lunedì, febbraio 06, 2012

Democrazia senza politica


Qualche giorno fa, mentre viaggiavo da Milano a Roma, ebbi, l'opportunità di sperimentare in persona l'ostilità che circonda il tentativo di ridurre il debito sovrano italiano e imporre abitudini più competitive ai ritmi languidi di questa cultura mediterranea.
Camionisti indignati che bloccavano le autostrade, tassisti che fermavano e loro vetture e la maggior parte dei treni cancellati. Gli studenti scrivevano slogan: “alla merda l'austerità” sui muri scrostati di color ocra. I commercianti, scontrosi, sorridevano solo ai gruppi di turisti cinesi invernali.

Tutti questi scioperi e tutta questa animosità erano diretti contro le riforme proposte dal governo “antidemocratico” del primo ministro Mario Monti e il cosiddetto gabinetto tecnocratico, proprio mentre questi faceva pressione su Angela Merkel a fine di moderare l'autoritarismo fiscale tedesco e lasciare un certo margine di crescita per la zona Euro. Alla fine dell'anno scorso, siccome non sembrava che fosse possibile che i politici eletti si chiarissero le idee, il presidente Giorgio Napolitano designò Monti perché formulasse e portasse avanti le riforme strutturali essenziali prima delle nuove elezioni del 2013.

Per disgrazia le proteste sbagliano obiettivo, l'Italia si trova nel pasticcio in cui si trova non per mancanza ma per eccesso di una forma putrida di governance. La democrazia elettorale italiana - come quella degli USA – è a tal punto dominata dagli interessi politici dei partiti che ha finito per essere disfunzionale e del tutto incapace di far fronte alle difficili sfide che affronta il paese.

Monti, la cui saggezza senza pregiudizi e la larga esperienza come commissario europeo sopo proprie di un meritocrata piuttosto che di un tecnocrata, ha ragione quando dichiara che l'assenza di personalità politiche nel governo sarà un vantaggio e non un ostacolo per avere una solida base per le riforme. Mi pare che la democrazia italiana come quella degli USA si è mutata in una vetocrazia, per utilizzare un termine coniato da Fukuyama. In una vetocrazia, i politici eletti stanno in mano al sentimento populista immediato e agli interessi speciali organizzati. In questo modo i partiti privano di contenuto qualsiasi poliica che cerchi di giungere a un compromesso per il bene comune a lungo termine anche prima che lo si possa votare nel Parlamento. Il progetto di legge che va avanti finisce per essere privato di sostanza e significato. Quindi quello che resta è lo status quo.

Nella sua opera fondamentale “Auge e decadenza delle nazioni!, il sociologo Mancur Olson spiegava che questa poderosa accumulazione di interessi organizzati nelle democrazie nella storia ha distrutto sempre gli stati, perché inevitabilmente genera deficit insostenibili e, proteggendo i gruppi interessati che cercano il proprio guadagno, deprime l'economia.

In Italia, oggi, i rappresentanti politici dei sindacati dei tassisti o dei commercianti non difendono una concorrenza aperta per facilitare la vita ai loro clienti, Gli impegati pubblici resistono al taglio dei posti di lavoro e di salario. I banchieri utilizzano la propria influenza sui legislatori per evitare regole. I ricchi si oppongono a pagare più tasse.

Nemmeno può essere la soluzione dare maggior potere agli elettori con una democrazia diretta e non rappresentativa. Se si votasse, quale pensionato starebbe a favore di tagliare il generoso contratto sociale di cui approfitta anche se il portafoglio collettivo italiano non lo consente?

Come si può vedere in California, in cui la democrazia diretta delle iniziative popolari domina la forma di governare, gli interessi particolari espressi dai votanti nelle urne, razionali se presi singolarmente, sommati possono diventare tutta una follia dalle conseguenze impreviste. Come conseguenza di una serie di iniziative approvate anni fa, che tagliano le tasse sul patrimonio e pretendono di castigare i delinquenti risulta che la California spende di più in carceri che in istruzione superiore pregiudicando così le basi del suo futuro.

