giovedì, novembre 26, 2009

Alfonso Cortés

La pietra è una delle forme estreme che la ricollocazione dell'Io raggiunge nella poesia del Nicaraguense Alfonso Cortés. Unpoeta la cui personalità si confonde con insostenibile intensità con l'immensitá del cosmo. Cortés colloca il suo Io nell'intimitá della pietra attraverso l'osservazione allucinata dello scorrere del tempo. La pietra è ció in cui il tempo sembra raggiungere il limite massimo di viscositá. La coscienza allucinata della pietra è coscienza di un quasi limite del tempo.

genseki


Le pietre


Le pietre, ahimé, le pietre hanno un segreto
Dolor che appare come in carni vive
Quando con egoismo sofferente e discreto
Sembra che la vita abbiano a sdegno
E s'oppongano al tempo tenacemente schive
Come se volessero interromperne il regno.

Son mute e rassegnate con il vento
E con l'acqua, non nutrono altro intendimento
Che ribellarsi contro la lor sorte
E sopportar con disdegno il fato,
Ben oltre l'acqua, il vento il fuoco irato
Senz'ansia, forza, vita, senza morte.


È un prometeico supplizio senza nome,
D'essere bestia o albero peggiore
Enti di un'era all'uomo anteriore
Condannate da una vendicativa norma
In sé prigioni – forse perché un giorno
Tolsero al caos il dono della forma.

Vantando invano un simbolo vero
All'apparir del volto della luna
Indagano le cose del mistero,
Aprono al vento che audace le flagella
Le bocche atroci prive di favella
Alzano teste senza alcun pensiero.

E forse in una forma di esistenza
Piú ampia della personalitá,
Vive la natura nella loro coscienza
E ignorano, tanto a lungo han consevato
In sé gli Annali dell'Eternità,
Ch'oblio non v'è ove memoria è spenta.


La pietra viva


La pietra si sveglió (pietra pur era
Come le altre che stanno nel monte
Muschio la pelle e edera le vene)

Gli occhi dischiuse (In quell'ora rara
Che s'illumina il sole come un rogo
Per scaldar la capanna del pastore).

Ecco due passi, intanto, (Era sonora
E barbara la pendice montagnosa
Il vento pettinava la sua cupa chioma).

In tremito interiore si inquietava
La pietra fin che l'ansia
Aperta fe la bocca ai suoi pensieri:

Dove sei mai? Dove sei mai, distanza?
Irrelata de il tempo smisurato,
E quello che Dio è, sola fragranza?

Svestitemi vi prego questa tunica
Con essa l'esser mio non è che cosa,
E la forma il carcer della vita.


Trad. genski






1 commento:

Unknown ha detto...

Ghiannis Ritsos


Pietre

Vengono, vanno i giorni, senza fretta, senza
imprevisti.
Le pietre ammutoliscono nella luce e nella
memoria.
Uno usa una pietra per guanciale.
Un altro, prima di nuotare, lascia i vestiti
sotto una pietra
ché non glieli prenda il vento. Un altro
ha una pietra per sgabello
o come picchetto per il campo, al cimitero,
nell’ovile, nel bosco.

Tardi, dopo il tramonto, tornandotene a casa,
qualunque pietra della spiaggia tu posi sopra
il tavolo
è una statuetta – una piccola Nike o il cane
di Artemide,
e quella su cui un adolescente posò i piedi
bagnati a mezzogiorno
è un Patroclo dalle ciglia ombrate e chiuse.

Traduzione di Nicola Crocetti


Poesia n. 239 Giugno 2009
Ghiannis Ritsos
La poesia delle cose
a cura di Ezio Savino
e Nicola Crocetti
Crocetti Editore 2009