lunedì, febbraio 14, 2011

Juan Larrea

Spine quando nevica

Sognami sognami in fretta stella di terra
Coltivata dalle mie palpebre afferrami per i miei manici d'ombra
Inebriami di ali di marmo ardendo, ardendo stella stella tra le mie ceneri

Potere potere alla fine trovare sotto il mio sorriso la statua
Di una sera di sole i gesti a fior d'acqua
Gli occhi a fior di inverno

Tu che nell'alcova del vento stai vegliando
L'innocenza di dipendere dalla bellezza “volandera”
Che si tradisce nell'ardore con cui le foglie si voltano verso il petto più debole

Tu che assumi luce e abisso al borco di questa carne
Che cade fino ai miei piedi come vivezza ferita

Tu che in selva d'orrori avanzi smarrita

Supponi che nel mio silenzio vive una oscura rosa senza uscita e senza lotta

**

Il mare in persona

Eccolo il mare innalzato in un battito di ciglia
Il mare senza sogno come una grande paura di trifogli fioriti
Nella postura della terra sottomessa come sembra
Se ne vanno digià con le loro lane di evidenza sulla nube e sulla sua fatica
All'ombra di un olmo non c'è mai tempo da perdere

Credula squisita l'oscurità mi viene incontro
Nella mia fronte abita lo scorza di pane che mi porto dentro
Tagliato a picco su un uccello insicuro

Così mi allontano per azione del piano
Che mi cuce alle piante che precorrono il mare
Un cervo d'autunno scende a leccare la luna della tua mano
E ora sulla mia sponda il mondo comincia a spogliarsi
Per morire d'alberi in fondo ai miei occhi
I miei capelli si riempiono di pesci di penombra
Di scheletri di navi forzate

Senza andare più lontano
Sei fredda come l'ascia che abbatte il silenzio
Nella lotta tra il paesaggio e il suo colpo d'occhio

Poi quando il cielo esporta i suoi pianisti celebri
E la pioggia l'odore della mia persona
Come il tuo bel cuore si tradisce

Trad. genseki

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