La democrazia diretta è un'idea specialmente dannosa per la cultura nordamericana della Coca-Cola Light, in cui sembra che la gente desideri un consumo senza risparmi e un governo senza tasse, come sapori zuccherati senza calorie. Per peggiorare ancor più la situazione, il denaro dei gruppi di interesse che il tribunale supremo degli Stati Uniti consente a titolo di “Libertà di espressione” permette di distorcere e manipolare qualunque discorso onesto in qualunque campagna politica.

Per quanto difficile possa risultare ingoiare la sua dose di disciplina, la democrazia depoliticizzata che esercita il primo ministro Monti è la unica forma di governo possibile per mandare avanti l'Italia. E vedremo altri esempi in Occidente per gli stessi motivi che in Italia.

La stessa idea che ha ispirato l'intento di creare un “supercomitato” del Congresso degli Stati Uniti, intento che, per disgrazia, fino ad ora è fallito, è quella di eliminare le manovre di blocco al momento di formulare una politica imparziale e di senso comune per ridurre il deficit a lungo termine.
In California, un gruppo indipendente e con gente dei due partiti, chiamato Comitato di Riflessione a lungo termine, con membri come Eric Schmidt di Google, l'ex presidente del Tribulale Supremo dello Stato e la ex segretaria di stato Condoleeza Rice, ha avuto più successo e ha potuto elaborare un piano di riforma fiscale bipartisan che supera la rottura ideologica che da anni paralizzava l'Assemblea dello Stato. Nel 2014 il piano sarà sottoposto a Referendum. Il gruppo, inoltre ha proposto un organo non partitico, più formale, designato da membri eletti ma composto da cittadini di grandi conoscenze e esperienze per vigilare gli interessi a lungo termine della California.

In nessuno d questi casi si sta suggerendo di eliminare la democrazia di una persona, un voto, e neppure di trasferire la sovranità popolare, a una élite meritocratica come accade in Cina con il Partito Comunista. In tutti i casi menzionati il voto decisivo continua a essere nelle mani dei cittadini elettori. Quello che si elimina è la vetocrazia. In vece di agire solo per interesse egoista o dover sbrogliare la matassa di interessi particolari al momento di votare il pubblico potrebbe dcidere sulle politiche proposte da organi da cui ci si può aspettare che terranno conto dell'interesso comune a lungo termine.

Le attuali difficoltà per governare l'occidente suggeriscono che è necessario che la democrazia evolva verso la istituzione di organi con elementi meritocratici come contrappeso alla cultura politica degli interessi particolari e immediati che domina la democrazia elettorale.

Alla fine dei conti, le istituzioni meritocratiche con autorità delegata non sono un fattore estraneo alla democrazia. Abbiamo banche centrali indipendenti, tribunali supremi e potenti organi di regolamentazione in ambiti come l'alimentazione e i farmaci, l'ambiente e la salute anche nella California della democrazia radicale si sono concessi poteri essenziali a alcune commissioni nominate dal governatore per regolare lo sviluppo della costa, supervisare la distribuzione di acqua e energia e amministrare l'università pubblica dello stato. Tutti questi organi rispondono al cittadino perché sono nominati da rappresentanti eletti democraticamente, ma allo stesso tempo stanno fuori dal processo elettorale propriamente detto.

L'esperimento di democrazia depoliticizzata in Italia sarà seguito con grande attenzione come possibile antidoto alla paralisi e alla disfunzione che affliggono oggi l'occidente. Se la decomposizione politica può sboccare in un buon governo dell'Italia, il cammino intrapreso da Mario Monti sarà utile al mondo intero.

Nathan Gardels
Direttore di NPQ e Global Viewpoint Network di Tribune Media Service International, consigliere principale del Nicolas Berggruen Institute.
2012



domenica, gennaio 29, 2012

Flannery O'Connor



Flannery O'Connor

Da: "Sangue sapiente"

