mercoledì, luglio 29, 2009

Genesi

Le parole che cadono
Nell'oceano indistinto
Sorgono, grandi isole
Dalla schiuma salmastra
Di stridenti richiami
Vivono di voli radenti
Il guano le copre nasconde
Il loro segreto silenzio.


Fonti da esse sorgendo
D'acque faconde
Nell'intreccio di metallici
Splendori di libellule
Frenetiche elitre
Ali e becchi variopinti
Cantano il senso
Ancora oscuro nel morbido
Maturare soterraneo


A radici micorrize
Dando alimento
Fronde distendono
Nel prurito della luce
Nella pelle luminosa
Che il sole allunga
Da clorofilla a clorofilla
Evocano, non parlano,
Al dormiente tra steli di sparto.


Finalmente la pelle tesa
Dei tamburi scoppia
Sorda, bisognosa di occhi
Rispecchia lo smarrimento
Della separazione
Lontana dal centro
La coscienza articola
La leggenda del proprio terrore
La morte è levatrice del senso.


Parole, di nuovo, rinnovate
Separate, gravato il suono
Di senso e significante
Staccionate, limite,
Fallo, faglia confine
Tracciano del sacro
Sul limite della palude
Timide come ninfee
Como fiori di loto
Schiacciati dallo zoccolo del Centauro.

genseki


Hector Murena

Hector Murena

Que se entienda
Esta dicha terrible
Que es cualquier barco
Hacia odo naufragio.

Che sia compresa
La terribile sorte
D'essere qualche battello
Verso ogni naufragio

trad. genseki.

Columbares II

Altre ronde, altre ore

Altre ronde, altre ore
Ad aprirsi piú leste
E l'eco delle strade
Nelle foglie di gelso
Con una mela in tasca
Con il fuoco negli occhi
Abbandonar la patria
Riempire le bisacce
Nutrire pulci e pulci
Lavarsi con la nebbia
Scaldarsi con il fumo
Rubare le castagne
Lottare con un angelo
Tra i rami di un immenso
Faggio dell'appennino
Nel mezzo dell'autunno
Come puzzano i piedi
Il sudore, il fustagno
la cenere di frasca
La diarrea da muscaria
Altre ronde, altre ore
Or piú lente or più spente
E l'eco del cammino
Che quell'altro ha percorso.

*

Columbares

La giga delle quattro e venti

Alla giga delle quattro e venti
Parteciparono tutti i corni
I cani gialli a gruppi sotto i meli
Sporgevano le lingue come stami
I cedroni ed i cervi profumavano
Con incensi di sangue
La posa delle roveri
Con i rami protesi verso la tempesta
Come le mani di un soprano drammatico

Il Duca ululava a Despina
Che piangeva nuda di rose
Nel mezzo del temporale verde e viola
Ed il carro dei comici traballava
Avanzando penosamente nel fango
Nel rumore assordante delle casseruole di rame
Che rappresentavano la commedia
Del concerto delle sfere.
Un filosofo straccione, dalla barba di stoppa
Seduto su un frammento di colonna corinzia
Tramandó questa scena fino ad oggi
Per deliziare una dama fiamminga.

genseki

sabato, luglio 25, 2009

Ashkenazy plays Ravel: Gaspard de la Nuit - Scarbo

La Tour de Nesle

La Torre di Nesle

Nella Torre di Nesle c'era un corpo di guardia dove si rifugiava la ronda per la notte
Brantôme

- Fante di fiori! -
- Donna di picche! - E il soldataccio che perdeva, con un pgno sulla tavola faceva saltare la sua posta fin contro la volta.

Allora Messer Hugo, il prevosto, sputó in un braciere di ferro con una smorfia egna di uno straccione che si sia inghiotito un ragno con la zuppa.

- Puah! I macellai spellano i porci a mezzanotte? Per Dio! È una barcaccia della fienagione che brucia sulla Senna! -

L'incendio, che d'apprima non era che un folletto innocente perduto nella bruma del fiume, si mise a fare di colpo il diavolo a quattro sparando cannonate e archibugiate a filo d'acqua.

Una folla innumerevole di illuminati, storpi, straccioni notturni, accorse sulla riva, danzavano gighe di fronte alla spirale di fiamma e di fumo.

