venerdì, aprile 16, 2010
Wang wei
Introduzione alla poesia cinese
Da François Cheng
La scrittura poetica cinese
Nell'ordine lessicale e sintattico, la preoccupazione piú importante dei poeti si riferisce (...) all'opposizione tra parole piene (i sostantivi e i due tipi di verbi, quelli di azione e quelli di qualitá) e parole vuote (pronomi personali, avverbi, preposizioni, congiunzioni, comparativi, particelle, etc.).
l'opposizione tra questi due tipi di parole si da in due registri. In un registro piú superficiale si tratta di alternare ingeniosamente parole piene e parole vuote per dar luogo al verso. Tuttavia i poeti si resero presto conto che la funione ritmica in poesia legata alla nozione filosofica di soffio vitale, puó svolgere una funzione sintattica, cioé di separare o di unir le parole (quello che nella lingua normale fanno le parole vuote) in modo che i poeti procedono, in un registro piú profondo a una riduzione di parole vuote (pronomi personali, comparativi, preposizioni e particelle) conservando solo alcuni avverbi e congiunzioni.
In questo modo introducono nella poesia la dimensione del vero vuoto corrispondente al soffio mediano. In questi, come in altri casi, il pensiero cinese considea il vuoto (...) come il luogo in cui gli esseri viventi e i segni si incrociano e si scambiano in modo non univoco, e per questo come il luogo per eccellenza dove si moltiplica il senso. In certi casi i poeti giungono persino a usare una parola vuota al posto di una piena (nella maggior parte dei casi un verbo) sempre con il proposito di introdurre il vuoto nel pieno ...
Nelle parole piene vi sono altre sottocategorie come per esempio tra parole morte e parole vive: si-zi e huo-zi; parole statiche e parole dinamiche: jing-zi e dong-zi che marcano la differenza tra sostantivo e verbo, ma anche tra verbo di qualitá (aggettivo) e verbo di azione. Per i poeti che cercano di afferrare l'azione segreta delle cose un verbo puó avere tre stati: dinamico (quando si usa come verbo di azione), statico, (quando si usa come verbo di qualitá), e, infine vuoto (quando al suo posto si usa una parola vuota).
...
Il “vuoto” ... tra i segni e “dietro” i segni modifica le loro relazioni e le loro implicazioni e ottiene l'effetto di restituire agli ideogrammi la loro natura ambivalente e mobile, il che permette l'espressione di una simbiosi sottile tra l'uomo e il mondo, simbiosi che la poetic cinese esprime con la combinazione di sue termini qing “sentimento interiore” e jing “paesaggio esteriore”.
Elisse dei pronomi personali
Il proposito di evitare il piú possibile le tre persone grammaticali è una decisione cosciente e da luogo a un linguaggio che situa il soggetto in una relazione particolare con le cose e con gli esseri. Cancellando o sottintendo la sua presenza il soggetto interiorizza gli elemeti esterni.
...
Montagna vuota/nulla vedere
Solo udire/ voce umana risuonare
Sol ponente/ penetrare bosco profondo
Ancora un istante/ illuminare muschio verde
In questa quartina di Wang Wei, poeta, pittore e seguace del Chan si descrive un paesaggio di montagna che è contemporaneamente un'esperienza spirituale del vuoto e della comunione con la natura. I due primi versi dovrebbero intepretarsi cosí: “Nella montagna deserta non vedo nessuno, solo posso udire voci lontane”. Con l'eliminazione del pronome personale e dei locativi il poeta si identifica inmediatamente con la montagna deserta che non è piú un complemento di luogo. Cosí, nel terzo verso il poeta è il raggio di sole che alla sera penetra nel bosco profondo.
Dal punto di vista del contenuto i due primi versi presentano il poeta come qualcuno che ancor non vede ...; i due ultimi versi, invece si centrano sulla visione: vedere lo splendore dorato dei raggi del sole al tramonto sul muschio verde (...). Vedere significa qui illuminazione e comunione profonda con l'essenza delle cose.
