a cura di genseki
Il Testamento
Come fece un tempo Blacasso
Anch'io dispongo qui il mio testamento
Mentre sul prato ulula il lupo
Accanto al fuoco con buon mantello
Con molta legna nella legnaia
Cipolle e biada, patate e grano
Forti candele per lunghe veglie
Sano di mente e senza inganno
Questo ritengo vada disposto
Quando verrá la Dolce Dama
Quella che porta la lunga falce
Sottile e lucida come la luna
Voglio che il cuore che fu tanto ansioso
In quattro spicchi venga tagliato
E dato ai gatti del vicinato
Che sempre intesero il mio dolore
E lo calmarono con tante fusa
Quanti i suoi palpiti d'amor perduto.
Voglio che gli occhi che il sole accolsero
Lo custodirono sotto le palpebre
Fecero cuocere con i suoi raggi
Tanti pensieri ed orazioni
Siano interrati nell'orto di Enza
Germoglieranno a primavera
Come datura che inebria e stronca
Perché lo mescoli con l'amanita,
In libazione al Dio d'amore.
Tutte le dita le lascio agli alberi;
Non furon foglie e le invidiarono,
Forse potranno cadere in autunno
Sfiorate appena dalle libellule.
Il mio pisello: quel piccolino
Lo lascio a Edmo dal gran bordone
Perché ne apprezzi la tenerezza,
La delicata anatomia
Che sparse vita in bianche gocciole
Quando dovunque infuriava lo stupro.
I piedi poi li voglio donare
A tutti quelli che non sanno lasciare
La loro vita tanto tranquilla:
Con il lavoro, con la famiglia
Perché anche loro sappian godere
D'una gran fuga per i sentieri
Che van sparendo sotto le chiome
Dei grandi boschi o che il vento cancella
Soffiando ardente sopra le dune.
Le orecchie, infine, che hanno udito
Tante calunnie e maldicenze,
Che sono piene delle sciocchezze
Che in tanti anni hanno ascoltato
Le lascio entrambe a tutti coloro
Che non ascoltano le implorazioni
Di quanti soffrono e chiedono aiuto
Come castigo ben meritato.
Nell'annodomini duemilanove
Mentre sui campi infuria tormenta
Guardando i lupi dalla finestra
Con un gran ceppo nel focolare
Io sottoscrivo questo legato
E lo consegno allo Sfregiato
Perché ne curi l'adempimento.