Frammento di storia futura
Fu verso la fine del secolo XXV dell’era preistorica, un tempo detta cristiana, che avvenne, come si sa, la catastrofe inattesa da cui procedeono i nuovi tempi, il felice disastro che ha costretto il fiume straripato della civiltá a sprofondare nella terra per il bene dell’uomo. Racconteró brevemente questo grande naufragio e il salvataggio insperato operato cosi’ rapidamente in pochi secoli di sforzi eroici e trionfanti. Beninteso, passeró sotto silenzio i fatti particolari che sono conosciuti da tutti e non mi dedicheró che alle grande linee di questa storia. Prima di tutto, peró conviene ricordare in poche parole il grado di progresso relativo al quale l’umanitá era giá giunta, nel suo periodo esteriore e superficiale, alla vigilia di questo grande avvenimento.
La prosperitá
L’apogeo della prosperitá umana, nel senso superficiale e frivolo della parola, sembrava raggiunto. Da cinquant’anni, il consolidamento definitivo della grande confederazione asiatico-americano-europea e il suo incontrastato dominio su quanto restava ancora qua e la, in Oceanía e nell’Africa Centrale, di barbarie non assimilabile, aveva abituato tutti i popoli, convertiti in province, alle delizie di una pace universale e ormai imperturbabile. C’erano voluti non meno di centocinquant’anni di guerre per giungere a questo risultato meraviglioso. Tutti quegli orrori erano stati dimenticati; e tante spaventose battaglie tra armate di tre e quattro milioni di uomini, tra treni dai vagoni corazzati, lanciati a tutto vapore sparando da tutti i lati gli un contro gli altri, tra squadre di sottomarini che si folgoravano elettricamente, tra flotte di palloni blindati, arpionati, scoppiati da torpedini aeree, precipitati dalle nuvole con migliaia di paracaduti bruscamente aperti che si mitragliano ancora cadendo insieme; di tutto questo delirio bellicoso, non restava che un poetico e confuso ricordo. L’oblio è l’inizio della felicitá, come la paura è l’inizio della saggezza.
Per una straordinaria eccezione, i popoli, dopo questa gigantesca emorragia, non godevano il torpore della spossatezza, ma la calma di una forza accresciuta. Ció si spiega. Da circa un secolo, i consigli di revisione, rompendo con la routine cieca del passato, sceglievano con cura i giovani piu’ validi e ben fatti per esonerarli dal servizio militare diventato del tutto automatico, e inviavano sotto le armi, tutti gli infermi, ben sufficienti per il ruolo extremamente semplificato del soldato e persino del sottuficiale. Era una selezione intelligente, e lo storico non puo’ mancare di lodare con gratitudine questa innovazione, grazie alla quale l’incomparabile bellezza del genere umano attuale si è venuta pian piano formando. Effettivamente quando ora guardiamo, dietro le vetrine dei nostri museo di antichita’, le raccolte singolari di caricature che i nostri avi chiamavano i loro album di fotografie, possiamo constatare l’immensita’ del lavoro compiuto, sempre che noi discendiamo davvero da quei mostriciattoli e da quegli omuncoli, come attesta una tradizione rispettabile.
Da questa epoca data la scoperta degli ultimi microbi, non ancora analizzati dalla scuola neo-pasteuriana. Una volta conosciuta la causa, il rimedio non tardó, e a partire da allora un tisico, un artritico, un qualunque malato e’ diventato un fenomeno tanto raro come un tempo lo fu un mostro duplice oppure un mercante di vino onesto; è da allora che si è perduto il ridicolo uso di quelle domande sulla salute che riempivano le conversazioni dei nostri antenati: “Come sta? Come va?” La miopía soltando aveva continuato la sua triste marcia stimolata dalla diffusione straordinaria dei giornali; non una donna o un bambino poteva fare a meno del pince-nez. Questo inconveniente, del resto momentaneo, e’ stato largamente compensato dai progressi che ha fatto fare all’arte degli ottici. Con l’unita’ politica che sopprimeva le ostilita’ dei popoli, si aveva l’unita’ linguistica che cancellava rapidamente le ultime diversita’. Dal XX ecolo, il bisogno di una lingua unica e comune, come il latino del Medio Evo, era divenuto abbastanza intenso tra gli scienziati del mondo intero da deciderli a usare in tutti i loro scritti un idioma internazionale, Dopo una lunga rivalita’ tra l’inglese e lo spagnolo, fu il greco che, dopo la sconfitta dell’Impero Inglese e la ripresa di Costantinopoli da parte dell’Impero Elleno-Russo, si impose definitivamente. Poco a poco, o piuttosto con la celeritá propria di tutti i progressi moderni, il suo uso discese, di strato in strato, fino ai gradi piú umili della società, e dalla metá del XXII secolo, non ci fu piú nessun bambino, tra la Loira e l’Armur che non si esprimesse facilmente nella lingua di Demostene. Qua e la alcuni villaggi sperduti in valli di montagna si ostinavano ancora, malgrado i divieti dei maestri a storpiare il vecchio dialetto chiamato un tempo francese, tedesco, italiano, ma nelle grandi cittá una cosa del genere avrebbe scatenato le risate.
Tutti i documenti del tempo sono d’accordo nell’attestare la velocitá, la profonditá, l’universalitá del cambio che si operó nei costumi, nelle idee, nei bisogni, in tutte le forme della vita sociale livellata da un polo all’altro, come conseguenza di questa unificazione del linguaggio. Pareva che fino ad allora il corso della civiltá fosse stato bloccato, e che per la prima volta, rotte tutte le dighe, si diffondesse senza sforzo per tutto il globo.