Novellamente foglie d'olivo
Altro vento si disfa anche più chiaro
Ancora appena appena più chiaro
In questo sospiro dorato, di tromba o zampogna
E tutte quelle pelli che pendono dai pali
Con macchie di sangue rappreso,
Pelli di coniglio, pelli di lepre, di fauno, di leprecauno
Pelli di lucciola e di bisonte, e pelli conciate
Con il minio, con la cenere
Con succo di felci, con calce, con caolino
Aspettando un vento che apra la porta
La porta del monte, quella dell'arcobaleno
In una pioggia fitta di aghi, in un mulinello di conifere
L'osteria dove ci eravamo fermati a bere
Sporgeva pericolosamente inclinata
Sul burrone accanto al cedro, sul lago
E non vi era maniera di fermare il tempo
Lanciato giù per i foschi tornanti
Anche se era evidente che ogni gesto
Era infinito immobile nel sempre;
Ora sei tu nella libertà cava della foresta
Nello spazio incalcolabile del nulla
Noi qui i prigionieri delle posate,
Della teiera, delle briciole sul capodimonte
Noi qui strettamente contenuti nei limiti opachi
Dell'essere
Della vita
Non possiamo più conoscerti
Non possiamo udire il graffiare delle tue unghi sottili
Sulla pellicola sferica dell'esistenza come cinque lune d'argento
Affilate
Come dieci lune pallide sottili svelate alla fine in un sibilo solo
Avresti voluto tu abbandonarti nel grembo fresco di Kannon
Udire con le sue mille e mille orecchie
La solitudine e il dolore del mondo
E mutarti, rivelata a te stessa compassione universale che non godesti
Il vento risveglia lo splendore dell'erba
mescola rosmarino e mimosa in un solo abbaglio
A una svolta si sciolgono i capelli
Come grandine battono sull'eternit le perle di Proserpina
Da un angolo hai visto il mondo
Dal tuo angolo senza pretendere più di uno sguardo
Dal mondo e sul mondo
Scontrosamente certa di non poter pretendere altro che quella insicurezza
Di bambina amara per sempre
In un bosco di mandorli su prati di prezzemolo, sfogliando la fredda
acidità
Del croco
Grano a grano, magra, tu ferita dalla nebbia
Lui averbbe dovuto essere li lei con il suo cappotto blu
Lui biondo e con la febbre, lei con le bende virginali
Ritta sulla luna, sul serpente con la tua valigia nella mano
Piena di foto, adesso, di cioccolato e di speranza.
Dove si erano smarriti?
Le dita delicate delle fave escono dalla terra
A liberare le anime dei morti recenti
de è tutta una festa di nebbia che tintinna, che trilla
Sbronza d'api come fibbie sul broccato delle crucifere
Avresti dovuto essere per un momento la mia bambina
Cercare la mia mano con gli occhi spalancati
Avrei asciugato le tue lacrime se cadendo ti ferivi le ginocchia.
Avrei asciugato le tue lacrime, sai?
Morendo mi sveli alla morte mi spalanchi la sua porta
C'è vento
I tuoi occhi non li riconosco
Sono di rame i tuoi occhi adesso
Il vecchio barbuto getta i remi sul fondo del suo palustre barcone
I fiori qui sono acidi come il gelo della primavera
La tua moneta la stringi contro il petto
Nelle manine la serri per non dargliela
Cerchi le tue lacrime che fuggono su su per le funi di pioggia come insetti opachi
Gli occhi del vento hanno pupille come ali di bronzo
Che si aprono e si serrano con fragore.
Adesso posso percorrere tutti i sentieri
Nella febbre incipiente del disgelo
Sono un seme, lo sai? piantato dalla tua morte.