François Cheng
L'Écriture Poëtique en Chine
Trad. genseki
martedì, aprile 13, 2010
Storia della calligrafia cinese
La calligrafia
La calligrafia esalta la bellezza visuale degli ideogrammi e non invano divenne in Cina un'arte maggiore. Quando pratica quest'arte un arte, un cinese scopre il ritmo profondo del suo essere e comunica con gli elementi. Per mezzo dei tratti significanti si consacra interamente. Lo spessore e la scioltezza dei tratti gli permettono di esprimere i molteplici aspetti della propria sensiblitá: forza e tenerezza, impulso e quiete, tensione e armonia. Quando ottiene l'unitá di ogni ideogramma e l'equilibrio tra i caratteri, il calligrafo attinge alla cosa in sé e realizza la sua propria unitá. Gesti immemoriali e sempre di nuovo intrapresi, la cui cadenza, come in una danza con la spada si plasma istantanemante grazie ai tratti che si slanciano, si incrociano, volano oppure affondano che assumono un significato e aggiungono altri significati a quello codificato delle parole. In efetti si puó parlare di senso per quanto riguarda la calligrafia perché la sua indole gestuale e ritmica non permette in nessun modo di dimenticare che opera con segni. Durante una esecuzione, il calligrafo ha sempre in qualche modo in mente il significato del testo. Per questo la scelta di un brano non è mai gratuita o indifferente.
I testi preferiti dai calligrafi sono senza dubbio i testi poetici. (Versi, poesie, prose poetiche). Quando un calligrafo affronta un poema non si limita a un mero atto di copia. Nel calligrafare risuscita integralmente il movimento gestuale e il potere immaginario dei segni. È questa la sua maniera di calare nella realtá profonda di ciascuno di essi, di adattarsi alla cadenza propriamente fisica del poema e alla fin fine di ricrearlo.
Anche i testi di indole incantatoria attraggono i calligrafi. In essi, l'arte calligrafico restituisce ai segni la loro funzione magica e sacra. I monaci taosti giudicano l'efficacia dei talismani o degli incantesimi che tracciano dalla qualitá della calligrafia che permette la comunicazione adeguata con l'al di là. ...
Il poeta non puó essere insensibile alla funzione sacra dei segni tracciati. Come il calligafo che nel suo atto dinamico ha l'impresione di vincolare i segni al mondo originario, di scatenare un movimento di forze armoniche o contrarie, il poeta non dubita che combinando i segni ruba qualche segreto ai genii dell'universo, come dimostra questo verso di Du Fu:
Finito il poema stupiscono demoni e dei
Questa convinzione ha come conseguenza che ognuno dei segni che compongono il poema acquisisce una presenza e una dignitá eccezionali. Questo spiega anche la ricerca, durante la composizione del poema di una parola chiave: la parola occhio che illuminando in un sol colpo il poema intero rivela il mistero di un mondo occulto. Numerosi annedoti rivelano come un poeta si prosterna davanti ad un altro e lo venera come “Maestro di una parola” all'avergli “rivelato”la parola assolutamente esatta e necessaria che li permette di finire il poema e cosí di “completare la creazione”.
François Cheng
La scrittura poetica in Cina
Trad. genseki
giovedì, febbraio 25, 2010
Non c'è né spirito né metodo
- Restare nell'errore o liberarsene questo vuol dire semplicemente ancora un errore. In fondo l'errore non ha radici e esiste soltanto perché vi è discriminazione. Quando non avrete piú opinioni iintorno a ció che è ordinario o straordinario, allora l'errore scomparirá da sé. Che altro si dovrebbe poter fare? Quando non resta nemmeno un granello di polvere a cui afferrarsi, allora, come si dice, si aspira alla buddhitá sacrificando ad essa entrambe le braccia.
- Se non ci si puó afferrare a nulla che cosa mi raccomandate riguardo alle cose sensibili?
- Lo spirito si trasmette con lo spirito.
- Se lo spirito si trasmette perché dite che non vi è nemmeno lo spirito?
