giovedì, febbraio 24, 2011

Juan José Saer

Da quando è arrivato da Parigi, dopo tanti anni di assenza, la sua terra natale non gli ha causato nessuna emozione perchàe adesso, finalmente si è fatto adulto, e essere adulti significa essere riusciti a comprendere che non è nella propria terra natale ove si nasce ma in un posto molto più vasto e più neutro, né amico né nemico, sconosciuto, che nessuno può a buon diritto dire sua e che piuttosto che un senso di appartenenza en produce uno di estraneità. Un rifugio che non è né spaziale né geografico e neppure verbale ma piuttosto, e fin dove queste parole abbiano ancora un significato, qualche cosa di chimico, biologico, cosmico e in cui il visibile e l'invisibile, dai polpastrelli fino all'universo stellato, o quello che si può giungere a capire del visibile e dell'invisibile e che questo insieme che include la soglia stessa dell'inconcepibile patria non è ma prigione, essa pure abbadonata e chiusa dall'esterno, smisurata errabonda realtà ignea e gelida al riparo non solo dei sensi nostri ma anche dell'emozione, della nostalgia e del pensiero.

Da: "La pesquisa"

Trad genseki

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