Questo primo assaggio contiene brani dei miserabili. Il primo di essi non corrisponde che molto vagamente alle parole che ho scrito qui sopra, in parte ne è una fragrante negazione esemplare posa umilmente in limine.
genseki
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I MISERABILI
Si può considerare con indifferenza la pena di morte, si può non pronunciarsi, dire di sì e di no, finché non si è vista con i propri occhi una ghigliottina; ma quando se ne vede una, la scossa è violenta e bisogna decidersi a prender partito pro o contro. Alcuni ammirano, come il De Maistre, altri esecrano come il Beccaria. La ghigliottina è il concretizzarsi della legge; essa si chiama punizione, non è neutra e non vi permette di rimaner neutrali. Chi la scorge freme del più misterioso dei fremiti. Tutte le questioni sociali drizzano attorno alla mannaia i loro punti interrogativi. Il patibolo non è visione. Il patibolo non è un'impalcatura, non è una macchina, non è un meccanismo inerte fatto di legno, di ferro e di corde. Sembra che sia, in qualche modo, un essere dotato di chissà quali cupe iniziative. Si direbbe che quella impalcatura veda, che quella macchina intenda, che quel meccanismo comprenda, che quel legno, quel ferro, quelle corde vogliano. Nella spaventosa fantasticheria in cui getta l'anima con la sua presenza, il patibolo appare terribile e partecipe di quello che fa. Il patibolo è complice del carnefice: divora, mangia della carne, beve del sangue. Il patibolo è una specie di mostro, fabbricato dal giudice e dal falegname, uno spettro che sembra vivere d'una vita spaventosa, fatta di tutta la morte che ha procurato.
La morte appartiene solo a Dio. Con quale diritto gli uomini si servono di una cosa sconosciuta?».
«L'infinito esiste. È là. Se l'infinito non avesse un io, l'io sarebbe il suo limite; non sarebbe infinito; in altri termini, non esisterebbe. E invece esiste. Dunque ha un io. L'io dell'infinito è Dio».
Ma ciò che apprezziamo nei confronti di coloro che salgono, ci piace assai meno di fronte a coloro che cadono. Amiamo il combattimento fintanto che c'è pericolo; e, in ogni caso, sono soltanto gli oppositori della prima ora che hanno il diritto di essere gli sterminatori dell'ultima. Chi non è stato nei giorni della prosperità accusatore ostinato, al momento del crollo deve tacere. Solo il denunciatore del successo sarà il legittimo giustiziere della caduta.
Ogni zucchetto può sognare la tiara. Il prete, ai giorni nostri, è il solo uomo che possa di diritto diventare re; e che re! Il re supremo! Per questo il seminario è un semenzaio d'aspirazioni.
I geni, nelle inaudite profondità dell'astrazione e della speculazione pura, posti per così dire al di sopra dei dogmi, propongono a Dio le loro idee. La loro preghiera offre audacemente la discussione. La loro adorazione interroga. Questa è la religione diretta, piena d'ansietà e di responsabilità per chi ne tenta la scalata.
La meditazione umana non ha limiti. Ha i suoi pericoli, i suoi rischi, analizza e scava il proprio abbaglio. Si potrebbe quasi dire che, con una specie di splendida reazione, ella ne abbagli la natura; il mondo misterioso che ci circonda rende ciò che riceve; è probabile che i contemplatori siano a loro volta contemplati. Comunque, ci sono sulla terra uomini - ma sono uomini, poi? - che scorgono in fondo all'orizzonte del sogno le altezze dell'assoluto e che hanno la terribile visione della montagna infinita.
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