Alla soglia della vechiezza, nei primi anni del suo esilio volontario, Dreiser Cazzaniga si volse all'indietro e scoprí che alla sue spalle si esetendeva un mondo intero, il mondo del ricordo, il passato.
Scoprì che questo mondo era piú ricco e interessante che quello della speranza, dell'imaginazione, del vagheggiamento del futuro al quale fino ad allora aveva rivolto la sua attenzione, Mondo nebbioso questo dell'avvenire, fatto di vaghe coincidenze di linee, di orizzonti soltanto probabili, di paludi in cui il desiderio lasciava macerare la ragione. E poi si faceva stretto stretto. Sempre piú prossime apparivano alla coscienza angustiata le scogliere bianche come zanne su cui si frangevano le correnti dell'abisso. Non ce la faceva piú il suo cuore, quando le pioggerelline dell'impermanenza
infracidavano le lande, a afferrare il mantello della Vergine, a scaldarsi alla candela di una fede.
Fu in queste ambasce che si volse l'anima sua al ricordo. Il paese del ricordo era lui stesso che lo aveva creato, era quello che di se stesso egli aveva fatto e ancora poteva fare, aggiustando le interpretazioni, cercando le coincidenze, coordinando i percorsi, variando indefinitamente le rotte. Vivere nel ricordo divenne per lui una passione e una ragione. Le sue memorie divennero il suo talismano. Nelle regioni dell'adolescenza si ergeva sovrano il giovinetto divino, il poeta dai calzari alati, il goffo, bellissimo, scontroso Rimbaud e molti dei fili della sua vita si dipanavano dalla fede cieca che nella prima adolescenza aveva avuto in lui, fino a vedere con gli occhi di lui il fresco paesaggio della dolce Francia, i temporali sulla Sologna, i campi coperti dai corvi nelle sere fredde dell'estremo autunno, viaggiare nel ricordo fu per Dreiser Cazzaniga, in un primo momento ritornare a credere in lui, scoprire le ragioni della sua fede e valutare quanto immensamente un verso che egli aveva poi dimenticato, avesse potuto condizionare in forma concreta la sua vita.
Intensa fu la meraviglia che in questo periodo Dreiser Cazzaniga dedicó alla ventura amororsa dell'amico suo Lu Spadaro di Quittengo. Egli sembrava aver goduto di una esperienza molo simile a quella di Dreiser Cazzaniga. Soltanto che per lui la scoperta del ricordo, il paese del passato aveva assunto la forma molto concreta e poco metaforica del corpo e dell'anima della bella Unica, monade del suo amore adolescente, per la quale sempre arse nel suo cuore fiammeggiante Minne. Amava finalmente ancora riamato l'amore dei suoi teneri anni che aveva creduto perduto. Dreiser Cazzaniga si chiedeva come concretamente potesse darsi una simile esperienza, che cosa potesse restare in un corpo segnato dalla crudeltá degli anni e accresciuto in bellezza, questo è certo, dalle ferite del tempo trascorso, della freschezza primaverile di quegli occhi verdi o lilla di Riviera, in cui tuffarsi come lo sguardo negli olivi, e poi giú fino al mare sul promontorio. Dreiser Cazzaniga ricordava i loro motorini appaiati tracciare calligrafie di tenerezza nel traffico raro del primo pomeriggio. Non ricordava quasi niente di lei, solo forse che soleva indossare maglioncini bordó o di un qualche sensuale colore vinoso. La veritá era che Dreiser Cazzaniga era stato geloso di lei, geloso fino all'ariditá del cuore di colei che legitimamente poteva stringere l'amico suo in piú lacci e piú amplessi. Dreiser Cazzaniga si consolava della gelosia, allora, leggendo e mettendo a punto minuziosamente il suo insuccesso, organizzando con lieta incoscienza i suoi futuri fallimenti.
A cura di genseki
Scoprì che questo mondo era piú ricco e interessante che quello della speranza, dell'imaginazione, del vagheggiamento del futuro al quale fino ad allora aveva rivolto la sua attenzione, Mondo nebbioso questo dell'avvenire, fatto di vaghe coincidenze di linee, di orizzonti soltanto probabili, di paludi in cui il desiderio lasciava macerare la ragione. E poi si faceva stretto stretto. Sempre piú prossime apparivano alla coscienza angustiata le scogliere bianche come zanne su cui si frangevano le correnti dell'abisso. Non ce la faceva piú il suo cuore, quando le pioggerelline dell'impermanenza
infracidavano le lande, a afferrare il mantello della Vergine, a scaldarsi alla candela di una fede.
Fu in queste ambasce che si volse l'anima sua al ricordo. Il paese del ricordo era lui stesso che lo aveva creato, era quello che di se stesso egli aveva fatto e ancora poteva fare, aggiustando le interpretazioni, cercando le coincidenze, coordinando i percorsi, variando indefinitamente le rotte. Vivere nel ricordo divenne per lui una passione e una ragione. Le sue memorie divennero il suo talismano. Nelle regioni dell'adolescenza si ergeva sovrano il giovinetto divino, il poeta dai calzari alati, il goffo, bellissimo, scontroso Rimbaud e molti dei fili della sua vita si dipanavano dalla fede cieca che nella prima adolescenza aveva avuto in lui, fino a vedere con gli occhi di lui il fresco paesaggio della dolce Francia, i temporali sulla Sologna, i campi coperti dai corvi nelle sere fredde dell'estremo autunno, viaggiare nel ricordo fu per Dreiser Cazzaniga, in un primo momento ritornare a credere in lui, scoprire le ragioni della sua fede e valutare quanto immensamente un verso che egli aveva poi dimenticato, avesse potuto condizionare in forma concreta la sua vita.
Intensa fu la meraviglia che in questo periodo Dreiser Cazzaniga dedicó alla ventura amororsa dell'amico suo Lu Spadaro di Quittengo. Egli sembrava aver goduto di una esperienza molo simile a quella di Dreiser Cazzaniga. Soltanto che per lui la scoperta del ricordo, il paese del passato aveva assunto la forma molto concreta e poco metaforica del corpo e dell'anima della bella Unica, monade del suo amore adolescente, per la quale sempre arse nel suo cuore fiammeggiante Minne. Amava finalmente ancora riamato l'amore dei suoi teneri anni che aveva creduto perduto. Dreiser Cazzaniga si chiedeva come concretamente potesse darsi una simile esperienza, che cosa potesse restare in un corpo segnato dalla crudeltá degli anni e accresciuto in bellezza, questo è certo, dalle ferite del tempo trascorso, della freschezza primaverile di quegli occhi verdi o lilla di Riviera, in cui tuffarsi come lo sguardo negli olivi, e poi giú fino al mare sul promontorio. Dreiser Cazzaniga ricordava i loro motorini appaiati tracciare calligrafie di tenerezza nel traffico raro del primo pomeriggio. Non ricordava quasi niente di lei, solo forse che soleva indossare maglioncini bordó o di un qualche sensuale colore vinoso. La veritá era che Dreiser Cazzaniga era stato geloso di lei, geloso fino all'ariditá del cuore di colei che legitimamente poteva stringere l'amico suo in piú lacci e piú amplessi. Dreiser Cazzaniga si consolava della gelosia, allora, leggendo e mettendo a punto minuziosamente il suo insuccesso, organizzando con lieta incoscienza i suoi futuri fallimenti.
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