lunedì, ottobre 05, 2009
domenica, ottobre 04, 2009
Gilles de Rais
Chi è allora Gilles de Rais? Ebbene Gilles de Rais è Florissans des Esseints trasportato nel gotico "flamboyant", nell'età della "danse macabre".
Questo testo è dunque un frammento d critica narratologica. Una metanarratologia.
Sembra che Huysmans non possa liberarsi di questa figura e giochi a metterla in scenna sugli sfondi e nelle circostanze piú differenti, ma Des eeints, e Gilles de Rais sono puri attanti di un catalogo di oggetti e di sensazioni reiteratamente e successivamente consumabili.
Sono, per dirlo brevemente, il consumatore. E quello che consumano è merce, è pura equivalenza sull'orizzonte del valore. Il mondo di des Esseints è un catalogo immenso di beni e di sesazioni che si possono acquisire e consumare e cosí pure quello di Gilles de Rais e questi personaggi, la sola cosa che fanno, è apparentemente quella di consumare questi beni.
Vivono nello spettacolo e allo stesso tempo ne sono parte. Come avrebbe detto Debord.
(cliccando sull'etichetta Huysmans si puó facilmente accedere alle altre part di questa traduzione).
genseki
Gillede Rais
a cura di genseki da Là-bas di Huysmans
Gilles è un essere diviso in tre differenti persone.
Per prima cosa il soldato valoroso e pio.
Poi l'artista raffinato e criminale.
Infine il peccatore che si pente, il mistico. È tutta un voltafaccia di eccessi questa persona, si scopre per ognuno dei suoi vizi una virtú che vi si oppone: ma nessun percorso visibile li unisce.
La sua ferocia superò i limiti di quello che è possibile all'uomo, eppure fu caritatevole, adorò i suoi amici e li curó, come un fratello quando il demonio li ferì.
Impetuoso nei desideri, eppu pazient; valoroso in battaglia, vile davanti all'aldilà, fu dispotico e violento, debole, tuttavia, quando le lusinghe dei suoi parassiti crebbero. Ora sule cime, ora nel baratro, mai in pianura, nelle pampas dell'anima. Nemmno le sue confessioni servono per chiarire questi antipodi. Egl risponde, quando gli ingiungono di spiegarae chi gli suggerì l'idea di tali crimini: “Nessuno, la mia sola immaginazione mi spinse: il pensiero mi è venuto da solo, frutto delle mie fantasticherie, dei miei piaceri giornalieri, dei miei gusti per il vizio.
Si accusa di pigrizia, assicura costantemente che i pasti delicati, le forti bevute hanno sciolto la belva che era in lui. Lontano dalle passioni mediocri, egli si esalta, di volta in volta, nel bene come nel male e si getta, la testa bassa, nei gorghi opposti dell'anima. Muore all'etá di trentasei anni ma gia si era esaurito il flusso dei godimenti disordinati, il riflusso dei dolori che nulla puó calmare. Aveva adorato la morte, amato come un vampiro, copulat con inimitabili espressioni di soffernza e di terrore, e, tuttavia era stato oppresso da rimori infrangibili e paure insaziabili. Quaggiú,per lui non restava piú niente da imparare, niente che valesse la pena.
sabato, ottobre 03, 2009
Huangpo
Lo studio teorico preserva le passioni e finisce sempre per produrre smarrimento.
La Via non è nulla, non c'è proprio nessuna Via che vada da nessuna parte e per questo prende il nome di "Spirito del Grande Veicolo". "Questo spirito non è dentro, non è fuori e nemmeno tra il dentro e il fuori". Davvero non esiste e non va da nessuna parte.
Questa Via è cosí naturale che non ha nome. Sopratutto non bisogna affrontarla teoricamente cioè come se fosse l'oggetto di una passione. Solo quando non ci sono piú passioni non c'è nemmeno piú lo spirito e non va da nessuna parte.
La gente nel mondo non la conosce per niente, si perde nelle passioni e i Buddha appaiono proprio per porre rimedio a quesa situazione con il loro insegnamento. Siccome pensano che la gente non possa comprendere usano in modo provvisorio il termine "Via" ma in modo tale che non si possano fabbricare teorie su di esso.
Vale per questo il detto: "Buttare la rete una volta che si è preso il pesce".
Chi, nello stato naturale del suo corpo e del suo spirito percorre la Via cosciente del proprio spirito raggiunge la fonte originaria e si può chiamare monaco.
trad a cura di genseki
venerdì, ottobre 02, 2009
Su alcuni versi di Virgilio - parte II
Anche qui, come nella Comedia di Dante, quindi Virgilio è la guida, la guida di una Nekuia, di una discesa agli inferi di un tema, quello genitale che è infimo "par excellence". E, sempre come nella Comedia, la funzione di guida di Virgilio è quella di rappresentare la ragione, la moderazione. Questo saggio può quindi essere letto come un dialogo tra Montaigne e Virgilio.
