Dreiser Cazzaniga e il macinino
Fin dalla piú tenera infanzia Dreiser Cazzaniga ebbe una percezione chiara di quelo che fosse l'immortalitá. Lui l'immortalitá la percepiva nelle cose, negli oggetti piú semplici che andava scoprendo in casa della Nonna Violante detta la Dama Azul. La casa della Dama Azul aveva due colori bellissimi, l'arancione della cucina e l'azzurro della stanzza da letto. Tutti i mobili dela cucina erano dipinti di un arancione solare e le gambe delle sedie e dei tavoli erano arancioni, il sole che entrava come a fiotti dalla finestra incorniciata di gerani esaltava il canto luminoso del colore, lo faceva esplodere negli occhi. La dama Azul, come era allora costume delle vecchie signore del Barrio aveva i capelli azzurri, e l'azzurro era l'altro colore della case, il colore che dominava nella stanza da letto freschissima in cui Dreiser Cazzaniga dormiva, leggeva e sognava. Dal soffitto pendeva una curiosa lampada che emanava una pallidissima luce azzurra che a Dreiser Cazzaniga faceva pensare alla morte. Non è che lui sapesse che cosa fosse la morte e che cosa avesse a che fare con quella fievole luce azzurra in cui ad osservala bene parevano predominare i toni verdi, un sottile verde cobalto, tuttavia le due immagini, la lucina e la morte era incatenate una all'altra. Molti anni dopo, la lucina azzurra avrebbe iluminato due grossi piedi pallidi e sporchi che spuntavano da una coperta troppo corta su di un letto troppo corto. Cosí sorgeva la morte agli occhi di Dreiser Cazzaniga, Gli oggetti della cucina immersi nela loro atmosfera di agrumi, invece, erano assolutamente immortali: erano immortali i piselli che egli aiutava a sgusciare traendol dal sacchetto di spessa carta marroncina, erano immortali gli stofinacci bianchi con l'impronta di qualche bruciatura, era immortale il macinino del caffe, era tutto di legno e quando si apriva il cassettino emanava un odore profondo che stordiva di piacere, era immortale il mortaio per fare il pesto di marmo grigio con le sue venuzze azzurre come i capelli della nonna Dama, era la grande radio di legno con le sue due pesanti porte di legno e tutte le colonnine che separavano gli altoparlanti, il vaso del basilico alla finestra la grattugia del parmigiano e quella ancora piú temibile del pecorino sardo che la nonna Dama Azul, la Violante benedetta ripuliva con infinita pazienza, con la lama di un colello per estrarne anche la piú piccola briciola di formaggio. Tutta questa meraviglia avvolgeva gli oggetti della cucina che sorgevano dal sempre, dall'evidenza, davanti a Dreiser Cazzaniga che li percepiva come meravigliosi proprio perché nel momente in ciu gli apparivano gli apparivano come rivelandosi sullo sfondo di una preeseistenza, un sempre che era l'evidenza stessa della loro permenenza. Dreiser Cazzaniga, bambino rabbrividiva di gratitudine per l'esistenza del mondo e per la sua indubitabile eternitá.
Fin dalla piú tenera infanzia Dreiser Cazzaniga ebbe una percezione chiara di quelo che fosse l'immortalitá. Lui l'immortalitá la percepiva nelle cose, negli oggetti piú semplici che andava scoprendo in casa della Nonna Violante detta la Dama Azul. La casa della Dama Azul aveva due colori bellissimi, l'arancione della cucina e l'azzurro della stanzza da letto. Tutti i mobili dela cucina erano dipinti di un arancione solare e le gambe delle sedie e dei tavoli erano arancioni, il sole che entrava come a fiotti dalla finestra incorniciata di gerani esaltava il canto luminoso del colore, lo faceva esplodere negli occhi. La dama Azul, come era allora costume delle vecchie signore del Barrio aveva i capelli azzurri, e l'azzurro era l'altro colore della case, il colore che dominava nella stanza da letto freschissima in cui Dreiser Cazzaniga dormiva, leggeva e sognava. Dal soffitto pendeva una curiosa lampada che emanava una pallidissima luce azzurra che a Dreiser Cazzaniga faceva pensare alla morte. Non è che lui sapesse che cosa fosse la morte e che cosa avesse a che fare con quella fievole luce azzurra in cui ad osservala bene parevano predominare i toni verdi, un sottile verde cobalto, tuttavia le due immagini, la lucina e la morte era incatenate una all'altra. Molti anni dopo, la lucina azzurra avrebbe iluminato due grossi piedi pallidi e sporchi che spuntavano da una coperta troppo corta su di un letto troppo corto. Cosí sorgeva la morte agli occhi di Dreiser Cazzaniga, Gli oggetti della cucina immersi nela loro atmosfera di agrumi, invece, erano assolutamente immortali: erano immortali i piselli che egli aiutava a sgusciare traendol dal sacchetto di spessa carta marroncina, erano immortali gli stofinacci bianchi con l'impronta di qualche bruciatura, era immortale il macinino del caffe, era tutto di legno e quando si apriva il cassettino emanava un odore profondo che stordiva di piacere, era immortale il mortaio per fare il pesto di marmo grigio con le sue venuzze azzurre come i capelli della nonna Dama, era la grande radio di legno con le sue due pesanti porte di legno e tutte le colonnine che separavano gli altoparlanti, il vaso del basilico alla finestra la grattugia del parmigiano e quella ancora piú temibile del pecorino sardo che la nonna Dama Azul, la Violante benedetta ripuliva con infinita pazienza, con la lama di un colello per estrarne anche la piú piccola briciola di formaggio. Tutta questa meraviglia avvolgeva gli oggetti della cucina che sorgevano dal sempre, dall'evidenza, davanti a Dreiser Cazzaniga che li percepiva come meravigliosi proprio perché nel momente in ciu gli apparivano gli apparivano come rivelandosi sullo sfondo di una preeseistenza, un sempre che era l'evidenza stessa della loro permenenza. Dreiser Cazzaniga, bambino rabbrividiva di gratitudine per l'esistenza del mondo e per la sua indubitabile eternitá.