Ebbene io predico la Chiesa senza Cristo, sono membro e predicatore di questa chiesa in cui i ciechi non vedono e i paralitici non camminano e i morti restano belli morti. Chiedetemi di questa chiesa e vi dirò che è quella in cui il sangue di Cristo non intrappola con la redenzione.
  • È un predicatore disse una donna -. andiamocene.
  • Ascoltatemi tutti, porterò con me, ovunque io vada questa verità – grido Haze -
Predicherò che non vi fu caduta perché non vi era dove cadere, non vi fu redenzione perché non vi fu caduta e nemmeno il giudizio per mancanza delle due precedenti condizioni. Nulla ha importanza meno il fatto che Gesù era un mentitore.
Un ometto riunì le sue figliole e le le spinse di fretta dentro il cinema, re ragazzi se ne andarono ma arrivarono altre persone e Haze riprese daccapo quello che aveva detto. Anche questa gente se ne andò e altra sopravvenne e lui ripeté il suo sermone per la terza volta. Anche queste persone se ne andarono e non ne arrivarono più altre e restò solo la donna che vendeva i biglietti dietro il vetro. Non aveva mai smesso di fulminarlo con lo sguardo senza che lui se ne rendesse conto. Portava occhiali con diamanti falsi sulle stanghette e i capelli ammucchiati a salciccia intorno al capo. Schiacciò la bocca contro uno dei fori dello sportello e gridò:
  • guardi che se lei non ha una chiesa dove predicare, non vedo perché debba venire a farlo qui davanti a questo cinema.
  • La mia chiesa è la chiesa senza Cristo e se non vi è Cristo non vi è nessuna ragione per predicare in un posto fisso.
  • Guardi, disse la signora, se non se ne va subito da davanti a questo cinema chiamerò la polizia!
  • È pieno di cinema davanti ai quali predicare. …
Quella stessa sera predicò davanti a tre altri cinema.

trad genseki

martedì, gennaio 24, 2012



Toute règle de vie qui serait uniquement fondée sur une théorie philosophique et des principes abstraits serait téméraire : je ne puis différer d’agir jusqu’à ce que l’évidence ait paru, et toute évidence qui brille à l’esprit est partielle.
Une pure connaissance ne suffit jamais à nous mouvoir parce qu’elle ne nous saisit pas tout entiers : en tout acte, il y a un acte de foi.

Blondel

Ogni regola di vita che si fondasse esclusivamente su una teoria filosofica o su principii astratti sarebbe temeraria: non posso procrastinare l'azione fino a che si sia manifestata l'evidenza, e, inoltre, ogni evidenza che illumini lo spirito è parziale.
La pura conoscenza non è ma sufficiente a muovere i nostri atti: in oggni atto vi è un atto di fede

trad genseki

domenica, gennaio 22, 2012


Nella religione quello che proviamo per prima cosa non è un aiuto per la nostra attività, quanto piuttosto un fondamento per essere.

Zubiri
Il problema di Dio
trad genseki

Leggero


Leggero come la svolta ad una pagina
Tra pascolo e frangia di betulle
Come lo scoiattolo che osserva il beduino
a prudente distanza tra i bagolari
Come la corsa dei ciottoli dal versante
Al torrente che caccia innanzi
L'ombra furente delle ultime nevi.
Noi restiamo nascosti dietro gli specchi
Invece, dove poco a poco si accumulano
Le foglie morte, i ricordi, le elitre perdute
Da tanti ronzii, da prima che i rettili
Saettassero lingue vermiglie
E un vecchio dagli alluci pensili
Si mettesse a suonare il violino a testa in giù
Tra i rami del brachichito.
Leggero come il caffé del mattino
Mentre l'ultimo governo illegittimo bombarda
I binari
E la stazione si alza verso la spiaggia
Dove i gusci delle fregate affondano
Nel mare asperrimo di vino.
Leggero sarà per tutti con un lieve sorriso.

genseki

Illuminazione e mercato

Rileggendo il libretto di Thaddeus Golas, che risulta essere sconosciuto in Italia ma che pare aver goduto di un discreto succeso negli USA, negli ani settanta, prima che la letteratura meditativa, illuminativa, gnostica, e acquariana diventasse un genere niosamente reiterativo, mi è capitato di riflettere su come questo tipo di testi, nel momento del loro sorgere, nel momento della loro origine possedessero una umiliante capacità di seduzione di cui i loro attuali epigoni, sfuocati, sono invece totalmente privi.
Chi mai si lascerebbe sedurre davvero dai manualetti di Giacobbe o di Celestino? Invece Golas, come Leary, si che seducevano.
Castaneda merita un discorso a parte anche se i suoi epigoni maya e toltechi sono davvero pallide melense banalità senza neppure un ricordo della sua capacità di affabulazione.
La forza di seduzione del testo di Golas, come di altri è la stessa di un supermercato nel periodo di Natale.
Quello che Golas chiama illuminazione altro non è che la percezione intuitiva dell'universo delle merci come totalità autarchica.