Arrossavano una di fronte all'altra la Torre di Nesle da cui uscí la ronda con gli schioppi sulle spalle, e la Torre dl Louvre da dove, da una finestra, il Re e la Regina osservavano tutto senza essere visti.

Aloysius Bertrand
Trad. genseki

venerdì, luglio 24, 2009

La figlia dell'ambasciatore

La figlia del vecchio ambasciatore
Vive nuda per le strade
Mangia l'immondizia
È coperta di croste
Vaga coperta di croste
Per il quartiere alto della cittá
Quello delle palme
Quello delle profonde terre rosse
Si libera dei vestiti
Che le fanno indossare
Le suorine azzurre
Le suorine leggere come petali
Che sembrano volare attraverso le siepi
La figlia dell'ambasciatore,
Del vecchio ambasciatore
Vaga nuda per le strade
Coperta di croste, soprattutto sulle ginocchia
E le labbra gonfie di piaghe
- È la figlia del vecchio ambasciatore -
Mormorano le venditrici di pomodori
Avvolte nei loro pagne sgargianti
E quelle di kaolino
O del burro di Karite
Che sembra sangue sul punto di coagularsi
- Che se ne va per le strade tutta nuda -
Ha grandi occhi acquosi, sporgenti e rossi
E il collo sempre piegato a destra
Ti guarda con la testa bassa
E canticchia litanie bantù
I vestiti li getta via
Come le bande che con mano delicata
Le stringono sulle piaghe
Le infermiere dell'ospedale cinese
Con le loro divise grige e la pelle del viso tostata
- Guardate, è la figlia dell'ambasciatore, -
Dicono i sarti in fila con le loro singer
Sotto il jacarandá o il braquiquito sbandierando
Le maniche di camicie innocenti
- Che se va nuda per le strade, con quel pancione di sei mesi!-
La figlia dell'ambasciatore si sente libera
Come un uccello cui abbiano strappato gli occhi
E che vola in una notte piovosa
Sbattendo le ali contro i rami spinosi,

genseki


mercoledì, luglio 15, 2009

Madirias

Alessandra tra i lillá - parte II

Alessandra
Oggi vedo un parco
Una signora celeste
I lillá dei muri,
La macchia di arbusti che cresce
Oggi ascolto
Una canzone lontana
Una storia di principesse
E di castelli
E addii estivi.
La cicala
Mi sveglió per dirle
Che dalla finestra
Entra l'odore dei pini.

Cristina Peri Rossi
1976

trad. genseki

La cosa in sé

Per coloro che affermano la realtá e la certezza della cosa in sé non conosciamo un rimedio piú efficace che quello di rimandarli all'infimo livello della scuola della sapienza, cioè: ai vecchi misteri eleusini di Cerere e di Bacco perché comincino a capire in che cosa consiste il mistero di mangiare il pane e di bere il vino, dato che l'iniziato in questi misteri non soltanto giungeva a dubitare dell'essere della cos insé, ma arrivava fino alla disperazione relativamente q questo steso essere, e nella cosa sensibile esercitava in parte la sua stesa nullitá e la nientificazione di esse, e contemporaeamente si rendeva conto di come le cose esercitassero il processo analogo su di lui.
Nemmeno gli animali sono privi di questa sapienza, anzi dimostrano di essere profondamente iniziati ad esa,infatti non si arrestano davanti alle cose sensibili, come se queste fossero cose in sé, ma disperando della loro realtá; le afferrano e le divorano in un baleno; e la natura celebra come loro questi misteri in cui ci insegna in che cosnsiste la veritá delle cose sensibili.

Hegel
Fenomenologia dello spirito
trad. genseki

*

Certamente nessuno oggi, che entri in qualunque supermercato o centro commerciale puó nutrire qualche dubbio relativamente al fatto che gli oggetti che gli si presentano davanti in uno spettacolo multicolore abbiano qualche caratteristica di relatá e di certezza.Il mistero del mercato si manifesta nella pura cirolazione della merce che è una forma di ingestione e di assimilazione simbolica, non molto distante da quello che fu il mistero di Cerere e Bacco, ma con molta meno sapienza.
La certezza della nulla delle cose sensibili è sapienza comune di qualsiasi consumatore. Nessuna parola è piú adeguata di consumatore per indicare questa prosimitá al nulla. Consumatore o nullificatore è colui che entra nella sfera variopinta del mercato.
Il consumatore, infatti, non i ferma davanti alla cosa come se fosse davvero una cosa in sé, ma disperando della sua reaktá al di fuori della sfera ella circolazione, si getta su di essa la compra e appunto la consuma e consuma anche quest'ultimo residuo soggettivo del suo cosnumare.
Il Mercato, col la M maiuscola di Macdonald, celebra cosí con lui il mistero postistorico della merce.