- Non avere niente da trasmettere. Questo si chiama trasmettere lo spirito, se si comprende che cosa è questo spirito allora non c'è spirito, non c'è metodo..
- Se non vi è nè spirito nè metodo, che cosa vuol dire trasmettere?
- Io vi parlo di trasmissione dello spirito e voi pensate che esista qualche cosa del genere. Per questo il Patriarca ha detto:
Quando riconobbi la natura del mio spirito
Fu qualche cosa davvero inimmaginabile
Una realizzazione che realizza l'irrealizzabile
Di cui no dir'se davvero avvenne.
Ma se io vi insegnassi qualche cosa del genere, non sapreste che farvene
Huangpo
Dialoghi
trad a cura di genseki
martedì, febbraio 02, 2010
È cercandolo che ve ne separate
La rete degli insegnamenti dispensati dai tre veicoli veicoli contiene molte cure e rimedi opportuni. È nella pratica viva e concreta che si applicano e non ve ne sono due uguali. Se lo comprendete non vi potrete piú sbagliare. Per prima cosa dovete perdere ogni attaccamento ai testi sulla base dei quali venite costruendo le vostre teorie, perché questi testi contengono degl insegnamenti che si riferiscono a determinate circostanze concrete, e non esiste un metodo propriamente detto che possa essere insegnato dal Tathagatha. La nostra scuola non ha tesiCu relativamente a questo. Noi ci accontentiamo sapere che il riposo è la calma dello spirito e che allora non vi è piú bisogno di produrre pensieri che si concatenano.
Dialogo II
Si sente dire sempre che lo spirito è il Buddhha ma io ancora non ho compreso di quale spirito si tratti?
Quanti spiriti ci sono in voi?
Insomma è lo spirito ordinario o quello straodinario che è Buddha?
Ma dov'è che avete uno spirito ordinario e uno straordinario?
I tre veicoli hanno sempre insegnato che vi è uno spirito ordinario e uno straordinario, allora perché lei, dice che non vi é nulla di simile, maestro?
I tre veicoli dicono e lo dicono chiaramente che è falso distinguere tra spirito ordinario e spirito straordinario. Siccome non lo capite vi mettete subito a cercare l'esistenza di uno spirito o di un altro, cioè a fare proprio il contrario e prendete il vuoto per una cosa concreta. È un grave errore e questo errore vi allontana dallo spirito.
Solo quando avrete cacciato i “vostri sentimenti ordinari sullo straordinario”, allora non vi sará Buddha se non nel vostro spirito. Il primo Patriarca è venuto da Occidente per mostrare direttamente all'uomo la buddhitá di tutto il suo essere. Ma voi non ve ne rendete conto, vi attaccate ai concetti di ordinario e di straordinario, galoppate in tutte le direzioni fuori di voi, e, naturalmente, finite per distogliervi sempre di piú dallo spirito. È per questo che si dice che lo spirito è Buddha. Se solo per un istante sorge un'altra emozione cadete in preda a un altro destino. Oggi, come da tempo senza inizio, non esiste nessun altro metodo spirituale.
Per quale ragione, Reverendo, lei dice che lo spirito è il Buddha?
Che ragioni andate mai cercando? Non appena en avete trovata una ecco che vi separate dallo spirito.
Lei dice che le cose stanno cosí da un tempo senza inizio, per quale ragione?
È cercandolo che ve ne separate. Se non cercate dove sta la distinzone?
Se non vi è distinzione perchè ricorrere al verbo essere?
Se non discriminate tra ordinario e straordinario dove sta il predicato? Se “essere” vale come “non-essere” lo spirito non è nemmeno spirito. Una volta dimenticato tutto ció che riguarda lo spirito dove cercarlo ancora?
