lunedì, ottobre 20, 2014


La Locura lo cura

Manifestazione terapeutico


Dall'era del fuoco
Al principio dell'umanitá
La razza umana
Ebbe una sola preoccupazione:
La consapevolezza.

Nel corso della sua esistenza
Ognuno di noi
È Gilgamesh-Enkiddu,
Abbiamo bisogno di entrambe queste forze
Per il processo di trasformazione.

Il malessere nasce dalla confusione,
La confusione dall'inganno,
L'inganno dal risentimento,
El risentimento del disamore.

Lungi dall'accettare che la solitudine sia una pausa
Per un'anima prigioniera
Dimentichiamo che la non identificazione
É la liberazione del nostro essere;
Negando la nostra necessitá originale
Ci concentriamo nella mancanza
cosí perpetuamo la nostra dipendenza
nella distrazione quotidiana;
Dimentichiamo il principio dell'eternitá;
Vivere il presente.

Ossessionati dal produrre la nostra insicurezza
Ci condanniamo alla speranza;
La fantasia ci mette davanti la nostra mediocritá

Nessuno appartiene a nessuno
Niente è di nessuno,
Nemmeno se stesso.

Vivere non ha bisogno di giustificazioni;;
Essere lungi da giudizi e pregiudizi,
Si trasforma in veritá.
Attraverso la trasparenza
Focalizziamo l'attenzione.

Bisogna morire con i cinque sensi ben desti,
Con una mente senza giudizi e una calda emozione
In cui l'azione è una cadenza
Che invita alla contemplazione,
E ci riconosciamo intensamente piccoli

Il potere sovrano non permette comparazione,
Il vuoto nutre l'io
Accompagnandolo sulle strade del processo.

La difficoltá non consiste nel risvegliarsi
Bensí nel permanere ben desti,
Ogni caduta è un ricordo della distrazione
Ogni errore è un oblío di se stessi.

La tolleranza è l'unico bálsamo per la caduta.

Siamo soltanto testimoni, vedette di un oceano che
Si perpetua nel suo ondeggiare,
La sicurezza consiste solo nel navigare
Dimenticando l'approdo a un porto sicuro,
Assumendo l'imprevedibile della vita.

Il marinaio si rafforza mantenendo la sua nave al riparo
Ben lungi dal pretender di restare nella bonaccia
Si fa piú forte al centro dell'uragano,
L'uragano ci approssima all'essenza.

Tutto è al suo posto,
Ognuno ha quello che gli tocca,
A nessuno manca nulla.

Il mistero della vita
È lasciare un punto aberrante
Che sempre ci ha disorientato.

Il tramonto di un sole
Inviterá la pienezza di una notte
Perché, a sua volta,
Il circolo si completi con l'alba,
Tutto è circolare,
Dove si comincia si finisce,
Dove si finisce si continua.

La ruota della fortuna è la vita,
L'intensitá sottovaluta la sottigliezza
La tenerezza riposa nella pace;
Solo nel silenzio ci manifestiamo
E permettiamo la presenza degli altri
La comunicazione è la egittimitá
Di due monologhi ininterrotti

Non dobbiamo afferrarci a nulla
Perché tutto è nostro;
La metamorfosi la si ottiene senza minimizzare
Nessuno stato anteriore;
Ogni parte è necessaria per completare il tutto.
L'incongrueza e l'ingiustizia
Allattano la accettazione

Ognuno di noi è un'epopea,
Il guerriero si investe
Manifestando la sua nuditá,
Ê giunto il momento di partire per la guerra santa,

