Visualizzazione post con etichetta Juan Larrea. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Juan Larrea. Mostra tutti i post

sabato, novembre 29, 2014

Autunno IV l'ossequioso

Come un uomo di colore l'autunno segue le sue inclinazioni
Un flauto contempla dai fori dell'orizzonte
Tutta la madre che rimane dentro
Ecco il fiume che si dimentica a due dita dalla riva
E un po' piú in lá
La pioggia che separa le colombe dal vento

La pioggia registra i giorni fino al fondo degli occhi
Che vanno alla velocitá dei ritmi conosciuti
La pioggia mentre piove in tutte le orechie
E guai a chi come un piano non si merde le labbra

Qui alle piante dell'occaso
La citta si stira e brucia dai quattro lati

Un abitante germoglia da un tratto all'altro
La sua bara cresce nella misura in cui ti allontani dal mio petto
Descrivendo un circolo istintivo

Ma all'ora in cui il cinema scende  gli scalini di marmo
Che conducono al fondo ogni spettatore
Il livello del silenzio oscilla come un fiore
Fatto dell'oblío di un cestino di delicatezza

La luce su trascina tagliando le stoppie
Come la coda del cane che toglie la tristezza
E l'orizzonte si curva sotto il peso dei miei occhi

verde di mare o sopra tutto o nulla
Il bordo dell'abisso degli aratori cupi
Il dado tratto
Orizzonte orizzzonte - Per davvero?

Piove a perdita d'occhio selce del mio sguardo


Juan Larrea
Trad. genseki




venerdì, novembre 21, 2014

Juan Larrea

Terra all'angelo quanto prima

Dormendo per tributo di fiori agli alti frumenti
Angelo a porta d'uragani senza neve
Arbusto da alzar piú le mani dell'eclisse
Piedi che ardono al contrario dei giorni vi sento
Sfidare alla cautela nell'angustia serrata
E sfogliare corone di mondi nelle mie saline

Ti impasteró al cantar duce a forza di archi
Di ponti che sporgono dala tua cintura
Il tuo sguardo manca di torre e serratura
Serenamente parlando

Paziente il lupo sempre in agguato
Come il pezzo di marmo detinato alla statua
Della mia voce
Si incorpora al gelato cadavere delle ore

Cadono gli occhi e la polvere si desta il ricordo
Per le falci ricurve
Piú la vita si accomoda e la carne che pur resta
Tra denti e lastre

Dimmi se ti affliggo rammendando sentieri.



Spine quando nevica

Nell'orto di fra' Luigi


Sognami sognami in fretta stella di terra
Coltivata dalle mie pálpebre cóglimi per i mei manici di ombre
Ubriacami di ali di marmo ardente stella stella tra le mie ceneri

Poter poter infine trovare sotto il mio sorriso la statua
Di una sera di sole i gesti a fior d'acqua
Gli occhi a fior d'inverno

Tu che nell'alcova del vento stai vegliando
L'innocenza di dipenderendalla bellezza imprevista
Che si tradisce nell'ardore con cui le foglie si volgono al petto piú debole

Tu che luce assumi e abisso al bordo di questa carne
Che cade ai miei piedi come una vecchia ferita

Tu che in selve d'errori vai perduta

Supponi che nel mio silenzio viva un'oscura rosa senza scampo né lotta.

Juan Larrea

Trad. genseki

giovedì, marzo 17, 2011

Juan Larrea

Vestito di foglie morte

Sognami sognami vestito in fretta stella di terra
Coltivata dalle mie pupille prendimi
Per i miei manici d'ombra
Inebriami d'ali di marmo in fiamme stella stella
Tra le mie ceneri
Poter potere infine ritrovare nella mia
Vertigine la statua
Di un eroer di sole con i piedi a fior d'acqua
Gli occhi a fiore d'inverno
Addio al mondo tra i miei sogni d'addio
Gli uomini
Addio agli uomini e ai paesini delle
Loro mani
Ovunque vi sono spade che mi tagliano
A pezzetti
Oh
Cascate di spade
Cascate di spade èe l'ordine in marcia
Son io che cammino su caverne
Che scrichiolano come crani
Nessuno ancora si era annegato
Nessuno allora stava nell'ombra
Oggi sono io ma io non appartengo
A me stesso più di quanto gli uccelli
Che dormono nei miei occhi
Appartengono a loro.