Huang-po
Dialoghi
trad. a cura di genseki
domenica, novembre 08, 2009
Far pulizia per mezzo del vuoto
Bisogna "far pulizia per mezzo del vuoto" di tutte queste vecchie teorie. Quando non c'è più nessuna discriminazione si cade nel vuoto dell'embrione del Tathagata. L'embrione del Tathagata, che non è sporcato dal minimo granello di polvere, è la manifestazione nel mondo del "re della spiritualità che invalida l'essere". Quando il Buddha dice di "non aver trovato nessuna realtá" in Dipamkara, la sua sola intenzione è quella di liberarvi dei vostri affetti e delle vostre teorie intellettuali. "L'uomo senza qualitá" è colui che ha lasciato che la superficie e il fondo si fondano fino al punto in cui le passioni spariscano nell'assenza assoluta di un punto di appogio.
Huangpo
Dialoghi
Trad. a cura di genseki
Le altre parti della traduzione si possono leggere cliccando su Huangpo in fondo a questo post.
sabato, ottobre 03, 2009
Huangpo
Lo studio teorico preserva le passioni e finisce sempre per produrre smarrimento.
La Via non è nulla, non c'è proprio nessuna Via che vada da nessuna parte e per questo prende il nome di "Spirito del Grande Veicolo". "Questo spirito non è dentro, non è fuori e nemmeno tra il dentro e il fuori". Davvero non esiste e non va da nessuna parte.
Questa Via è cosí naturale che non ha nome. Sopratutto non bisogna affrontarla teoricamente cioè come se fosse l'oggetto di una passione. Solo quando non ci sono piú passioni non c'è nemmeno piú lo spirito e non va da nessuna parte.
La gente nel mondo non la conosce per niente, si perde nelle passioni e i Buddha appaiono proprio per porre rimedio a quesa situazione con il loro insegnamento. Siccome pensano che la gente non possa comprendere usano in modo provvisorio il termine "Via" ma in modo tale che non si possano fabbricare teorie su di esso.
Vale per questo il detto: "Buttare la rete una volta che si è preso il pesce".
Chi, nello stato naturale del suo corpo e del suo spirito percorre la Via cosciente del proprio spirito raggiunge la fonte originaria e si può chiamare monaco.
trad a cura di genseki
giovedì, settembre 17, 2009
Non c'è nulla d trovare
A partire dal'istante in cui Buddha trasmise il metodo spirituale a Mahakasyapa, lo spirito ricevette il sigillo dello spirito senza piú nessuna differenza tra spirito e spirito. Questo sigillo si stampiglia nel vuoto, cioè non ha nulla a che vedere con i testi, perché se fosse stampigliato su qualche cosa di concreto allora non avrebbe piú niente a che fare con il metodo spirituale. Per questo quando lo spirito pone il sigillo allo spirito lo spirito che sigilla e quello che è sigillato non sono piú distinti. Sccome, peró il soggetto che sigilla e l'oggetto che è sigillato si incontrano con difficltá la loro coincidenza è estremamente rara. Tutttavia, dal momento che lo spirito equivale al non-spirito, trovarlo equivale a non trovare nulla.
Il Buddha ha tre corpi: il corpo assoluto insegna la vacuità e la libertá della nostra essenza; il corpo della fruizione insegna il metodo della purezza universale; il corpo di appaizione insegna le sei trascendenze e tutte le altre pratiche infinite.
Non si puó cercare il metodo insegnato dal corpo assoluto in linguaggio, suono, forma o testo: nulla è attestato.
La nostra essenza è aperta come lo spazio. Questo è tutto. In questo senso è stato detto: "Nel fatto che il vero metodo non puó essere insegnato si trova il vero metodo".
Il corpo di fruizione e quello di apparzione si fanno sentire e si manifestano secondo le circostanze.
I metodi che insegnano dipendono dalle circostanze e dalle situazioni. Per attirare e convertire impiegano un metodo che non è quello reale, si puó dire quindi che: "il corpo di fruizione e quello di apparizione non sono il Buddha reale
e non insegnano il metodo corretto".
Tutto ció si puó riassumere in una sola luminosa chiarezza sottile che si articola in sei tipi di relazioni armoniose.
I sei tipi di relazioni corispondono alle sei facoltá sensoriali. Ognuna di queste facoltá si unisce al suo oggetto: l'occhio alla forma, l'orecchio al suono, il naso agli odori, la lingua ai sapori, il tatto ai tangibili, l'intelletto agli intellegibili.
