I primi confratelli vestiti di rosso appaiono sul ponte del Rio Segura resi più vividi dai bagliori del sole che tramonta alle loro spalle. Avanzano lentamente al ritmo solenne dei tamburi, obbedendo agli squilli di tromba, poco a poco si intravedono le croci, gli stendardi, i baldacchini circondati da una truppa rossa dal volto coperto, le centinaia di candele brillano pallide nell’ultima luce del crepuscolo. Tutto invita il cuore alla contrizione, lo spettacolo è solenne e terribile.
Nessuno però pare percepirlo, nemmeno coloro che ne sono parte attiva. Nessuno pare in grado di concentrarsi su quello che succede, sui simboli, sui gruppi lignei che avanzano ballonzolando: Getsemani, la coronazione di spine, il Monte Calvario, la Madre Dolorosa con il cuore trafitto dalle spade.
Gli spettatori parlano al telefono, prendono foto, ridono, scherzano, sorseggiano birre, si abbracciano inebriati dall’intenso profumo dei fiori d’arancio che pervade tutta la città. Le dame scalze che accompagnano i gruppi statuari cercano con gli occhi amici e parenti tra la folla e salutano con la mano, si separano dal corteo e corrono a ciarlare con i conoscenti al margine della sfilata,
Ê uno spettacolo incomprensibile quello che sfila, nessuno sa più decifrarne i simboli, il pathos, il senso profondo: la penitenza.
Ê come se un frammento di tempo passato fluisca come un fiume alluvionale nel mezzo di una folla ignara e ciarliera. Non vi è comunicazione possibile, non vi è una lingua comune. Sono due mondi: quello che sfila e quello che assiste. Ma anche coloro che sfilano sono ignari, distratti, ciarlieri, non intendono i simboli che reggono sulle spalle o tra le mani, lo fano con indifferenza.
La processione è il fantasma di una devozione estinta nel chiasso, nell’infantilismo. Nessuno, ma proprio nessuno prega.
Immagino la terribile solennità che solo cinquant’anni fa questa processione doveva imprimere nel cuore dei partecipanti e degli spettatori. Allora tutti erano credenti che partecipavano a un rito terribile e dolente, un rito di penitenza nel profumo degli agrumeti, nella sensualità della brevissima primavera di queste terre.
Di tutto questo non resta neppure il ricordo. Un paese smemorato, un paese smarrito. La processione segue stancamente il suo lungo itinerario aprendosi il passo in una chiassosa indifferenza.