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Ma ritorniamo alla nostra domanda:perché sembra che Montaigne sia convinto che il piacere sesuale debba essere rigorosamente escluso dall sfera della riproduzione?
Effettivamente, dichiarando, che il godimento del piacere nel matrimonio è una forma di incesto Montaigne amplia la sfera del concetto di incesto.
La amplia nel senso che include in esso l'atto, il soggetto e l'oggetto della riproduzione e ne esclude, appunto il piacere.
In questo modo egli sembra considerare la sfera della riproduzione come una sfera sacra ove deve essere mantenuta una rigida purezza rituale.
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Non bisogna dimenticare che i saggi di Montaigne sono stati scritti durante le guerre di religione francesi, ovvero durante uno dei periodi di maggiore ferocia e follia sanguinaria della storia d'Europa. Non bisogna nemmeno dimenticare che Montaigne è di origine aragonese e quasi certamente israelitica.
Tenendo conto di questi elementi si puó supporre che la sacralizzazione della sfera della riproduzione rappresenti per Montaigne l'affermazione di uno spazio religioso al di fuori della sfera della morte, del lutto e della vendetta, in cui si erano venute a trasformare le forme religiose stabilite, e di uno spazio intimo sempre sacro al sicuro dallo sguardo temibile degli inquisitori di "moriscos" e giudaizzanti.
Si tratta solo di un'ipotesi che meriterebbe maggiore approfondimento.
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In senso piú classico si puó argomentare che la sfera della riproduzione è troppo legata alla "polis" e alla ontinuitá della razza e della specie per permettere che un fattore soggettivo come il piacere possa diventarene la guida e la ragione.
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Il saggio continua con la disanima della relazione che intercorre tra l'amore e il matrimonio.
Per Montaigne tra di loro vi è uuna relazione di "cousinage" ma molte differenze.
In ogni caso un matrimonio sano è considerato una necessitá per l'uomo e per la donna a condizione che l'uomo, soprattutto sappia "prudemment mesnager sa liberté", ovvero condurre una vita sessuale e sentimentale variata e soddisfacente al di fuori di esso.
Sembra che questa "liberté" sia essenziale perché il matrimonio possa mantenersi:
"Si on ne fait toujours son debvoir, au moins le faut il toujours aymer et recognoistre: c'est trahison, se marier san s'épouser".
genseki
giovedì, ottobre 01, 2009
Su alcuni versi di Virgilio
In effetti la prima parte del saggio è una interrogazione sull'economia del piacere nell'etá avanzata, amara e dolente interrogazione cui risponde una consapevolezza di disperata luciditá:
"Je m'en vays au trai de tressailir, comme d'une nouvelle faveur, quand aucune chose ne me deult"
*
Il piacere sessuale non pare adeguato alla vecchiaia. la sola forma di voluttá degna di questa etá e l'ostinazione a conservare il ricordo dei piaceri passati, ariviverli nella memoria e attraverso la poesia.
Nella poesia la voluttá si presenta come ancora piú vivace e piú animata di quanto non sia la sua propria essenza essa si presenta al vecchio con un aspetto ancor piú amoroso dell'amore medesimo. Venere tutta nuda con il respiro mozzo non è cosí bella nella realtá come lo è nei versi di Virgilio (quelli che danno il titolo al saggio)
Vulcano stringe Venere in un appassionato amplesso coniugale.
*
Montaigne trova peró che la descrizione di Virgilio non si addice troppo a una relazione sesuale matrimoniale.
“En ce sage marché les appetits ne se trouvent pas si follastres: ils sont sombres et plus mousses. L’amour hait qu0on se tient par ailleurs que par luy, et se mesle laschement aux accointance qui sont dressées et entretenues soubs autre titre, comme est le mariage. L’alliance, les moyens, y poisent par raison, quatnt ou plus que les graces et la beauté. On ne se marue pas pour soy, quoy qu’on en dise, on se marie autant pou plus pour sa posterité et pour sa famille: l’usage et l’interest du mariage touche nostre race, bien loing par dela nous. Pour tant me plaist cette faÇon qu’on le conduise plutost par main tierce que par les poropre et par lesens d’atruy que par le sien: Tout cecy, combien à l’opposite des conventions amoureuses? Aussi est-ce une espece d’inceste d’aller amployer a ce parentage venerable et sacré l’effort et les extravagances de la licence amoureuse.
