venerdì, giugno 18, 2010
giovedì, giugno 17, 2010
Hishiryo
Ecco uno dei testi di Dogen relativi a Hishiryo, si tratta del primo paragrafo del ZazenshiN:
"Quando il maestro Yakusan Kôdô meditava in posizione seduta, un monaco venne a porgli una domanda: "Che cosa pensa Maestro restandosene cosí seduto per terra?" Il Maestro disse: "Penso il non pensiero" Domandó allora il monaco: "Come si fa a pensare il non pensiero?" Ripose il Maestro: "Con hishiryo".
La traduttrice dell'edizione francese dello Shôbôgenzô da cui è tratto questo brano del Zazenshin scrive in nota:
Shôbôgenzô Vol I
Pag 23
Nota 2
Trad genseki
"Quando il maestro Yakusan Kôdô meditava in posizione seduta, un monaco venne a porgli una domanda: "Che cosa pensa Maestro restandosene cosí seduto per terra?" Il Maestro disse: "Penso il non pensiero" Domandó allora il monaco: "Come si fa a pensare il non pensiero?" Ripose il Maestro: "Con hishiryo".
La traduttrice dell'edizione francese dello Shôbôgenzô da cui è tratto questo brano del Zazenshin scrive in nota:
"... La parola shiryô è composta di due caratteri: Shi: pensiero e Ryô: misura e designa il pensiero analitico e discriminante. Ora, nel termine fushiryô (non pensiero) la parola shiryô è preceduta dal prefisso privativo fu-, in hishiryô dal prefisso privativo hi-. L'essenziale di questo dialogo dipende, effettivamente dalla sottile differenza semantica tra i due prefissi privativi: fu- e hi-.
Il primo indica l'assenza della cosa negata mentre il secondo indica la differenza di livello, di ordine."
Yoko Orimo Shôbôgenzô Vol I
Pag 23
Nota 2
Trad genseki
La parola shiryô sembrerebbe poter essere fatta coincidere con il concetto hegeliano di "intelletto" mentre il prefisso hi- sembra poter svolgere la funzione del verbo "Aufheben". Coincidenze linguistiche e teoriche davvero sorprendenti che meriterebbero di essere approfondite e asseverate.
genseki
mercoledì, giugno 16, 2010
Hishiryo
Hishiryo di Dogen è un concetto che puó essere letto in modo fecondo sulla base della dialettica hegeliana? Ovvero è possibile un'ermeneutica dialettica di hishiryo.
Certo hishiryo è enunciato non come una legge ma descritto come una pratica, come un modo di funzionare della coscienza.Questo modo della coscienza hishiryo non è l'enunciazione universale della dialettica? In che misura hishiryo è la forma della coscienza che aderisce all'imperamenenza, al divenire?
Il non pensiero in questo tipo di coscienza ha una struttura a prima vista lineare, è all'origine del pensiero ed è il punto o il momento del suo estinguersi: dal non pensiero sorge il pensiero e nel non pennsiero il pensiero si dissolve. Non vi puó essere pensiero senza non pensiero perché il pensiero non avrebbe né inizio né fine e quindi non avrebbe movimento interno. Un pensiero coagulato non lo si puó proprio concepire. Hishiryo sarebbe allora proprio questa forma: l'unitá inscindibile di pensiero e non pensiero non in sé ma in quanto oggetto della coscienza. La coscienza si identifica normalmente con il pensiero, la coscienza che si identifica con l'unitá di pensiero e non pensiero è la coscienza hishiryo, la coscienza dialettica.
genseki
1000
Quella precedente era la millessima entrata del blog che mi permetto di celebrare con Saint-john Perse in una mia non molto felice traduzione.
Perse forse il piú rigoroso seguace di Rimbaud, l'autentico continuatore anche se con una sottile vena imperialista coloniale e archeologica che la freschezza dell'ira rimbaldiana non prevedeva tra i suoi registri.
Perse, un Rimbaud piegato da molti anni di Africa, reso esatto e tagliente dai tropici e dal dominio.
Non potro mai dimenticare la bellezza cui si aprí il mio cuore alla prima lettura di Anabase!
Ora i cavalli della pioggia mi portano fino in fondo al verbo, prima di addormentarmi mentre le gocce crepitano sullo zinco del "poyo" e le bacche amare del giardino avvelenano lentamente il mio vecchio pastore belga.
martedì, giugno 15, 2010
Piogge
Piogge
Il banano della pioggia getta le sue radici sulla cittá
Un polipo frettoloso raggiunge le sue nozze di corallo nel latte d'acqua viva
L'idea nuda come un reziario pettina nei giardini del villaggio la sua chioma di bambina.
Canta, poema, nel tumulto delle acque l'imminenza del tema:
Canta, poema, nel vortice delle acque l''evasione del tema:
Alta licenza nel fianco delle Vergini profetiche,
Sbocciare di ovuli d'oro nella notte screziato del limo
E il mio letto, pronto, inganno! Alla frontiera di un tale sogno-
Proprio ove si avviva e crersce e comincia a girare la rosa oscena del poema.