genseki


Günther Eich

Günther Eich

Miniatura invernale

Sul verde dicembrino dell'altura
Si apre un pioppo come un monumento
Con lente ali tracciano cornacchie
Caratteri esoterici nel cielo

L'umida aria contiene suoni e segni
L'alta tensione vibra con i grilli
Gelano i funghi sul margine del bosco
Ed un nido di tordi sta marcendo

Il campo sta nelle linee ondulate
Il gelo delle pozze brilla per le crepe
Nubi pregne di neve van passando
Sull'alfabeto di questa amarezza.

Traducendo questi versi di Günther Eiche en scopro le affinitá con Trakl che alla lettura mi erano sfuggite

Secchi dietro il prato
Gli steli del luppolo
I fianchi del bosco
Mi donano l'autunno.

Verdi gli abeti
Vuoto il focolare
Non so piú da quando
Non en esce fumo

Il filo spinato
La terra bruciata
qualcuno è partito
io l'ho conosciuto?

Verdi gli abeti
La luce vivace,
I boschi silenti
Non hanno ricordi.

Come in Georg Trakl questa poesia è solo apparentemente una poesia della natura. La natura, anzi è assente anche come sfondo, essa fornisce soltanto la materia sonora e le forme per una cerimonia della disperazione. Cerimonia che si svolge interamente all'interno del linguaggio poetico nel blocco totale di qualunque deissi, nell'ossessione che lascia un particolare gusto di cenere nella memoria del lettore.

genseki

lunedì, luglio 06, 2009

Nuove traduzioni di Alejandra Pizarnik

Compleanno

Ricevi volto mio, muto, mendico
Ricevi questo amore che ti chiedo
Ricevi ció ch'è in me, quello tu sei

***

Distruzioni

In baci, non in argomenti.
Quevedo

Dalla lotta con le parole occultami
Spegni il furore del mio corpo elementale.

***

Amanti

Un fiore
non lontani dalla notte
si apre
alla delicata urgenza della rugiada.

***

Riconoscimento

Sei tu che porti il silenzio del volo di lillá
Nell tragedia del vento nel mio cuore
Hai fatto della mia vita un racconto per i bambini
Dove naufragi e morti
Sono pretesto di cerimonie adorabili.

***

Incontro

Qualcuno entra nel silenzio e mi abbandona
Ora la solititudine non è piú sola
Parli come la notte.
Ti annunci come la sete.

***

L'oblio

all'altra riva della notte
possibile è l'amore

--portamici--

portami tra le dolci sostanze
Che alla memoria ti muoiono ogni giorno


Prima fu luce
nel mio linguaggio nato
a pochi passi dall'amore.

Notte aperta. Notte presenza


trad. genseki

mercoledì, luglio 01, 2009

Carassone

Carassone e la cicuta

Debito

Stamattina
Ho bevuto la mia cicuta
Prima di uscire, ascoltando il GR3
Ho conrollato che il freddo
Mi avvolgessse correttamente i piedi
Come uno scarpone
Poi sono sceso in strada
Giù giù fino dal Piemontese,
Quello dei polli e delle uova
Per pagare finalmente quel gallo
Quello che avevo offerto al mio oncologo
In segno di omaggio, con stupore
Qualche ora prima di morire.


***


Sul Sentiero di Carassone

Sul sentiero di Carassone
Entravo in un altro tempo
Un tempo di spazzacamini provenzali
Di farandole e di Beatniks
Un tempo di autunno e di pannocchie
E intorno avevo solo occhi malevoli
Occhi pieni di odio, di punti esclamativi
di asterischi taglienti
Occhi di loden bleu in naftalina
Ma non me ne accorgevo allora
camminavo felice come uno scemo
Tra il nuovo messico e le alpi marittime
nel ritmo folklorico di un verso di Mistral
Impregnandomi di autunno.

+

genseki

Ibn Arabi Tarjuman