Pedalo lungo il fiume, tra gli agrumi, sotto un cielo luminoso, pedalo in questo mare di verde, soto i gelsi. Una pedalata dopo l’altra, quesi senza pensare. A cosa posso pensare? Tutto, tutto è passato e questo presente vale se lo colgo nel suo dissolversi. Scompaio e con me scompare questo mondo, questa luce, questo fremito di foglie questo splendore di frutta. Solo in questa istantanea percezione della mia intima impermanenza colgo l’armonia che mi circonda che ne è l’immediato riflesso. Vive con me il mondo in cui vado pedalando, da me proviene questo splendido cielo azzurro, sono mie le chiome appena un po’ più scure dei gelsi, le nubi di moscerini che mi accarezzano il volto quando attraverso una zona ombrosa, e desidero ancora più ombra, desidero lo scrosciare delle acque alpine, l’odore del muschio e dei prati in fiore. Sono dentro e fuori di me il dono a me del mondo, il dono di me al mondo: un intreccio di doni che apre squarci di luce e venti. Cosí accetto la mia dissipazione, nella dissipazione delle vite che in me convivono e alle quali mi apro e che mi danno forma ed alle quali do forma e il nulla che mi rivela a me stesso già non è più timore, non è più minaccia.
Nessun commento:
Posta un commento