L'illuminazione è lo spazio che garantisce la possibilità di godere dell'universo della merce simultaneamente e in modo iterativo.
La merce è merce solo per il desiderio, il desiderio è figlio della scarsità. L'orizzonte dell'illuminazione di quegli anni è l'illusione della possibilità di un desiderio che si riproduca nell'abbondanza, che sorga dalla sazietà, un desiderio che sia realizzato nel momento stesso del suo sorgere. Anzi un desiderio che sia originariamente anche la sua realizzazione. In modo tale che fin dal principio non si abbia nulla da desiderare perché tutto quello che si può desiderare è già in nostro possesso ma senza che per questo il desiderio venga meno.

L'illuminazione è come un supermercato di cui si abbia la sicurezza di aver comprato tutte le mercj godendo infinitamente dell'atto di comprarle.
Uno degli aspetti più ironici del testo di Golas, oltre quello di situarsi in un mercato atemporale, sta nel fatto che la pretesa di esporre un insegamento eterno si realizza in un linguaggio che in pochi lustri è diventato opaco.

Mi riferisco qui al passepartout costituito dalla parola “vibrazione”. Tutto quanto è sempre in vibrazione, le vibrazioni possono essere positive o negative, la vibrazione spiega tutto, ogni questione può essere ricondotta alla vibrazione senza che mai si spieghi che cosa sia una vibrazione.
Credo che questa buffa idiosincrasia vibratoria sia dovuta al sistema educativo americano del tempo che probabilmente enfatizzava il conoscimento scientifico e al suo interno quello della regina delle scienze di allora: la Fisica. In fisica “vibrazione” ha un senso. In metafisica non, non ha nessun senso, ma svolge la funzione di dare alla metafisica un'illusione del prestigio di cui gode la fisica. “Tutti gli essseri vibrano” ci insegnava Golas. E questo ci produceva come un solletico, un prurito piacevole. Adesso nessuno potrebbe più capire che cosa diavolo vogia dire questa frase. Adesso le scienza di riferimento sono altre, sono neurologiche e genetiche e tutta la retorica dell'illuminazione ha riconvertito i suoi utensili introducendo reti neuronali e mappe anch'esse neuronali e catene di Dna ,Adn e altre scientificherie.
Resta la nostalgia di questa illuminazione vibrante, come dell'immaginario del comandante Kirk in cui il senso del progresso si concentra nel momento il cui lui e il sig. Spok, il vulcaniano si fermano un istante esitando davanti a una porta trasparente che con un lieve fruscio si aprirà da sola. Finalmente.

genseki


El puntarrón

La prossimitá della follia


L'incapacità di riconoscere la follia, non ha proprio nulla di singolare, e oserei dire, che è  piuttosto prossima a essere la norma,  non si tratta di un fenomeno relativo a individui isolati, ma a intere nazioni che, come la storia ben lo insegna, spesso, a causa di tale influenza (...), si lasciarono condurre verso l'abisso dalla strana capacità di persuasione che possiede la logica apparentemente senza difetti del delirio, sebbene in essa tutto sia in sé contraddizione.

Juan José Saer
da "Le nubi"
trad. genseki

venerdì, gennaio 20, 2012

La posizione della finitudine

In che cosa consiste situarsi in modo corretto nella coscienza compiutamente posseduta della propria finitudine?
In primo luogo va detto qualche cosa a proposito di questa finitudine in relazione con il noi o con l'io di cui costituisce il limite.
La finitudine non è esattamente la morte. Perché anche in una prospettiva cristiana o induista i resurrezione o di reincarnazione quello che risulta cancellata è la morte ma non la finitudine, posto che sia la reincarnazione sia la resurrezione sono innegabilmente discontinuità che si articolano in fine e principio.
Pensare la propria finitudine è un esercizio ben arduo posto che, in realtà quello che siamo stati educati a fare è cercare in tutti i modi di considerarla superata, di stabilirci nel terreno sicuro della durata, sul suolo stabile dell'eternità.
Siamo stati educati a credere in valori che non periscono, a lottare per fini eterni, a stabilire principi immutabili. A pregare Dio.
Tutte cose, queste, assolutamente incompatibili con la nostra lamentevole finitezza.
Questo vale per coloro che hanno ricevuto un'educazione religiosa come per coloro che sono stati tirati su nell'ateismo, nell'agnosticismo, nell'epicureismo o nell'indifferenza.
Pensare la propria finitudine a partire dalla propria finitudine significa inevitabilmente pensare a partire da un dove che ha da essere un quivi e che non può essere mai uno dei tanti altrove. Un quivi definito nel senso strettissimo della sua infima spazialità, mettiamo che sia non più di un tatami, non può certo essere un quivi maggiore di un tatami!

