giovedì, marzo 27, 2014


La poesia si liberava di me

La poesia si liberava di me
Prima che il tempo scoperchiasse il torrente
Rimasero correnti di spade vive
Fremiti di metalli
Il fumo dell'incenso si solidificava
Ma non avrebbe potuto ferirmi
Come un feto mi diluivo
Nella placenta delle parole
Fino all'inganno
Fino a neve e neve e neve di menzogna
Espulso dalla poesia
Dalle lacrime dei segni
Nel deserto di pece e vento

gensei

I baci




Non dimenticarti, primizia, il bel giorno dei baci
Dei baci alati che giunti alla tua bocca
Posero in un istante le loro piume ardenti
Sul tuo disegno puro che si arrende dischiuso.

Ti sfiorarone i denti. Ne percepisti il peso
Sulla tua bocca i palpiti delle piume celesti
Felici palpitavano le tue labbra rotonde
Chi non bacia gli alati che giunti si dileguano?

Dischiusa la tua bocca vidi denti bianchissimi,
Ecco i becchi sottili nella tua bocca affondano,
Ah! Beccate celesti, quando dolce sentisti
Che il tuo corpo lieve, leggero si levava.

Che sottile, che svelta, che graziosa, regnavi!
Uccelli e luce giungono, piume di baci puri
Oscurano il tuo volto cone le loro ali calde,
Ti sfiorano, svolazzano, mentre accecata splendi.

Non dimenticarlo: Felici, vedi vanno, ora, fuggendo,
Guarda. volano, ascendono ed il cielo li accoglie.
Alti, dorati ascendono, cosí caldi che ardono,
Brillano, cantano, gemono. Delirano nel cielo

Vicente Aleixandre
Trad genseki

martedì, marzo 25, 2014

Calendario

Ho collegato tra di loro le mie convinzioni e ingrandito la tua presenza. Hoconcesso una energia rinnovata a ai miei giorni appoggiandoli a questa forza spaziosa. Ho congedato la violenza che limitava il mio ascendente. Ho misurato umilmente il polso dell'equinozio. L'oracolo non mi rende piú suo vassallo.
Entro: sperimentando o no la grazia.
La minaccia si è levigata. La spiaggia che ogni inverno accumulava leggende regressive, sibille dalle braccia cariche di ortiche, si prepara per gli esseri da soccorrere. So bene che la coscienza che osa non ha da temere nulla dalla pialla.

René Char
da: "Fureur et mystère"
trad. genseki

Lacrime di ardesia

A queste pietre grige sostano
Le lacrime di primavera
Non ci sono altri fiori
Altri corpi volanti tra rami spezzati
Solo silenzi
In agguato
Come improvvise pozze d'acque verdi
Questo cielo non lo possiamo sentire
È il nostro corpo di lacrime d'ardesia.

genseki
Cantad por mi pájaros centellantes
Que en el ardiente bosque convocáis alegría.

Aleixandre


I dormienti

Qual voce tra gli uccelli di questa notte di sogno
Modula dolcemente nomi in aria?
Destatevi! Una luna tonda geme o canta
Tra i veli, senz'ombra, senza meta invocandovi
Un cielo ferito a colpi di luce, a colpi di ascia, piove oro
Privo di stelle con il sangue che cola lungo il dorso;
Rivelatore invito di un destino che chiama
Sempre i dormienti sotto i cieli vissuti.

Destatevi! È il mondo, è la sua musica. Ascoltatela!
La terra, desta, vola ubriaca di volti,
Di desideri, nuda, senza tunica, radiante
Baccante degli spazi che mostra il bel seno,
Azzurrato di vene, turgido, fulgente.

Gurdate! Non vedete una coscia abbagliante che avanza?
Un pacco vittorioso, un vestito stellato,
Che con ritardo sconvolge, frusta e spezza
I venti siderali azzurri e fragili?

