Monchiero era piccolino
E condannato, lo avreste abbigliato
potendo – di pelle di lepre,
Leprotto, dai grandi occhiali rotti
I riccioli pieni di spighe
E forse scarpe che non ricordo
Dormiva sul balcone, Monchiero,
Tra le ceste di lumache poste a spurgare
Nel candore della farina tutti i peccati
Della loro lascivia, uno a uno
In fondo la linea del fiume il gelo
Il filare dei pioppi il pastore Thorvaldsen
Maledicendo il silenzio di tutti quei ciottoli
Mentre pascolava i suoi cani rossi
Che freddo sul balcone,
La madre dormiva al calduccio del metano
Tra le lenzuola unte nell'odore della lana fracida
Che ha odore di cane e di fango di fiume
Dove si macerano gli ontani
I suoi peccati li scontava al freddo
Il piccolo Monchiero
A colazione la madre lo obbligava
A predere il bricco del latte bollente
Con le mani nude
Lo avresti rivestito di pelliccia
Di merlo
potendo – il piccolo Monchiero
Con un berreto fatto con metá guscio
Di una nocciola di Cortemilia con le sue ditina rosse rosse
E screpolate, cadeva e si rialzava
Solo nei punti in cui il selciato
Era piú duro e tagliente
Era proprio come suo padre il piccolo Monchiero
Uno zingaro di tutti i peccati, un porco di tutti i macelli
Era come suo padre e lei gliele avrebbe fatte pagare tutte
Quelle che lui le aveva fatto a lei, alla mamma
Del piccolo Monchiero, zampe di gatto su unghie spezzate
Contento di ripetermi con tutta la sua innocenza
Che lui era cosí proprio come suo padre
Che non sapeva far nulla, un fagnano da nulla
Le avrebbe pagate tutte quelle che le avrebbe combinato
A lei con la moto sul balcone al freddo di tutti i peccati
Non seppi mai guardarlo con la venerazione
Che il suo martirio avrebbe meritato
Il piccolo Monchiero, io che attraversavo
Tutte le mattine le lastre di ghiaccio in bicicletta
Con un berretto basco e il chiuei rosso,
Non lo seppi guardare, ora da morto
Mi affligge quaggiú il raggio glorioso
Della sua bellezza fangosa.
genseki
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