domenica, maggio 07, 2023

Jacaranda

Jacarandá


Dopo il breve nubifragio che nonostante la sua violenza non ha alleviato la morsa dell’arsura, improvvisamente, sono fioriti gli alberi di Jacarandá. Baldacchini di campanule viola, un viola che sfuma nel celeste, che risalta sul verde dei prati o dei boschi, ove ancora si trovino prati verdi, con la stessa forza elettrizzante con cui risalta sullo sfondo del cielo più terso.

Nuvole grate alla vista, grate all’anima che beve il loro sfolgorante colore e si disseta dall’aspra aridità dell’ansia. Dondolano a mezz’aria le loro squisite campanule, si cullano nella brezza con movimenti impudichi. Chiome di fiori, fioriture febbrili che annullando le foglie, sembrano nutrirsi direttamente della luce e del colore del cielo. Miracolosi sciami vegetali che trasformano la luce in colore, un colore dove la vista riposa, s’annida, si raccoglie in una forma di frescura propria di altre contrade. I viali sembrano percorsi dagli strascichi di vergini giganti in processioni quesi immobili. Che ebrezza vertiginosa ci inonda allora e ci lascia con un gusto dolciastro che sfibra i sensi. La brezza che le scuole fa cadere, infine i loro fiori le chiome sembrano allora specchiarsi sul selciato, come sull’acqua limpida di un canale grigio . I fiori caduti si incollano alla suola delle scarpe con un rumore che produce la sensazione di schiacciare un tappeto di insetti: scarabei o scarafaggi.

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