Terribile Signore del mio riso, ecco la terra fumante del tanfo della selvaggina.
Vedova argilla sotto l'acqua vergine, terra lavata al passo d'uomini insonni,
E, fiutata, piú da vicino come un vino davvero rende smemorati?
Signore, terribile Signore del mio riso! Ecco il rovescio del sogno sulla terra.
Come la risposta delle alte dune alla progressione marina, ecco, ecco
La terra usata, l'ora nueva nei suoi scialli e il mio cuore visitato da una strana vocale.
II
Nutrici piene di sospetto, corteggiatori dagli occhi velati di maturitá. O piogge! Per le quali
L'uomo insolito mantiene il suo contegno che diremo questa notte a chi renda altezzosa la nostra candela?
Su quale nuovo letto, a che testa tetragona rapiremo mai la scintilla che ci vale?
Mute Ande sul mio trettp, ho una acclamazione scrosciante
Dentro di me, per voi o Piogge!
Porteró la mia causa davanti a voi: sulla punta delle vostre lance il mio bene piú certo!
La spuma delle labbra del poema come latte corallino!
E colei che danza come un incantatore di serpenti alla soglia delle mie frasi.
L'Idea, piú nuda che un coltello nel gioco dei volti.
Mi insegnerá il rito e la misura contro l'impazienza del poema.
Terribile Signore del mio riso, liberami dalla confessione, dall'accoglienza e da canto
Terribile Signore del mio riso, che offesa nelle labbra dello scroscio!
Quante frodi sotto le nostre piú alte migrazioni!
Nella notte chiara del mezzogiorna, anticipiamo piú di una proposizione
Nuova sull'essenza dell'essere.... o fumi presenti sull'altare del lare!
Tiepida allora la pioggia sui nostri tetti finí ugualmente per spengere
Le lampade nelle nostre mani.
III
Sorelle dei guerrieri di Assur furono le alte piogge in marcia sulla terra;
Con caschi piumati ben dritte, con speroni d'argento e cristallo
Come Didone premendo l'avorio alle porte di Cartagine.
Come la sposa di Cortés, ebbra d'argilla, tatuata tra le sue alte piante apocrife...
Ravvivavano di notte l'azzurro nelle culatte delle nostre armi.
Popoleranno Aprile nel fondo degli specchi dei nostri alloggi!
Non mi curo di obliare il loro scalpiccio alla soglia delle aule d'abluzione;
Guerriere, o gueriere per lancia e freccia fino a noi appuntite!
Moltiplicate ballareni di danza e d'attrazione terrestre!
Son armi a bracciate, ragazze a carrettate, ditribuzioni di aquile alle legioni
Un levarsi di picche nei suburbi per i popoli piú giovani della terra fasci rotti
Di vergini dissolute
O grandi manipoli scatenati! Ampi, vivi raccolti in braccia virili investiti!
… E la cittá è di vetro sul piedistallo di ebano, la scienza allo sbocco delle fonti,
Legge lo straniero, sui nostri muri i grandi manifesti annonari,
Nei nostri muri la freschezza, dove l'indiana questa notte riparerá a casa del nativo.
Saint-John Perse
Piogge 1946
trad. genseki
Il banano della pioggia getta le sue radici sulla cittá
Un polipo frettoloso raggiunge le sue nozze di corallo nel latte d'acqua viva
L'idea nuda come un reziario pettina nei giardini del villaggio la sua chioma di bambina.
Canta, poema, nel tumulto delle acque l'imminenza del tema:
Canta, poema, nel vortice delle acque l''evasione del tema:
Alta licenza nel fianco delle Vergini profetiche,
Sbocciare di ovuli d'oro nella notte screziato del limo
E il mio letto, pronto, inganno! Alla frontiera di un tale sogno-
Proprio ove si avviva e crersce e comincia a girare la rosa oscena del poema.
Terribile Signore del mio riso, ecco la terra fumante del tanfo della selvaggina.
Vedova argilla sotto l'acqua vergine, terra lavata al passo d'uomini insonni,
E, fiutata, piú da vicino come un vino davvero rende smemorati?
Signore, terribile Signore del mio riso! Ecco il rovescio del sogno sulla terra.
Come la risposta delle alte dune alla progressione marina, ecco, ecco
La terra usata, l'ora nueva nei suoi scialli e il mio cuore visitato da una strana vocale.
II
Nutrici piene di sospetto, corteggiatori dagli occhi velati di maturitá. O piogge! Per le quali
L'uomo insolito mantiene il suo contegno che diremo questa notte a chi renda altezzosa la nostra candela?
Su quale nuovo letto, a che testa tetragona rapiremo mai la scintilla che ci vale?
Mute Ande sul mio trettp, ho una acclamazione scrosciante
Dentro di me, per voi o Piogge!