L'amore nel matrimonio è considerato come adulterio.
Il martrimonio non ha e non deve avere perció, niente a che vedere con l'amore, con la passione e con il piacere sessuale.
La sua legittimitá e utilitá si situa in un altro ambito. Tuttavia l'assimilazione della ricerca del piacere sessuale all'incesto richiama l'attenzione per una sua rara forma di violenza argomenativa e merita di esssere trattata con maggior attenzione.
L'incesto sembrerebbe essere per Montaigne l'irruzione del piacere nella sfera della riproduzione.
Ma perché il piacere deve essere escluso da questa sfera?
Le argomentazioni di Montaigne si muovono in un ambito di assoluta laicitá. Vedrò di esaminarle domani in un "post" successivo.
genseki
mercoledì, settembre 30, 2009
Enneade V
L'Uno è tutte le cose e non una sola. Ció significa che è il pincipio di tutte le realtá e non una di esse.
*
Come possono tutte le cose sorgere dall'uno se questo è semplice e non rivela in sé molteplicità, nè duplicità di nessun tipo?
*
Proprio perché nulla era in Lui tutto puó derivare da Lui affinché l'essere possa esistere. Lui stesso non è solo essere, semmai è il padre dell'essere, in quanto è, per coì diree, la prima emanazione. L'uno, infatti è perfetto perché non è in cerca di nulla, Non ha nulla e non ha nemmeno bisogno di qualche cosa. È la sua straripante abbondanza a produrre qualche cosa d'altro.
Plotino
Topa nuda
Coí ho deciso di fare qualche cosa. Se devo soffrile questa profanazione almeno la soffra a ragio veduta.
Quello che segue è un bellissimo teso erotico del grande Marot che non traduco perché la lingua italiana di cui oggi si puó disporre trasformerbbe questo lieve, grazioso erotismo in qualche cosa di degno dei cercatori di "Topa nuda".
Tetin refaict, plus blanc qu'un oeuf,
Tetin de satin blanc tout neuf,
Tetin qui fait honte à la rose,
Tetin plus beau que nulle chose ;
Tetin dur, non pas Tetin, voyre,
Mais petite boule d'Ivoire,
Au milieu duquel est assise
Une fraize ou une cerise,
Que nul ne voit, ne touche aussi,
Mais je gaige qu'il est ainsi.
Tetin donc au petit bout rouge
Tetin quijamais ne se bouge,
Soit pour venir, soit pour aller,
Soit pour courir, soit pour baller.
Tetin gauche, tetin mignon,
Tousjours loing de son compaignon,
Tetin qui porte temoignaige
Du demourant du personnage.
Quand on te voit il vient à mainctz
Une envie dedans les mains
De te taster, de te tenir ;
Mais il se faut bien contenir
D'en approcher, bon gré ma vie,
Car il viendroit une aultre envie.
O tetin ni grand ni petit,
Tetin meur, tetin d'appetit,
Tetin qui nuict et jour criez
Mariez moy tost, mariez !
Tetin qui t'enfles, et repoulses
Ton gorgerin de deux bons poulses,
A bon droict heureux on dira
Celluy qui de laict t'emplira,
Faisant d'un tetin de pucelle
Tetin de femme entiere et belle.
Blason di Clément Marot
martedì, settembre 29, 2009
Gaspard de la Nuit
Che di romano solo il nome serbate,
Voi monumenti, che ancora sostenete
L'onor tarlato d'anime divine;
O voi archi, voi guglie al ciel vicine,
Che il cielo che vi mira anco stupite,
A poco a poco cenere divenite,
Favola al volgo e pubbliche rapine!
E, benché al tempo gran tempo faccian guerra
I monumenti, è pur vero che il tempo
Opere e nome finalmente atterra.
Triste disio, orsú vivi contento:
Perché se il nulla infine tutto serra
Troverá presto fine il mio tormento.
trad. genseki
giovedì, settembre 24, 2009
Du Bellay
Che di vecchi trofei le spoglie porta
E leva ancora al ciel la testa morta
Mentre giá il pié fuor del terreno spicca.
Coi rami spogli ormai le zolle tocca
Drizzando al ciel la radice contorta
Ombra non da e il suo peso sopporta
Tronco nodoso sbrecciato come brocca
Al suolo crollerá col primo vento
Loco lasciando agli arboscelli attorno
Eppur culto le presta il volgo attento.
Chi tale quercia vide, sappia allora
Como tra le cittá prospere ora
Il piú lodato è l'onore ormai spento.
trad genseki
mercoledì, settembre 23, 2009
Ancora su Hugo
Una fanciulla che lascia pendere in disordine il suo nastro sullo schienale di una poltrona, disegna, senza volerlo, quasi tutti i sentieri di scogliera e di montagna.