Vi sono due modi principali di stare nel quivi, due tra molti. Uno è quello di radicarsi nel quivi come se si dovesse resistere ai venti pugnaci dell'altrove e come se il quivi fosse superiore all'altrove; l'altro è quello di considerare il quivi uno dei possibili altrove, cioè un caso particolare dell'altrove che per la coscienza della finitudine ci contiene come un quivi e non come un ovunque.

La coscienza finita è coscienza di stare sempre qui. Non perché quivi siano contenuti tutti gli altrove ma perché quivi è il solo altrove possibile per una coscienza finita.

Bisogna che il quivi della coscienza finita non è la negazione dell'altrove, è la forma dell'altrove dal punto di vista della finitudine. Insomma un tatami. La vita quotidiana nelle condizioni attuali, quasi ci obbliga a situarci nell'altrove.
genseki



lunedì, novembre 28, 2011

Heirich Heine

Crepuscolo

Sulla pallida riva del mare
Sedevo solo coi miei pensieri cupi.
Il sole calava all'orizzonte spargendo
Raggi rossi, roventi sull'acqua,
Bianche ampissime onde
Spinte dalla mareggiata
Spumeggiando rompevano con intenso fragore -
Un raro brontolio, sibili, sussurri,
Risa, mormori, sospiri e ronzi
Si confondevano con una ninna nanna.
Mi pareva di udire l'eco delle antiche saghe
Delle care favole arcaiche
Che da bambino
Udivo dai figli dei vicini
Quando nelle sere d'estate
Sugli scalini di pietra del portone
Quieti in circolo accoccolati
Ascoltavamo
Con piccoli creduli cuori
Ed occhi furbi e curiosi,
Mentre le ragazzine,
Accanto ai vasi di fiori profumati
Sedevano di fronte alla finestra,
Con volti di rosa,
Sorridendo alla luce della luna.

trad. genseki

Ritratto di Lisi che conserva in uno scrigno

In picciol carcer tengo imprigionato
Con la famiglia intera d'oro ardente
Il cerchio della luce risplendente,
L'impero grande dell'amor serrato.

E meco porto il pascolo stellato
Dell'alte fiere dal pelo rilucente
E ben celato al cielo de all'Oriente.
Dì luminoso parto migliorato

Porto le Indie tutte nella mano,
Perle che, in un diamante, quai rubini,
Pronunciano con sdegno vocal gelo;

Van ragionando poi fuoco tiranno
Lampi d'un bel sorriso di carmino
Aurore e gale che son pompa al cielo.

*

Quevedo
Trad. genseki

Quevedo



Conto ormai cinquantadue anni e in essi conto altrettanti funerali di me stesso. Irrevocabilmente morì la mia infanzia, la mia adolescenza, la mia gioventù, e anche la pienezza della mia matura etá. Allora come posso chiamare vita questa vechiezza che è sepolcro nel quale io stesso sono la salma di cinque defunti che ho vissuto?


Lettera a Miguel Serrano del Castillo del 16 Agosto 1653


Trad genseki



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venerdì, novembre 25, 2011

Enrique Morente canta a José Bergamín

José Bergamín



Il pensamento in sogno trasmutai.

Dante

Mi persi in un bosco oscuro
Sulla riva del mare
E non tornai a incontrare
Nessun cammino sicuro.

Come impossibile muro
Che non si può varcare
Sentii delle stelle il brillare
Nella notte così puro.

