Dal mio punto di vista la morte è sempre la mia morte. La morte degli altri è anche la mia morte. Nella morte altrui vivo la mia morte, essa è una parte della mia morte.
Conferma e riconferma la certezza che anch’io dovrò morire, la coscienza della ma impermanenza. Questa coscienza è già la morte. È la mia morte in ogni istante. “Mai più”, la consapevolezza totale del “mai più” paralizza la vita, perché l’infinito del “mai più” divora la vita proprio in quanto finita.
Davanti all’infinito la vita finita scompare. L’infinito del “mai più” è il “mai più” del “proprio adesso”.
Non ti rivedrò mai più vuol dire che non ti ho mai visto. Non torneremo a stringerci in un abbraccio significa che non ci siamo mai abbracciati. Perché nell’infinito del nulla non resta spazio per il finito dell’adesso. L’infinito del nulla non è un contenitore, una scatola e, se è infinito, occupa ogni spazio possibile, ogni spazio di possibilità.
A questo punto però, credo, ia situazione si capovolge. Si capovolge perché non vi è dubbio che ora sto vivendo nonostante l’infinito nulla che mi aspetta e che essendo infinito già ora mi ha ghermito, ad ogni istante, senza sosta mi nega.
Eppure sono vivo, le mie dita si muovono veloci sulla tastiera, il sonno mi pesa sulle palpebre, in qualche punto dell’essere di cui ignoro le coordinate sono cosciente dei mie ricordi. La vita ferita a morte, la preda dell’artiglio tagliente sempre di nuovo trionfa e si riafferma come vita, come l’istante che esiste testardamente di fronte al nulla, oltre ogni possibilità del pensiero, oltre la logica.
È la sorpresa irradiante dell’esistenza che nella sua completa insignificanza non cessa di momento in momento di creare il significato.
Allora quel è la dialettica tra nulla infinito ed esistenza momentanea?
Tra l’oscurità infinita e l’irrilevante, istantaneo lampeggiare della luce?
Credo che sita possibile pensare che è la luce istantanea che in qualche modo rende possibile il nulla infinito. Perché senza questa luce, per quanto ferita mortalmente già al suo apparire il nulla infinito non potrebbe essere né nulla e neppure infinito. Perché il nulla è nulla di qualche cosa e l’infinito è infinito di un finito.
Credo di poter dire che questo pensiero si può esprimere anche con la forma teologica di creazione dal nulla. Dio mi ha creato dal nulla. Ê come dire che l’infinito mi ha tratto da sé e che questo sé dal quale mi ha tratto, nel momento e dal momento in cui mi ha tratto è per me nulla. Lo posso pensare soltanto come nulla, lo posso sperimentare soltanto come nulla cioè nell’angoscia.
La fede è il salto che mi permette, invece di sperimentarlo come Amore.
La vera meraviglia, l’impossibile, l’impensabile è proprio questa vita finita, la vita concreta banale, di tutti i giorni, di ogni secondo, di ogni istante con i suoi gesti piè meschini sempre minacciati dall’angoscia, scossi dalla nausea e dalla paura e che si ripetono come pure perle. Perle di una collana di amore.
Pietro
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