Le dimissioni del papa tra teologia e politica: “Il mistero del male” di Giorgio Agamben sulla scelta radicale di Ratzinger
di Antonio Gnoli
Un oscuro teologo del IV secolo fa da sfondo dottrinale alla decisione del Papa di abdicare al suo magistero. Possibile?
Ce lo racconta con il solito raffinato incastro di testi Giorgio Agamben nel nuovo libro: Il mistero del male (Laterza).
Da
anni egli affronta il significato politico della fine dei tempi,
sfrondandolo dagli orpelli apocalittici e cogliendone il senso in una
plausibile ricerca filologica.
I testi a volte ci parlano: nella loro autorevolezza sopportano l’usura del tempo e ci indicano strade che avevamo abbandonato.
Non è questo il senso della tradizione, di quella sapienza archeologica che segna a volte il nostro agire più consapevole?
Proprio
Joseph Ratzinger, appena trentenne, pubblicò un dotto articolo per
spiegare la posizione dottrinaria di Ticonio in merito alla Chiesa.
Costui era un donatista che avendo descritto una Chiesa al tempo stesso
malvagia e giusta, seppe coglierne la struttura bipartita che comprende
in sé tanto il peccato quanto la grazia. In una prospettiva escatologica
questi due corpi della Chiesa sono destinati a convivere fino alla fine
dei tempi. Allorché il Giudizio universale dividerà definitivamente i
malvagi dai giusti, il Cristo dall’Anticristo. Fino a quel momento le
due “anime” conserveranno una loro presenza nello stesso corpo della
Chiesa. È in questo contesto teologico che Agamben colloca il gesto
rivoluzionario di Benedetto XVI. Che non è un atto di viltà – accusa già
rivolta a Celestino V – né di stanchezza, ma una meditata e sofferta
scelta dottrinaria che lo ha posto all’altezza della drammatica
situazione in cui la Chiesa si trova a vivere.
Può, infatti,
questo istituto millenario attendere che il gran conflitto tra i malvagi
e i giusti si risolva alla fine dei tempi? Ecco perché la prospettiva
escatologica va ricondotta a quella storica, il tempo dell’apocalisse al
nostro tempo. La Chiesa, ci rammenta Agamben, non può sopravvivere se
rimanda passivamente alla fine dei tempi la soluzione del conflitto che
ne dilania il “corpo bipartito”. D’altro canto, l’aver ignorato lo
sguardo escatologico ha pervertito l’azione salvifica della Chiesa nel
mondo. L’ha resa per così dire cieca e priva di scopo. Di qui gli
scandali, la corruzione e quel corredo negativo che ne hanno stravolto
l’immagine. Agamben sottrae il male al cupo dramma teologico e lo
restituisce al suo vero contesto storico, nel cui spazio ognuno è
chiamato a fare senza riserve la sua parte. Decidere, d’accordo. Ma su
cosa? E per quali opzioni o scelte?
Benedetto XVI suggerisce una
strada. La sua decisione radicale rinvigorisce l’idea di giustizia e di
legittimità. Rimette in moto una macchina politica senza la quale la
Chiesa sarebbe destinata a inabissarsi. Non è di un analogo destino che
soffre la nostra società? Ancora una volta teologia e politica
incrociano due categorie – legittimità e legalità - oggi confuse o
smarrite. La profondità della crisi che la nostra società sta
attraversando, dice Agamben, va ricondotta anche al tentativo della
modernità di far coincidere legalità e legittimità.
Una Chiesa
dei giusti non trionferà senza una lotta ai malvagi; così come una
società equa non prevarrà senza il ricorso alla giustizia che è un
concetto più profondo della legalità. Chi può avere oggi la forza di
trasferire nel profano ciò che Benedetto XVI – con il suo richiamo
all’Auctoritas (al potere spirituale) - ha svolto nell’ambito del
teologico? Le nostre vite, attraversate da crisi terribili, hanno
urgenze mondane che si scontrano con l’ideologia liberista oggi
dominante. Nota Agamben che il paradigma del mercato autoregolantesi si è
sostituito a quello della giustizia e finge di poter governare una
società sempre più ingovernabile secondo criteri esclusivamente tecnici.
Chiamiamola pure dittatura dell’algoritmo. Ma chi oggi ha un potere
così immenso da potervi perfino abdicare? Non è da questa rinuncia che
possa nascere una nuova occasione per la politica. Perché il potere
sembra esser sfuggito dalle mani dell’uomo. Ecco il dramma storico e il
“mistero” dal quale bisogna ripartire.
Da Repubblica
Nessun commento:
Posta un commento