Guillermo Borja (1995)
Trad genseki

martedì, ottobre 14, 2014

Il castello di carte

ê piú bello che il colore di questo guanto abbandonato nel mare
e nei solchi deserti non trovo piú nulla
ma piú lontano gli strumenti musicali si riuniscono
in un'alcova
in un carro quadrato
e l'amore comincia
con festoni ai quattro angoli
e battaglie senza fine
addio meraviglia addio non hai cuore
ma un pioppo mansueto
nella coperta della borsa
e non è senza dare l'allarme che la mia voce giunge alla tua cittá
la barca in cui si suicidano i fantasmi dopo una prolungata immersione nel cadmio delle consacrazioni
La barca nuda si presenta alla mia porta
e chiama con tutto il suo cielo nero
“pallida, dice lei, piú pallida della tua sposa”
e quei denti nel suono dello sguardo mi triturano
quei denti di catena e di incendio
incendio in cui le donne formano la catena
per impedire che nasca il nove di spade
e le donne in cittá sono piú povere di quanto sperassi
piú povere della della mia vendetta
e della mia furia
piú povere di un postino che solo possiede l'abbandono
su di una casa di otto piani
di un biglietto di andata e ritorno per la forca
è allìncrocio del cammino e della morta
dove si alza il pilone segnaletico degli innamorati
dove giungono tutti i mesi a raccogliere i rumori
dove si incontrano ma non si vedono mai
lo spaventapasseri del castello di carte
il manichino del silenzio
con armatura di stoppie
con la sua fiamma e la sua bandoliera
lo spaventapasseri dei secoli
all'uscita del soterraneo
non vi è labirinto che importi
tutte le ali e tutte le chiavi aprono le porte del castello di carte

Pierre Unik
trad. genseki

Edgard Varese - Ionisation

A Haute Flamme



A fuoco alto

Sono passati mille anni e non era che un giorno
Sonno prendilo per i piedi buttalo nella spazzatura
nel fieno della sua tenerezza raggomitolato pugnala la vita
che il cancarone sparso nella stalla sporchi il sangue carte su tavola niente
nelle tasche niente nelle mani niente niente piú niente
sono passati mille anni e era una notte sola
un pesce spaccato per la lunghezza tiepida e il sogno ci risucchia nelle sue viscere
aperte i claxons non hanno piú forza i camion si sono parcheggiati
agli orologi nessuna finta

mezzanotte passa il mondo passa
e io passo tutto passsa ammassiamoci coprifuoco nella folla densa lenta non vi è ness'unaltra via d'uscita fa freddo fa caldo e il sogno è una carta assorbente ancora un mucchio di ferraglia tra invincibili saluti dell'aurora tra gli stracci infamanti delle infanzie squisite del ricordo caldaie da bucato in testa materassi materassi sul tetto delle auto vi ho visto in Spagna e il dolore mi fa ancora fremere con tutta la ridicola potenza che l'uomo crede aver domato ne abbiamo viste molte altre e la paglia e l'asse la quaglia e il fucile delle poltrone Luigi XV a brandeburghi sul petto e delle casse gabbie bagagli tutto forbito colocato infangato macchie di sangue sulle lenzuola gli sguardi fustigati perduti nei ritornelli adulterini delle tracce di passi nel fango che sappiamo delle case abbandonate della morbida intimitá desbordante dalle viscere del pesce sventrato dal confuso ammasso dei pensieri stonacati dei maniaci muffe delle ripetizioni e degli stracci coltivati in giardini pensili di tutte le miserabili grandezze e del latte oscuro della passione la vita multiple degli umani naufragati che siamo mucchio di imbecilli abbandonati a la noncuranza dei solstizi tenera tenera è la notte
agli scampati della paura
il sonno immobile
la pietra al collo