Trad genseki

lunedì, febbraio 28, 2011

Juan Larrea

Dente per dente

Nel paese del riso la cenere precede il fuoco
La neve precede gli uccelli
Le lacrime i loro troni

Quello che all'inizio è speranza camminando si fa orma
Quello che accade lascia separati i colori
Ma soggetti a un qualche oscuro inganno

Per perdere la vita non vi èe che un motivo il cielo
Le bocche hanno l'odore del desiderio di scoprire un bel delitto
Un caffé non è mai lontano

Uniti da una medesima tendenza
Quando l'alba paga le sue nubi con la vita
Uniti come monete nel prezzo di una donna nuda
Le membra di un uomo non vi lasciano niente da desiderare
Come eclissi parziali
Assoli d'arpa
Come spari nel vento
Come fiammifferi

III

Tanto progresso introdotto nella
Nostra pallida nevralgia miseria di stufa
Senza dolore senza domatore senza
Nulla di simile al ventre materno
A occulti tesori

Vecchi lupi di speranza fumando
All'origine delle lacrime lontano dalle
Montagne che sanguinano dal naso dei fiori
Amarezza rimpiazza le ulcere di ceralacca
I granchi nelle notti di pioggia
Le donne perdute in ogni
Imboscata di freddo che
Si sporge ancora dai rami mascherati di statura
Merci luminose delle sue ginocchia
Disposte a cadere al bordo del'ombra in fiamme
Come gru di impulsi sinceri
Catena degli incompresi sempre

Da “Oscuro Dominio”
trad. genseki

lunedì, febbraio 14, 2011

Juan Larrea

Juan Larrea

Spine quando nevica

Sognami sognami in fretta stella di terra
Coltivata dalle mie palpebre afferrami per i miei manici d'ombra
Inebriami di ali di marmo ardendo, ardendo stella stella tra le mie ceneri

Potere potere alla fine trovare sotto il mio sorriso la statua
Di una sera di sole i gesti a fior d'acqua
Gli occhi a fior di inverno

Tu che nell'alcova del vento stai vegliando
L'innocenza di dipendere dalla bellezza “volandera”
Che si tradisce nell'ardore con cui le foglie si voltano verso il petto più debole

Tu che assumi luce e abisso al borco di questa carne
Che cade fino ai miei piedi come vivezza ferita

Tu che in selva d'orrori avanzi smarrita

Supponi che nel mio silenzio vive una oscura rosa senza uscita e senza lotta

**

Il mare in persona

Eccolo il mare innalzato in un battito di ciglia
Il mare senza sogno come una grande paura di trifogli fioriti
Nella postura della terra sottomessa come sembra
Se ne vanno digià con le loro lane di evidenza sulla nube e sulla sua fatica
All'ombra di un olmo non c'è mai tempo da perdere

Credula squisita l'oscurità mi viene incontro
Nella mia fronte abita lo scorza di pane che mi porto dentro
Tagliato a picco su un uccello insicuro

Così mi allontano per azione del piano
Che mi cuce alle piante che precorrono il mare
Un cervo d'autunno scende a leccare la luna della tua mano
E ora sulla mia sponda il mondo comincia a spogliarsi
Per morire d'alberi in fondo ai miei occhi
I miei capelli si riempiono di pesci di penombra
Di scheletri di navi forzate

Senza andare più lontano
Sei fredda come l'ascia che abbatte il silenzio
Nella lotta tra il paesaggio e il suo colpo d'occhio

Poi quando il cielo esporta i suoi pianisti celebri
E la pioggia l'odore della mia persona
Come il tuo bel cuore si tradisce

Trad. genseki