sabato, ottobre 29, 2011

Xavier Zubiri


Sulla realtà


Non è sufficiente che le cose siano reali perché costituiscano un problema per noi, bisogna che si presentino in una certa forma perché si possa parlare di un problema. I vero problema consiste nel fatto che l'oggetto presente, cioè la realtà in quanto tale, non è un elemento su cui ricade liberamente il mio atto intellettivo. …
L'oggetto su cui ricade la domanda sulla realtà in quanto tale non è meramente estrinseco quanto piuttosto qualche cosa che, in una o in altra forma, mi si presenta a partire da me stesso. Ho un modo particolare di riferirmi alle cose in virtù del quale, inesorabilmente, la realtà in quanto tale mi si presenta come qualche cosa di intrinseco al mio atto di riferirmi alle cose e non semplicemente come qualche cosa di estrinseco, come qualche cosa che è un apporto delle cose.

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(L'impressione di realtà) è qualche cosa che ci presenta il carattere di realtà come qualcosa che l'oggetto possiede in sé, che rinvia a ciò che è suo proprio.

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L'intelligenza umana, in quanto intelligenza, è intrinsecamente volta alla sensibilità in quanto sensibilità, e reciprocamente, nel caso dell'uomo, … , al livello in cui sorgono nella coscienza le impressioni della sensibilità umana si trovano intrinsecamente assorbite in un atto intellettivo.

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Intorno all'essenza.


La funzione formale dell'intelligenza, non è quella di concepire, quanto piuttosto quella di percepire le cose reali proprio in quanto reali. Quella di formare concetti è una funzione ulteriore che riposa su questa funzione primaria e che da essa deriva. E questo vale tanto per l'intelligenza umana quanto per quella divina.
Dio non concepisce primariamente le cose reali in quanto reali in concetti obiettivi in quanto concetti, bensì in una visione di esse in quanto reali o realizzabili. L'intellegibile una volta fattp oggetto dell'intelletto è il reale in quanto reale.Per questo la relazione primaria e radicale delle cose con l'intelligenza non è relazione concettuale ma un essere afferrate in essa come reali. Pertanto prima di una verità ontologica (che io chiamerei del concetto) vi è una “verità reale” che ne è il fondamento.


Trad genseki

Huerta

Eidos

Da quanto tempo era steso sul divano
Pensando all'albero del pepe
Al suo modo di ritagliare la luce
Sullo sfondo viola di un temporale
All'evidenza della contingenza
Di questo corpo disteso che si sfrangia
Nelle direzioni che definiscono il suo spazio
E quelle piccole bacche rosa che devono
Essere acide acide e forse senza ossicini
Con un cuore come un astragalo
E che sembrano attrarre le gazze
Qui sul divano disteso lascio
Che la percezione della sua quiete
Disgreghi al vento della casualità
Il mio corpo e ecco l'albero dello pseudo pepe
O pseudo albero del pepe
Muovere le foglioline come unghie di cera
Come torvi rimasugli di pinne
Sullo sfondo di un incendio di garofani
Di zingarelle e di agrumi.
*
La poesia è un territorio rubato al sonno
Esteso tra la notte e l'alba
Ove le parole cercano a tastoni di diventare corpo
E il corpo di sentirsi finalmente reale
Nel formicolio silenzioso del suo farsi
E disfarsi sempre restando sulla sponda
Tra il sogno e il discorso.

gesneki

mercoledì, ottobre 26, 2011

Xavier Zubiri



Xavier Zubiri

Durante tutta la mia vita ho conosciuto solo una emozione che mi ha commosso, l'emozione della problematicitá pura.

Fin da giovane provavo dolore nel vedere come tutto si trasforma in problema. (...) Questo dolore, tuttavia, non era in sé doloroso. (...) Era piuttosto la fonte, in fondo e fino ad ora l'unica vera fonte, di autentica gioia.
Mi volli afferrare positivamente a questo carattere problematico dellèsistenza.

Lettera a Heidegger
trad genseki

sabato, ottobre 22, 2011

Puntarron

Nuove poesie di genseki

La pioggia ha lavato gli ultimi ciuffi
Delle speranze e delle illusioni.
Ora lo vediamo l'albero è proprio un albero
La luce un groviglio di vermi
Eppure la lepre che fugge ha un profumo
Pungente di incendio il suo alito affumicato
Ricorda la tua pelle rosa o la carne
E la nostra povera morte è questo accettare
La fatica di digiunare dalle apparenze
Di una gloria mai sopita.

*

Anche il sonno è soltanto vapore
Dormendo accanto al focolare
Quando tante perle si scheggiano
Sulle vetrate dell'apparire
Qualcuno ci lasciò qualche falange
Cercando di potare l'ombra
Tutto quello che seccava lo trascinava il vento
Nessuno ci soccorse quando decidemmo
Di svegliarci.

*

Entrare nella musica era come entrare nel bosco
Entrambe le selve ci avrebbero salvato
La musica era tutta dorata, come un liquore
Come un autunno nella sua armilla
Ora sappiamo che restare accoccolati
Sul pavimento di terracotta
Non ci permette di decifrare l'ombra
Come il ricamo dell'avventura
Lo scrosciare verdastro della gronda
Si confonde con la sfilata sfuocata
dei gatti delle loro code e i baffi e tante stelle
Nel bosco e nella musica è tutto il nostro morire.