mille anni sono trascorsi e era una sola notte
non sono re magi che sento sotto la finestra non sono buone notizie che sento abbuffare lo spazio non è la porcellana dei gorgheggi
tra i rami gioia aperta ai bambini
che odo nella mia miseria
sono nudo di speranza
annodata all'albero vertiginosa ramificazione di fronde aspetto la folgore e il lampo
mi offro all'ascia del taglialegna dall'alto in basso e con un solo coplo che spezza la vendetta della terra e si rianima la folgore nei pressi del mio sfinimento
son passati mille anni e solo era una notte e anche questa notte notte i re magi marciano a scaldare la gioia dei camini cantando trasformare la sabbia in erba dolce la pietra in sorgenti e le ortiche in cristallo nelle conchiglie c'è sempre il riso lontano soggiorno delle caravelle di briganti mille anni di riso in una sola conchiglia e mille conchiglie chiuuse nel cuore della mia ben amata dove sei testa di spiedo
in quali onde di velluto si è perso il sogno assurdo di nuovo le strade si sono alzate con il sole lentamente lentamente gli occhi sbattuti la nebbia in testa nel ventre quanti kilometri dalla Porta della Muta un mondo intero ci separa
è giorno a Parigi non ci sono piú venditori di vestiti Parigi è cieco e le discariche sono vuote i mercati coperti di tegole di silenzio la Flora tapezzata da rose del deserto notte nera non riconosco piú le strade del mio quartiere avanza dunque testa d'impagliato
a Parigi non ci sono piú patate fritte è scuro a mezzogiorno ecco l'artiglieria sbocca a in senso contrario è spenta e grigia come la nostra avanzata andate testa di porco
è il crepitare della mia giovinezza che sibila tra le mitragliette leggere anch'essa spente
specchio senza risorse,
Parigi Parigi mia cittá aperta ritorno indietro cittá aperta agli assassini vestiti a festa cittá proibita venduta insozzata tumefatta nella luce insradicabile della tua primitiva fierezza la Tour Saint-Jacques resta ove risuona il riso di Desnos e il riso ricade in mille petali di polvere sollevano sul selciato lo spavento degli usignoli sono e battelli lavatoio che vanno a la deriva è l'Ile de la Citá dove si imbrogliano le ali i canti sono costernati in pose eterne i gesti familiari ritrovati a quest'ora si dice che non la rivedremo mai piú
Rigaud gare Montparnasse Benvenuta stazione a te cosí vanno le cose all'immortalitá se credere in una buona partenza non fa male a nessuno i nostri sono partiti portandosi via il nostro cuore pezzo per pezzo e mattone dopo mattone si spoglia la cittá dei pianti
Crevel Passy Concorde strazi dementi fummo di questo mondo ove manate di mani nascevano sullo slancio amico delle libertá tenaci la Senna tra Via du Beaune e des Saints-Pères quante sbornie colarono nelle nostre vene e se en andarono ad ingrossare i debiti dell'aurora o Closerie questa notte o visto affondare tanti lillá nelle tombe aperte che la mia vista si confonde
quanto altri lo hanno conosciuto come Unik di Via Vaugirard l'Ile Saint-Louis Montmartre Auteuil Porte Saint-Denis era la guerra di Spagna al tempo della purezza e noi correvamo al centro incandescente di braci nessun orrore al mondo ci avrebbe fermato tanto i nostri cuori martellavano alla stessa cadenza la tragedia serena che ricopriva il sangue delle strade
Madrid pietra sigillata nel mio dolore antica cittá chiusa all'amore come il mio amore tradito Parigi mia cittá aperta torno indietro i sentieri battuti delle mie giovano estati ove sono le passeggiate e scoprendo Parigi la Ferme di Belleville o il libro d'ore pagina a pagina al tornante delle risa Paul ancora ti vedo tra il manifesto LU e quello di Bovril la Porte de la Villette che amavi come un indovinello la cittá si gargarizza di claxons d'autobus i rami dei metro fanno scaturire geysers le donne sono regine vanno come chiatte ignare della loro bellezza le loro teste sono altrove
en abbiamo contato i carichi impalpabili tesori che passano a filo d'acqua passaggi o passaggi pazienti impazienti passiamo sui nostri amori ci porterebbero troppo lontano le fiamme si sono spente ai quattro angoli del mondo e i miei amici sono morti proprio nel cuore di Parigi
non sono mica nato ieri
e le rime intorno alla vita il sole a bandoliera le dolci pozioni torttando alle mie tempie l'aria di festa che attraversa il petto la gaiezza carnale che si eleva
offerta in onore di questa luce


Tristan Tzara
da “ A Haute Flamme”
trad genseki

lunedì, ottobre 13, 2014

Tan Dun: Zheng Concerto [4/4]