Sembra una definizione della scrittura: il nastro come filo di inchiostro, l'incoscienza dell'atto creativo, il suo essere frutto di una forma del caso, come piú tardi canterá Mallarmé ma anche un cammino, un proceso una vicenda.
O forse l'emozione rara e confusa che ci afferra leggendo queste righe e la stessa che proviamo guardando una roccia vertiginosa e le sue venature profonde o un panneggio di Rubens. La bellezza come segno. Come segno senza significante ne significato.
genseki
martedì, settembre 22, 2009
Antonio Moresco e Plotino
Lo scrittore Antonio Moresco ha recentemente pubblicato sulla rivista “Il Primo Amore” tre articoli su Plotino.
Antonio Moresco ci informa del suo interesse e passione per le Enneadi di Plotino sorti nel corso di una recente lettura estiva.
Da questa sua escursione nel continente delle Enneadi egli pare aver tratto le seguenti convinzioni:
l'opera di Plotino è anticipatrice;
La sua forza anticipatorie è stata occultata dalla “scolastica storicistica” dei manuali di filosofia;
L'occhio e la mente aperti e liberi da preconcetti di Antonio Moresco hanno permesso di rivelare la forza anticipatrice di questo antico testo.
Ora io mi domando che senso possa avere applicare una categoria giornalistica come quella di anticipazione a un'opera come quella di Plotino che si muove in un universo di assoluti, Le Enneadi hanno per oggetto l'investigazine di leggi eterne, anzi la loro contemplazione in un'estasi che non puó essere che atemporale.
In che senso si puó dire che Plotino avrebbe avuto l'intenzione di anticipare qualche cosa?
Plotino non aveva nemmeno idea del fatto che la contemplazione del Bene potesse servire ad anticpare qualche cosa. Dubito che possa aver nutrito alcun interesse per un concetto tanto fuori dalllo spirito e dall'ambiente culturale in cui si svolse la sua riflessione filosofica.
C'è qualche cosa di osceno nel voler piegare Plotino, molti secoli dopo l'elaborazione della sua opera ad anticipare qualche cosa.
Non vale dire che Plotino avrebbe anticipato “malgré soi”, inconsciamente. Bisognerebbe dimostrare che cosa posa significare anticipare qualche cosa che non si è voluto anticipare. La qual cosa è naturalmente impossibile.
Anticipare vuol dire mettersi a pensare il futuro o almeno mettersi a pensare nel tempo. L'orizzonte della filosofia plotiniana è invece l'eterno.
Cosí Moresco dovrebbe dimostrare in qualche modo che Plotino pensa il tempo nei termini in cui lo pensa Moresco.
Il concetto di anticipazione è un tipico concetto da quarta di copertina o da fascicoletto dell'Euroclub.
E poi, che cosa avrebbe anticpato Plotino? Sembrerebbe che, per Moresco avrebbe anticipato qualche cosa che avrebbe a che fare con la genetica e con la teoria fisica delle stringhe.ni
Questa intuizione moreschiana o moresca sembrerebbe basarsi sull'identificazione tra il concetto di forma presente nelle Enneadi e il concetto di forma delle scienze sperimentali.
Il fatto è che questi due concetti non sono sovrapponibili. la materia di Plotino non è quella della fisica che ha un peso e una massa. La materia di Plotino è qualche cosa che si oppone alla forma. È l'assenza di forma, e conteporaneamente ció che accogli la forma nella sua attivitá formante.
Quindi, come ognuno vede, la materia di Plotino non si oppone allo spirito ma alla forma. tanto è vero che per Plotino e per Porfirio esiste una materia spirituale ovvero uno spirito suscettibile di forma.
Moresco poi non spiega in che modo l'emanazionismo Plotiniano che serve per spiegare la dialettica tra uno e molteplice abbia qualche cosa a che fare con la genetica.
Moresco sembra non rendersi conto della struttura dialettica delle Enneadi in cui le singole parti hanno un valore solo nella totalitá e in cui proprio per questo molte frasi sono affermate per essere poi negate ad un altro livello.
Insomma non si capisce che cosa abbia anticipato Plotino né perché debba aver per forza anticipato qualche cosa.
Sorge il sospetto che Moresco pensi che Plotino abbia anticipato proprio Moresco. Ovvero che le Enneadi siano rimaste pura materia fino a quando Moresco le abbia dato attualitá, cioè forma. Cioè che il senso del pensiero di Plotino sia quello di Moresco.
genseki