Non udite un clamore nella notte? o dormienti!
Sordi siete ai cantici! S'alzano dolci coppe,
O stelle mie, vino celeste, datemi tutta
La vostra follia, datemi i vostri bordi luminosi!
Le mie labbra sanno ancor suggervi, la mia gola
S'accende di sapienza, dolci brillano i miei occhi.

La notte intera scintillando in me illumina
I vostri sogni, o dormienti, o morti, o finiti,

Oppure no. Mortalmente silenti, come lune
Di pietra, in terra sordi restate, senza tomba.
Una notte di veli, di piume, di sguardi
Vola per gli spazi, sollevandovi, insepolti.

V. Aleixandre

Trad.. genseki


Foglia

Disnaturato son come la foglia
Quand'è caduta de la sua verzura

Guinizzelli

Anne Sexton


A quel tempo

A sei anni
Vivevo in un cimitero di bambole
Evitando me stessa,
Il mio corpo,sospettato
Nella sua casa grottesca
Me ne restavo chino nella mia stanza dietro una porta
In cella,
Ero l'esiliata
Seduta tutto il giorno su di un nodo.

Parleró delle meschine crudeltá dell'infanzia;
Ero la terza figlia
L'ultimo regalo
L'ultima accolta
- Delle umiliazioni di ogni sera quando la Madre mi spogliava,
Della vita durante il giorno chiusa nella mia stanza -
Perché ero l'indesiderata, l'errore
Che la Madre usó per evitare che il Padre
Divorziasse.
Divorzio!
L'amico romantico,
Romantici che volano sulle mappe
Di altri paesi
Fianchi e nasi e monti
In Asia o nella Foresta Nera
O acchiappata dal 1928
L'anno dell'Io,
Per un errore,
Non a causa del divorzio
Piuttosto l'Io che rifiutava di succhiare il seno
Che non poteva compiacere
Quell'io di cui il corpo crebbe insicuro,
L'Io che schiacciava il naso delle bambole
Che non poteva rompere,
Penso alle bambole,
Cosí ben fatte
Così perfettamente asemblate
Mentre le stringevo a me
Baciando le loro bocche irreali
Ricordo la loro pelle soave,
Quelle appena comprate,
La pelle rosa e gli occhi gravi di porcellana azzurra.
Venivano da un terra misteriosa
Senza il dolore della nascita,
Nate bene, in silenzio.
Quando volevo fare visita,
L'arrmadio era dove facevo le prove della vita,
Tutto il giorno tra le scarpe,
Lontana dalla luna della lampadina del soffitto,
Lontana dal letto, dal tavolo massiccio
E quell'orribile rosa ripetuta sulle pareti.
Non cervavo di metterlo in discussione
Mi nascondevo nell'armadio come chi si nasconde in un albero,
Crescevo nell'armadio come fossi una radice,
Tuttvia pianificando voli,
Convinta che avrei innalzato il mio corpo fino al cielo,
Trascinandomelo appresso come fosse un gran letto,
E sebbene non fossi qualificata,
Ero sicura che ci sarei riuscita,
Almeno a andar su come un'ascensore.
Con sogni di questo tipo,
Con tali sogni,
Accumulando energia come un toro,
Pianificai la mia crescita e la mia femminilitá
Come chi crea la coreografia di un balletto.

Sapevo che se aspettavo tra le scarpe
Avrebbero immancabilmente finito per andarmi strette,
I mocassini solidi, quelle spesse e rosse,
Le scarepe sedute insieme come soci,
Le ciabatte piene di collirio Griffin
E i vestiti che ondeggiavano su di me,
Sempre sopra di me
Con nastri e pieghettati,
Colletti e orli e rigide cuciture
E il malocchio nelle martingale.

Restavo seduta tutto il giorno
Mettendo il mio cuore in una scatola da scarpe,
Evitando la finestra preziosa
Come se fosse un brutto occhio
Attraverso il quale tossivano gli uccelli
Incatenati agli albero frondosi;
Evitando la tapezzeria della stanza
Dove fiorivano lingue senza posa
Sbocciando come fiori marini.
E cosí cercavo di ammazzare il tempo
Fino a che la Madre,
La grande,
Veniva e mi obbligava a togliermi i vestiti
Io mi infilavo in silenzio nel letto
Proteggendo la mia piccola dignitá
Non facevo domande sulla porta o sull'armadio
Non questionavo il rito
Quando sulle fredde piastrelle del bagno,
Lei ogni giorno mi apriva le gambe
Per esaminare i miei difetti.

