Passeggio per la città. Il mondo si svolge come uno spazio indefinito aperto nel tempo, entra ed esce dalla mia intimità, entro ed esco dal mio centro che si sviluppa a sua volta nello spazio e nel tempo. La fatica di costruire il senso di ciò che i sensi percepiscono, di definire un percorso tra il fruscio dei passanti, il mormorio dei motori lo stridore delle frenate, le linee di fuga degli edifici, la processione degli occhi e dei fiati, L’opacità delle finestre pesa in modo intermittente sull’anima che vuole cedere, abbandonarsi ad una qualche forma di incoscienza.
Dove dimorare? Dove trovare rifugio? Nell’alternanza di luce e ombra, di nubi e azzurro? Come uscire da questa lotta impari, da questo esercizio che sfianca? Restare desto nella brezza di primavera, nell’eccitazione sottile delle membra, ritirare gli occhi dallo spazio, volgerli al sogno, dirigerli verso il centro dell’intimità che si diluisce ad ogni passo e mi diffonde nell’apparire del mondo, nello sfarinarsi di me stesso, nel fioccare della mia anima come neve su un mondo innevato di luce.
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