Perché Rimbaud, dunque? Perché egli ci ha trascinato su quell'alta torre dove risuonano come bronzi sonori gli inni di Ambrogio, da dove il prato e le sue erbe si svolgono come filamenti di incensi luminosi su su fino alle stelle invisibili in pieno giorno.
E la tristezza della radura, ci insegnó, e l'allegria del volo dei corvi, il loro richiamo che ci saluta come vecchi amici che si incontrano inaspettatamente alla porta di una locanda. Non ci sono piú locande. Si puó ancora trovare la campagna di Novembre con i grandi, misteriosi cappelli delle Lepiote, archetipi di ombrelli sacredotali. E la sete che sale dal mormorio delle acque verdi dei torrentelli, una sete che nessun uragano di foglie potrá mai placare.
Cosí Rimbaud ha sigillato la nostra vita in uno scrigno di cuoio fulbé con un fiore appassito di jacarandá.
E con stupore la ritroviamo adesso in questa forma inaspettata. Pur sempre fedele. Tanto piú fedele quanto piú dimenticata.
Eccola! Ritrovata
Che? - L'eternitá:
Il mare che si mescola
Col sole.
Anima sentinella
Il credo mormoriamo
Del nulla della notte
E del giorno infiammato.
Da tutti i voti umani
Dagli slanci comuni
Eccoti svincolata
Volando via alla guisa.
Perché da voi soltanto
O braci vellutate
Il Dovere s'esala
Senza mai dire basta.
É morta la speranza
Nessuna epifania
la scienza e la pazienza
Son supplizio sicuro.
Eccola ritrovata
Che? - L'eternitá
Ove il mare
Si mescola col sole.
genseki
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