martedì, maggio 21, 2013

La morte della nonna

Quella non era la nonna. Era la sua cuffia da cerimonia con i nastri di seta
bianca, e, sotto, i suoi capelli bruno-rossicci. Ma quel naso appuntito, quelle labbra rientrate, quel mento prominente, quelle mani giunte, giallastre e diafane, che si intuivano fredde e rigide, non appartenevano a lei. Quello era un ignoto fantoccio di cera, ed il disporlo e venerarlo in quel modo, aveva un che di raccapricciante. Ed egli guardava verso la «stanza dei paesaggi», come se di là dovesse comparire da un momento all’altro la nonna vera... Ma ella non arrivava. Era morta. La morte l’aveva per sempre sostituita con questa figura di cera, che teneva le palpebre e le labbra così inesorabilmente così inaccessibilmente serrate...
Ritto sulla gamba sinistra, il ginocchio destro piegato in modo che il piede
stesse in equilibrio sulla punta, con una mano egli teneva il nodo da marinaio cheaveva sul petto, mentre l’altra pendeva rilassata. La testa con i riccioli castani che ricadevano sulle tempie, era reclinata da una parte, e, sotto le sopracciglia aggrottate, i suoi occhi bruno-dorati, circondati di ombre azzurrine, lampegi suoi occhi bruno-dorati, circondati di ombre azzurrine, lampeggiavano, scrutando il volto della defunta con espressione assorta e disgustata.
Respirava lentamente, con cautela, perché ad ogni respiro si aspettava
quell’odore, quell’odore strano eppure così singolarmente familiare, che le ondate di profumo dei fiori non sempre riuscivano a soffocare. E quando gli arrivava, quando lo sentiva, le sopracciglia gli si aggrottavano di più, e le labbra per un attimo cominciavano a tremare... Infine sospirò; quel sospiro era talmente simile a un singhiozzo senza lacrime che la signora Permaneder si chinò su di lui, lo baciò e lo condusse via.

Th Mann

I Buddenbrook

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