Nel mezo emergono le sei coscienze così che in tutto si hanno diciotto sfere. Comprendendo che queste diciotto sfere non hanno esistenza indipendente le sei relazioni sono concentrate in una sola chiara luminositá sottile che altro non è che lo spirito, I discepoli sanno tutto questo ma si sforzano di spiegare concettualmente l'unica chiara luminositá sottile e le sei relazioni, cosí che si ritovano legati dal metodo senza coincidere piú con il proprio spirito.
Huangpo
Dialoghi
Trad a cura di genseki
venerdì, giugno 26, 2009
La grande rinuncia
la rinuncia intermedia consiste da una parte nel seguire il Dao e diffondere i suoi insegnamenti, dall'altra a rinunziare ai benefici che da questo derivano mano a mano che essi si manifestano.
La piccola rinuncia consiste nel compiere ogni sorta di bene, nell'avere speranza e nel riconoscere la vacuitá attraverso lo studio dei testi fino a non avere piu nessun attaccamento ai propri meriti.
Con la piccola rinuncia la luce sta alle spalle e non si possono vedere fossi e crepacci.
Lo spirito del Bodhisattva è simile allo spazio vuoto da cui tutto è escluso.
Il fatto che i pensieri passati siano introvabili è la rinuncia al passato.
Il fatto che i pensieri del presente siano introvabili è la rinuncia al presente
Il fatto che i pensieri del futuro siano introvabili è la rinuncia al futuro.
Tale è la rinuncia ai tre tempi
Huangpo
Dialoghi
trad. a cura di genseki
lunedì, giugno 15, 2009
Il sermone delle cose inanimate
L'insegnamento del mondo inanimato
Se cerchi di ascoltarlo con le orecchie
Non hai speranza di comprnderlo
Lo puoi comprendere soltanto
Se lo ascolti con gli occhi.
Tong-Chan
Trad. gensekigiovedì, giugno 04, 2009
Non vi è differenza
Huangpo
trad a cura di genseki
mercoledì, giugno 03, 2009
Note sulla poesia cinese
Le posie lüshi sono tutte composte di otto versi che sono o tutti pentasillabi o tutti eptasillabi.
Il jueju è una strofa di quattro versi.
Il pailü una strofa di piú d otto versi.
Il jueju è come un lüshi di quattro versi che possono essere i primi quattro, gli ultimi quattro o i quattro intermedi. Il venticinque per cento delle poesie dell'era Tang sono jueju.
genseki
lunedì, maggio 18, 2009
Né io né padrone
Grazie a parole magiche, a segni propizi o a movimenti essi apprendono che vi é un Risveglio, un Nirvana e per tre incalcolabili kalpa si esercitano sul cammino di una completa buddhitá. Tutto questo dipende dallla via degli uditori e produce Buddha del livello degli uditori.
Basta tuttavia comprendere direttamente e istantaneamente che il proprio spirito è sempre stato il Buddha per non dover piú trovare nemmeno la piú piccola realtá né doversi piú esercitare nella minima pratica e questa è la via superiore che mena al Buddha dell'autentica quidditá.
Huangpo
trad. a cura di genseki
giovedì, maggio 14, 2009
Storia della calligrafia cinese
genseki
mercoledì, maggio 13, 2009
lunedì, maggio 11, 2009
Non si cerca lo spirito con lo spirito
La cosa migliore è entrare senza ambagi nel non-spirito, tale è, infatti, il metodo fondamentale. È come quel valoroso che ha perduto la perla che adorna la sua fronte. La cerca ovunque e mai non la trova finché un saggio gliela mostra ed egli si rende conto che si trova proprio tra le sue spracciglia dove, del resto, era sempre stata.
I discepoli dunque hanno perduto il loro spirito fondamentale, non vi trovano il Buddha che cercano altrove, si dedicano a pratiche meritorie, e, seguendo il cammino della testimonianza progressiva erseguon per interi kalpa il loro obiettivo e non raggiungono mai il fine della Via.
