venerdì, ottobre 31, 2014

Gonzalo Arango




Picnic nell'aldilá



Quella notte mi invitarono a un picnic sulla riva del mare.

Appoggiato a un tronco con il cervello pieno di fumo, la logica divenne cenere nel sacro rogo.

Di colpo sentii che la pelle mi abbandonava con una dolcezza ronzante e si incendiava a stella, lassù, lontano.

Ero affascinato dal prodigio.

Per le mie vene non scorreva sangue, bensí un etere serafico che mi alleviava dalla pesantezza del corpo.

Chiusi i circuiti del pensiero, volavo all'infinito dentro me stesso. Verso Dio.

Un certo momento mi assalí un terrore relativo alla mia vita. Sentii che trasmigravo...

Un torbido sentimento di colpa pesava sulla mia anima per osare entrare negli enigmi.

Presentii, terrorizzato, che stava per succedere la stessa cosa della mia pelle: una forza brusca, soprannaturale, mi avrebbe strappato da me stesso per lanciarmi nel vuoto.

Con una paura impotente mi afferrai al tronco per evitare la caduta, ma il legno cominció a scricchiolare disintregrandosi, in un divorzio dal mio corpo, come se la materia mi avesse esiliato dalla sua realtá.

Assolutamente indifeso evocai ció che amavo di piú, la cosa piú bella che avrebbe potuto trattenermi da questo lato del mondo: quella donna e la perturbante promessa della sua tenerezza sessuale.

Tutto inutile.

Nulla poteva raggiungermi nella vertigine di quell'abisso in cui giravo lontano da ogni possibilitá umana.

Naufrago del cielo, perduto nel turbine delle costellazioni, scintilla di nulla nell'eternitá, ero trascinato da quella marea di terrore verso un regno di luce spettrale, alle illimitate colline del non-essere...

Si non mi ricordo male, questo giallore mistico imitava un cielo religioso in cui la luce era beatitudine.

Sicuramente ero morto sulla terra. Questa evidenza si impose con una tale chiarezza che non aveva senso ribellarmi.Consentii alla mia morte e nemmeno potevo ricordarmi come corpo.

Eccomi qua spogliato della materia, vagare senza memoria in cieli vuoti.

Mio Dio, che deserti! Pure solitudini... luce senza limit...senza distanze... ove mi sento perduto.

Non vedo Dio e non ho speranza di incontrarlo.

Mi metto a cercare disperatamente quella donna che amai sulla terra da cui una volta di piú mi sarebbe giunta la salvezza.

Questa illusione gravita in me come un destino

Percorro tutti gli stadi dell'eternitá: nulla, nessuna presenza, nessun segno. L'umano è assente dal mondo.

O Dei, dve nascondete i mortali?

L'idea che dovró vivere tutta l'eternitá in questa assenza, duole alla mia anima come un esilio.

Sento la tenera e terribile nostalgia della terra, la sete di succhi, il giubilo del rum intorno al fuoco, una cascata in montagna che lava una donna nuda, la mia donna in un campo di girasoli, una amaca sotto le stelle di Tolù. Odore di campi arati, fiui di miele, di rugiada, oh sì!, la terra, regno trasparente di luce di pienezza!

Quando ritornai i pellicani giocavano sulle onde dell'immenso loto, bolle di sole nell'aria.

La terra era un sogno che risvegliava dall'incubo di Dio, e era verde.

La benedissi



***



Poema tristissimo



Se muoio

Ti invito al sole

Anima mia

E non dimenticare

Di portare con te

Il tuo corpo



Soffriremo felici

E insieme saremo

Carne di luce

Nella memoria di Dio



E se Dio non esiste

Fa lo stesso



Ci ricorderemo del sole

Che ci piaceva tanto

A Calì in Colombia

Nuovo Mondo. Ricordi?



Gonzalo Arango

trad genseki





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