A fuoco alto


Avevo centomila anni
ed eccomi gregge ed eccomi foglia morta de eccomi fresco alberello che scuote la chioma davanti a colui che io sono mentre passo in mezzso agli altri
il blu filava la lana o folle o mischie e io seguivo docile la stella strana stella verso quali tardivi re magi conduceva la speranza schiantata con la dura catena ai polsi delle strade stella di sventura luce cardinale ero io o non lo ero piú non sapevo che cosa dire tanto la tristezza conquistata alle parole semplici sbarrava il cammino della ragione che sfuggiva
mai estate piú splendida
mai bellezza accecante ci trovó piú stupidi di quanto fossimo allora sulla strada senza fine dicevano è bel tempo non credevamo ai nostri occhi e nemmeno ci pensavamo ed era inutile nei fiocchi di luce sprofondava la ragione in mulinelli sfavillanti della memoria che avremmo dovuto fare dei giochi amorosi nascosti nell'abbaglio muto della coorte
l'uccello agli anelli del suo canto infilava interminabili promesse di fidanzamento e nell'añpiezza di un popolo intero al centro delle meraviglie sonore e vive ero io solo coperto di solitudine
mentre camminavamo andavamo affanti di bellezza straziata nelle nostre mani ciascuno la sua solitudine fiore solitario invisibile candore che nasconde il rimpianto e la paura senza conoscere da sola la fatica dei nostri corpi invasi tratteneva il pensiero su questa terra maledetta
al diavolo le sofferenze e che si spiaccichi il cuore lunghe crepe al cuore dei muri impliciti sottile speranza sul filo di quei giorni perché la morte unanime non ci ha compresi nel gruppo designato alle maree della dimenticanza inghiottiteci onde assurde nel letto dell'oblio dolce dolcezza dell'oblio

Tristan Tzara
trad. genseki

lunedì, ottobre 06, 2014

La gerarchia di esclusione



La gerarchia di esclusione è una tassonomia sviluppata nella serie fantascientifica di Orson Sott Card “La saga di Ender”, per classificare gli esseri viventi:

Utlannings:

Forestieri del proprio mondo, come persone di un'altra nazione o di un'altra lingua o di un'altra cittá;

Främlings

Sono persone della stessa specie ma provenienti da un altro mondo: pianeta, sistema solare o galassia;

Ramen

Sono esseri viventi di un'altra specie con cui è possibile comunicare, convivere, raggiungere accordi;

Varelse

Sono esseri viventi con cui non è possibile la comunicazione, che non hanno punti in comune con l'umanitá, di essi non possiamo cogliere gli obiettivi e le motivazioni che li inducono ad agire in un modo piuttosto che in un altro.

L'inclusione in una o nell'altra categoria non dipende dalla natura dell'oggetto della classificazione ma da chi la produce. Cosí per esempio gli africani o gli aborigeni australiani sono stati classificati Varelse poi e a volte Utlannings.

genseki


Rosa Chacel

Rimprovero

A Sara e al suo gioiello

Dimmi, la perla, il frutto della tua mano, quando maturerá
Un cuore come il tuo, puro e duro, insensibile all'arsura!
Ben fermo , al tuo dito, come un ramo bianco, non ti pesa mai il suo peso?
Come puó conservare tanto a lungo il segreto del tuo io improrogato?
...
Leprotta bianca, non ti trovó forse tua madre in una perla?
Anch'io, pensaci, dove saremmo senza l'autunno dorato e la sua vendemmia?

L'anello d'oro, peró, conserva il frutto della tua mano, la tua banbina è chiusa
Nel suo guscio bianco, puro e duro.
Diró al sole che non sprechi i suoi raggi.

Da: "Otros Poemas"

trad. genseki

*

A Teresa

Appena ti conosco, ma in cambio
Conosco bene quel laboratorio
Dove, molti anni prima che nascessi
Si condensava la tua pura idea.

Perché anima e corpo hanno soltanto
Una bocca insaziabile in comune, gli occhi,
Per questo ben conosco le materie mischiate
Nella dolce pozione frutto della tua formula

So che furono gigli e l'Angelo Caduto,
E fogli grigi, appesi a una bacheca
Ove Platon parlava seguendo il carboncino
Dal petto di un atleta o da una fonte sacra.

So che nell'aule e negli spessi tomi
Le parole spogliate ci mostrano le viscere
E anello dopo anello, la magica catena,
Con cui amore, logica e numero le uniscono.

E tutto in primavera, nell'autunno, in inverno
In estate, tra i pini ove piangon le tortore
Sui sentieri ombreggiati da pioppi e da betulle:
Tutto questo sommato genera un bene: Teresa

Da "Otros poemas"

Trad. genseki

*

La colpa

Sera allo Zoo de La Plata

La colpa sorge all'occaso
Oscuritá la rischiara
Il tramonto le è aurora...

