio si curi, chede al Signore che venga in aiuto della sua incredulitá, del suo dubbio che effettivamente tal cura possa darsi. Tal è la fede umana.

... Una fede assurda, senza ombra di incertezza, una fede da carbonai stupidi, si unuce all'incredulitá assurda, all'incredulitá senz'ombra di incertezza, all'incredulitá degli intellettuali afflitti da stupiditá affettiva ...

L'incertezza, il dubbio, la voce della ragione, era l'abisso, il “gouffre” terribile davanti al quale tremava Pascal. E fu questo a condurlo a formulare la sua terribile sentenza: “il faut s'abêtir” bisogna instupidire.

Per disperazione, si afferma, per disperazione si nega, e per essa ci si astiene dall'affermare e al negare...

Unamuno
Il Sentimento Tragico della Vita

trad genseki

martedì, febbraio 24, 2009

Unamuno II

Unamuno I

I sogni piú folli della fantasia contengono un fondamento razionale, chissá se tutto quello che un uomo non è giá accaduto, sta accadendo adesso, o accadrá fores, prima poi in un mondo o nell'altro. Le combinazioni, appunto, sono infinite. Solo resta da sapere se tutto quello che si puó immaginare è anche possibile.

Unamuno
Il Sentimento Tragico della vita
Trad. genseki



Sembra quasi che questa frase sia il nodo a partire dal quale si è sviluppata tutta l'opera del Borges. quanto Borges debe davvero a Unamuno. Moltissimo a giudicare da questo testo e dalla vicenda altalenante di giudizi ora radicalmente critici ora entusiasti che l'argentino disseminó sul conto del basco. Indizi o depistaggi o entrambe le cose. Borges pare intraprendere con Unamuno un gioco di riflessi e di paradossi che moltiplica il grande gioco di inganni che entrambi questi autori ingaggiano con l'anima dei loro lettori Una delle carte dei tarocchi puó riassumere questa relazione in una sola immagine: il bagatto e una figura dell'antropologia culturale classica: il “trickster”, lo psicocopompo ingannatore.


genseki

lunedì, gennaio 26, 2009

La preghiera dell'ateo


Unamuno capovolge la prova di Anselmo. Il fatto che Dio possa essere pensato come dotato di ogni perfezione lo condanna all'inesistenza. L'inesistenza peró come è declinata nella tradizione apofatica. Inesistenza in quanto assoluta trascendenza, incommensurabile con quell'altra inesistenza, tragica per Unamuno, dell'uomo.
Dio è inesistente per l'uomo perché l'esistenza divina lo trascende in modo assolutamente radicale.
Si intravede nel testo di Unamuno l'ereditá di Ibn Arabi.
La traduzione non è all'altezza del testo.
genseki

Odi la prece mia, Dio inesistente
E nel tuo nulla accogli il mio lamento
Tu che l'uomo meschino mai non privi
Della consolazione dell'inganno
Al nostro anelo concedi alimento.
Quanto più dalla mente ti allontani
Mi sovvengo dei placidi consigli
Con cui la tata addolciva notti tristi.
Che grande sei Dio mio! Sei tanto grande
Che non sei che un'idea; è troppo angusta
La realtá nostra che tanto si espande
Per contenerti. Ed io soffro al tuo fianco
Dio inestistente, perché se Tu esistessi
Esisterei allora anch'io davvero.

Unamuno
trad genseki

mercoledì, gennaio 21, 2009

Miguel de Unamuno


Questi due passi tratti dalla "Vida de Don Quixote" di Unamuno sarebbero una buona risposta alla ineffabile societá di atei che ha impostato la campagna sull'esistenza di Dio sugli autobus genovesi. Se fossero in grado, e non sono, di essere coscienti di quello che pensano
genseki

Se esistessero davvero soffrirebbero di esistere e non si accontenterebbero dell'esistenza.

Se in veritá esistessero realmente nel tempo e nello spazio, soffrirebbero di non essere nell'eternitá e nell'infinito. E questa sofferenza, questa passione che non è altra cosa cosa che la passione di Dio in noi, la nostra temporalitá, farebbe loro spezzare tutti quegli insifficienti passaggi logici con i quali tentano di legare i loro insufficienti ricordi con le loro insufficienti speranze, l'illusione del loro passato con quella del loro avvenire.


*


Non c'è nessun avvenire; non c'è mai nessun avvenire. Quello che chiamate avvenire è solo una grande menzogna. Oggi è l'autentico avvenire. Che ne sará di noi domani? Non c'è domani?

Che ne sará di noi oggi? Ecco la unica domanda.

Dalla "Vida de Don Quixote"
trad. genseki