Quanto meglio sarebbe per loro se si attenessero direttamente al non-spirito!
giovedì, febbraio 19, 2009
Ovunque il luogo stesso della via
Ivi tutto appare perfettamente compiuto, nulla manca. Se si praticasse con coraggio per tre incommensurabili kalpa, salendo tutti gli scalini dell'ascesa, nell'istante brevissimo del risveglio,si sarebbe testimoni della propria buddhitá originaria e spontanea e nulla piú. I meriti accumulati in interi kalpa son come le illusioni del sogno. Per questo il Tathagatha dichiara: “Nel risveglio supremo, effettivamente, non ho trovato nulla. Se vi avessi trovato qualche cosa, allora il Buddha Dipamkara non avrebbe profetizzato la mia venuta. E ancora: “questa realtá è pura eguaglianza senza alto né basso, Risveglio!”
Ecco il nostro spirito in primoridale purezza: nessuna differenza tra gli esseri viventi e i Buddha, tra le montagne e i fiumi del mondo, tra ció che ha forma e ció che forma non ha, e la totalità degli universi di tutti gli spazi vi forma eguaglianza perfetta sena i caratteri particolari di “stesso” e di “altro”.
Questo spirito primridalmente puro è sempre nella pienezza e la sua luminositá rende chiare tutte le cose. Siccome non lo hanno raggiunto le persone comuni lo confondono con la loro coscienza ordinaria. La loro coscienza ordinaria è oscura de essi non percepiscono la chiaritá fondamentale dl loro essere fondamentale. Perché quando si salta direttamente nel non spirito, l'essere fondamentale si manifesta da sé come la grande ruota del sole che sale nello spazio vuoto illuminando tutti gli orizzonti senza incontrare ostacoli. Così, l'adepto che conosce solo la sua coscienza la rifiuta, per praticare davvero, ma cosí si chiude il varco per entrare nello spirito e non lo puó piú cogliere. Riconoscete il vostro spirito fondamentale nella vostra coscienza ordinaria perché se esso non è la vostra coscienza ordinaria, nemmeno è da essa separato. Solo vi basta cessare di teorizzare sulla vostra coscienza ordinaria, di non pensare niente di essa, di non separarvene per cercare lo spirito e di non rifiuarla in nome di un metodo. Nulla di mediato e nulla di inmediato, nulla che resti o s'aggrappi, in ogni caso solo libertá, ovunque il luogo stesso della via.
giovedì, febbraio 05, 2009
Storia della calligrafia cinese - Ouyang Xun (557-641)
Fu un calligrafo importante della dinastia Sui ma le sue opere erano rigorosamente anonime. Solo intorno ai sessantanni quando fu chiamato a corte dall'imperatore calligrafo Taizong il suo nome fu registrato nei documenti ufficiali accanto alle opere corrispondenti.
Dei suoi lavori alcuni sono sopravissuti nella incisi in steli come “Hua Du Shi Bei” in memoria del monaco Yong Chan e “Cheng Gong Bei” che è la descrizione del paesaggio in cui sorgeva il palazzo Jin Cheng.
Calligrafó inoltre numerosi sutra tra cui spicca il “Sutra del Cuore”, il testo piú importante del buddismo chan: “La forma è vacuitá, la vacuitá è forma.
Le calligrafie dei sutra risalgono alla sua vecchiaia. Le produsse all'etá di quasi settant'anni. Sono andate tutte perdute per l'usura del tempo e per l'uso e solo possiamo contemplare alcune copie a inchiostro tratte dagli originali.
Notevole è anche la calligrafia di nove ballate del regno di Chu del poeta Qu Yuan. Si tratta di testi ricchi di colore e di figure retoriche, immaginazione e mistero.
La calligrafia di Ouyang Xun è stata il modello dello stile regolare e per secoli è stata oggetto di studio e di riproduzione per gli studenti.
Le due riproduzioni sono la prima e la seconda parte del "Sutra del Cuore"