S'ode l'ombra che avanza da lontano
Quando sugli alberi il cielo è sereno
Come una pampa verde-azzurro, intatta
E il silenzio percorre i quieti labirinti di arrayanes

Giungerá il sonno: resta allerta l'insonnia
Prima che cada la cortina oscura,
Gridate almeno, uomini,
Come il pavone meccanico che gracchia il suo lamento

Straziato tra i rami dell'araucaria,
Gridate con multiple voci
Pigolate tra i rampicanti
Tra le edere e le rose
Nel glicine cercate rifugio
Con tordi e passeri
Perché avanza l'onda della notte
La sua assenza di luce,
L'ospite suo implacabile
Dai passi felpati, il pericolo ...

da: "Otros poemas"

trad. genseki

*


Are You Safe Now ? Tokiko Kato|今どこにいますか 加藤登紀子

giovedì, ottobre 02, 2014

Tan Dun: Zheng Concerto [3/4]

Origini



Ho conosciuto la tua fonte, o fiume:
Era acqua frizzante come l'uncinetto che rapido attraversa
L'indumento rigido della roccia. Sì, per davvero,
Fiume, ho conosciuto la tua fonte.

Con il palmo della mia mano ho toccato la tua frescura,
Il tuo indimenticabile splendore
l'erba novella era in attesa del tuo bacio.
Con il palmo della mia mano ho toccato la tua frescura

Rossa e nera era la forma eterna della roocia
scolpita dal vento, da cima a fondo
In estate roventi, inverni a lungo dimenticati.
Nera e rossa era la forma eterna della roccia.

Proprio cosí, non l'avrei mai lasciata la tua fonte
Mi ci sarei bagnata, piuttosto, battezzata , e illuminata
nella sua primordiale luce santa,
No, no, non l'avrei mai lasciata la tua fonte.

Nina Cassian
Trad genseki


mercoledì, ottobre 01, 2014

Tan Dun: Zheng Concerto [2/4]

Variazioni digitali su Alcyone di G D'annunzio

Ho regolato il segno lucido

lasciando la schiuma delle sue labbra:

nomo i vecchi e la recente

So che li compongono con arte bella.

I musicisti hanno modi umani

diversi dal dorico al frigio:

Melodia divina infinita

Creo nell'esiguo vestigio.

Indurimento d'onda trascrive

l'esecuzione sulla sabbia bagnata;

attraverso il mito fuggitivo

accordi e pause avvincendo.

O mia sabbia melodiosa,

vostro non è un granello di silice

Vorrei donare la pomice Ascosa

fonte dell'ìlice d'ombra.

Brilli innumerevole e immensa

Crescendo alla mia scrittura;

e l'acqua che bevete l'addensi,

l'induri sale sterile.

Il rilievo così sottile,

dedotto con arte in modo frugale,

che gli uomini infranga puerili

d'archi davanti al

 sopracciglio .

Di tanto in tanto impronta trisulca

le caratteristiche intercide;

peste umana, se vi opprimono,

impregnati di luce e sorrisi.

Figure di neumi son Elle

in questa concordia discorde.

Curva, O cetera io suono,

o un plettro il dito ti morde.

Spendo; e il grande Concento

taciturno dentro di me è soddisfatto,

dall'unghie del mio piede d'argento

alle vene nelle mie tempie.

Scerne l'orecchio con calma

i toni dell'onda che giunge,

Indago con chiara pupilla

più di ogni segno  lene;

genseki

martedì, settembre 30, 2014

Tan Dun: Zheng Concerto [1/4]

Léonidas

Sei tu la mia donna? La mia donna, fatta per raggiungere l'incontro con il presente? L'ipnosi della fenice desidera l'incontro con la tua giovinezza. La pietra delle ore la investe della sua edera.

Sei tu la mia donna ? L'anno del vento ove guerreggia una vecchi nube partorisce la rosa, la rosa della violenza.

La mia donna fatta per raggiungere l'incontro con il presente.

Si allontana la battaglia e  lascia un cuore d'ape sulle nostre terre, l'ombra desta, il pane ingenuo.

La vigilia scivola con lentezza verso l'intimitá della festa.

La mia donna fatta per raggiungere l'intimitá del presente.

René Char

trad genseki