Ignorava che le mie ossa,
Solide sculture
Non si sarebbero frantumate.

Ignorava la donna che sarei divenuta,
Che il mio sangue sarebbe fiorito
Che il mio sangue sarebbe fiorito.
Ogni mese come un fiore esotico,
E neppure che le bambine,
Dueopere d'arte,
Sarebbero sbucate tra le mie gambe,
Femminucce raccolte che respiravano seza preoccupazioni
Ognuna addormentata nella sua bellezza.

Non sapevo che alla fine la mia vita
Avrebbe travolto mia Madre come un camion
E tutto quello che sarebbe restato
Di quando avevo sei anni,
Sarebbe stato un forellino nel cuore, un angolo morto nell'orecchio
Perché potessi ascoltare
Con maggiore chiarezza il non detto.

A. Sexton

Trad. genseki

Anne Sexton

È necessario distorsionare i fatti letterali della vita per presentare la veritá emozionale soggiacente. Il poeta non é obbligato a raccontare tutto. Puó mentire. Possiamo confessare e mentire infinitamente...

***

Uno scrittore è qualcuno che con i mobili produce alberi.

***

A volte divento un'altra persona e quando lo faccio, anche mentre scrivo, credo persino di essere effettivamente un'altra persona.

A. Sexton

Trad. genseki

venerdì, marzo 14, 2014

Bevo dalle nuvole

Sono rimasto il mio riflesso
In un altro occhio
La mia gioia è un ghigno
Come un cane mi alimento di pelli
Mi sfrego con la sabbia
Bevo dalle nuvole
La muffa del cielo stellato

genseki
La mia menzogna è come la toga del mio scheletro
Bordata di rosso la trascino
Tra le felci, nel limo
Invano cerco Lavinia
Invano la chiamo
Cerbero fiuta la carne di mia madre
Mi nascondo in tutte le capanne

genseki

Salsapariglia

Sono calato sul mio volto
Come l'ombra cala sul volo di un rapace
Per dormire come un saltimbanco
Mi sono disteso sul mio corpo
La luna era una smorfia
Il latte di mia madre
Un rivolo sperduto tra la salsapariglia

genseki

venerdì, marzo 07, 2014

I paradisi di Vicente Aleixandre

Cantad por mí, pájaros centellantes
Que en el ardiente bosque convocaís alegría.

***


I Paradisi di Vicente Aleixandre I

Il Mare

Chi disse mai che il mare sospira,
Labbro amoroso sulle spiagge , triste
Lasciatelo stagliarsi avvolto in luce
Gloria! Gloria nell'alto  e, sul mare, l'oro!

Luce sovarana avvolgente, canta
L'era incorruttibile del gaudio marino!
Laggiú nel riverbero,
Senza tempo, il mare esiste,
Cuore di un dio privo di morte, palpita.

*

Trad. genseki

Gamoneda

La crueldad nos hizo semejantes a los animales sagrados y nos  condujimos con majestad y concertamos grandes sacrificios y  ceremonias dentro de nuestro espíritu.


***




mercoledì, marzo 05, 2014

L'abitudine e la morte

L'uomo muore anche a causa dell'abitudine, cioè quando la sua vita è diventata interamente abitudine, quando egli è divenuto spiritualmente e fisicamente ottuso ed è scomparsa l'opposizione tra coscienza soggettiva e attivitá spirituale perché l'uomo è attivo solo in quanto non ha ancora raggiunto qualche cosa e vuole produrre e agire a questo scopo. Quando questa tensione è compiuta scompaiono attività e vitalità e il disinteresse che allora si manifesta è morte spirituale e anche fisica.

Hegel

Dalla "Filosofia del Diritto"

Trad. genseki