Come se il sentimento
Di verità si illuminasse
Simile al firmamento;

Come se si tramutasse
In sogno il mio pensamento
E il cielo lo rispecchiasse.

*
Sonetto inverso

Non so perché sto pensando
Che pur mi tocca morire
Ignorando come e quando.

Inorando come e quando
E dove, mi metto a vivere
Come se stessi aspettando.

Come se stessi aspettando
Di potermi addormentare
Ché non posso continuare
A senir che sto sognando.

A sentir che sto sognando
Per smettere di sentire
Che mi toccherà morire
Ignorando come e quando.

*

Trad genseki

Dussel



L'Altro non lo vedo come libero, come esteriorità; non lo posso pensare, è impensabile, perché l'Altro, lui si rivela a partire da sé, in modo che si trova oltre il logos; è quello che cercava Feuerbach, quello che cercava Heidegger. “Oltre la totalità si trova l'Altro nella sua lbertà, nella sua parola che irrompe sempre come ciò che interpella, perché sorge da oltre la totalità, come ciò che ancora non ha senso, perché appunto si trova oltre ogni senso. Se parla come ciò che già ha un senso vuol dire che è ontico, mondano.

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L'Altro parla e la sua parola trova in me, non un occhio, bensì un orecchio. Per i greci e i moderni, il mondo è l'ambito della luce, lumen, “l'intelletto agente” è luce che illumina. L'intellegibile è l'illuminato, La parola dell'Altro, tuttavia, si trova oltre, nell'oscurità; in modo che la sua parola irrompe da oltre la luce.


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Nell'esperienza del faccia-a-faccia riconosco l'Altro come ciò che si trova oltre il mio mondo. Per questo, sto esplrando il limite del mio mondo; mi sto riconoscendo come non unico, bensì finito.

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Il codice di Hamurabi, antico (una piccola lapide nera del Louvre) dice: “Ho fatto giutizia alla vedova, all'orfano e al povero”, queste paroel non le avrebbe mai scritte un greco e nemmeno un moderno. Vediamo che cosa significano. La vedova non è una donna qualsiai, è la donna senza casa e la donna senza casa nel mondo mesopotamico è l'Altro perché è colei che resta esposta alle intemperie. L'orfano non è come tutti i bambini è il bambino senza casa, quello che sta alle intemperie. Il povero, in questo caso è il nulla, senza città, senza città. La vedova, l'orfano e il povero, tutti e tre, sono l'esteriorità della totalità, chi sa far loro giustizia si apre all'esteriorità e ha una nuova esperienza dell'essere. Hamurabi era semita. Aristotele non disse mai nulla di simile nella Nicomachea, disse, invece: “l'amore è tra eguali” e quindi amore per quanti stanno nella totalità.

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Solo morendo alla quotidianità del mondo è come accade il pensiero filosofico, Chi non rinuncia mai alla quotidianità non può essere filosofo, chi si protegge nella sicurezza della totalità è morto

e non può pensare.


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La cosa più reale di tutto quanto è esteriore al mondo è proprio l'altro uomo in quanto è libertà.


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L'altro che si rivela sorge oltre quello che per me è l'essere.


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Un grande pensatore antihegeliano dice giustamente: “dall'ascoltare silenzioso sorge la comunià”. Chi è capace di ascoltare l'altro in quanto altro è capace di costituire una comunità e non una società totalizzata.
Trad genseki

Enrique Dussel



Abramo


Abramo
Ritorno ad Abramo. Era tanto tempo che non mi ricordavo di lui. Eppure improvvisamente ho sentito tutta la nostalgia di non appartenere più alla sua discendenza, di non fare parte dei suoi eredi. Sarebbe bello, quando sarà giunto il momento, sentire di reclinare il capo tra le braccia di Abramo.
Trovare la pace nell'essere parte della sua famiglia, nel sapere di essere foglia che si separa da quel vecchio albero che sempre rinnova in freschi polloni.
Ho spesso lasciato tutto quello che avevo per ricominciare altrove seguendo la voce del dio vanitoso del mio capriccio. Forse la voce, l'intenzione, la chiamata erano il frutto di superficialità, ma la partenza, l'abbandono stavano su di un altro piano, Nel movimento, non nelle se ragioni si nascondeva una qualche verità.
genseki

Murcia huerta