Porteró la mia causa davanti a voi: sulla punta delle vostre lance il mio bene piú certo!
La spuma delle labbra del poema come latte corallino!
E colei che danza come un incantatore di serpenti alla soglia delle mie frasi.
L'Idea, piú nuda che un coltello nel gioco dei volti.
Mi insegnerá il rito e la misura contro l'impazienza del poema.
Terribile Signore del mio riso, liberami dalla confessione, dall'accoglienza e da canto
Terribile Signore del mio riso, che offesa nelle labbra dello scroscio!
Quante frodi sotto le nostre piú alte migrazioni!
Nella notte chiara del mezzogiorna, anticipiamo piú di una proposizione
Nuova sull'essenza dell'essere.... o fumi presenti sull'altare del lare!
Tiepida allora la pioggia sui nostri tetti finí ugualmente per spengere
Le lampade nelle nostre mani.
III
Sorelle dei guerrieri di Assur furono le alte piogge in marcia sulla terra;
Con caschi piumati ben dritte, con speroni d'argento e cristallo
Come Didone premendo l'avorio alle porte di Cartagine.
Come la sposa di Cortés, ebbra d'argilla, tatuata tra le sue alte piante apocrife...
Ravvivavano di notte l'azzurro nelle culatte delle nostre armi.
Popoleranno Aprile nel fondo degli specchi dei nostri alloggi!
Non mi curo di obliare il loro scalpiccio alla soglia delle aule d'abluzione;
Guerriere, o gueriere per lancia e freccia fino a noi appuntite!
Moltiplicate ballareni di danza e d'attrazione terrestre!
Son armi a bracciate, ragazze a carrettate, ditribuzioni di aquile alle legioni
Un levarsi di picche nei suburbi per i popoli piú giovani della terra fasci rotti
Di vergini dissolute
O grandi manipoli scatenati! Ampi, vivi raccolti in braccia virili investiti!
… E la cittá è di vetro sul piedistallo di ebano, la scienza allo sbocco delle fonti,
Legge lo straniero, sui nostri muri i grandi manifesti annonari,
Nei nostri muri la freschezza, dove l'indiana questa notte riparerá a casa del nativo.
Saint-John Perse
Piogge 1946
trad. genseki
lunedì, giugno 14, 2010
La giustizia
... penso alla frase di Samuel Beckett, una frase un po' strana "veniamo al mondo nella giustizia ma non ho mai sentito dire il contrario", è una frase strana, la possiamo comprendere a partire dal momento in cui comprendiamo che la giustizia è un presente, il presente di una trasformazione e conseguentemente stiamo nella giustizia quando condividiamo un tale presente, quando mi trovo in una riunione con i miei amici africani, sto nella giustizia e nessuno puó dire il contrario, non stiamo soltanto a favore della giustizia o a causa della giustizia, stiamo dentro la giustizia, e questa dimensione è, credo fondamentake, la giustizia sta sempre nel presente e io la definirei come un presente attivo,
Alain BadiouL'Idea di giustizia
Rosario Argentina
2 Giugno 2004
trad genseki
venerdì, giugno 11, 2010
Stupidaggine
Ecco un esempio di stupidaggine zen che indurrebbe a pensare che il pensiero di Dogen è condannato dai suoi seguaci a restare confinato nell'ambito di una subcultura:
"René Descartes comincia la sua riflessione filosofica con il detto: "Cogito ergo sum" - penso dunque sono. Anche i filosofi tedeschi Kant e Hegel mettono l'esistenza di uno spirito alla base della loro riflessione filosofica. Nel buddismo invece, quando parliamo di spirito, ci riferiamo a qualche cosa che supera la dimensione del pensare e della coscienza, perché lo spirito comprende l'universo intero."
Michel Bovay
trad. genseki
"René Descartes comincia la sua riflessione filosofica con il detto: "Cogito ergo sum" - penso dunque sono. Anche i filosofi tedeschi Kant e Hegel mettono l'esistenza di uno spirito alla base della loro riflessione filosofica. Nel buddismo invece, quando parliamo di spirito, ci riferiamo a qualche cosa che supera la dimensione del pensare e della coscienza, perché lo spirito comprende l'universo intero."
Michel Bovay
trad. genseki
Hishiryo
Il pensiero hishiryo è l'attivitá mentale che contiene il pensiero e il non pensiero. Che cosa significa queto contenere? Lo si puó comparare utilmente con un "Auhebung"? Cioè hishiryo è il superamento dialettico che toglie il pensiero e il non pensiero elevandoli a uno stadio di attivitá mentale superiore?
Sembrerebbe che il momento del non pensiero sia il momento della negazione del pensiero e che quello di hishiryo rappresenti la negazione di questa negazione, Il risultato del processo è hishiryo cioé la negazione della negazione del pensiero esperita nella "pratica". In hishiryo il pensiero è presente attraverso la sua negazione a sua volta negata,
Il pensiero di Dogen è cioé integrabile nella nostra tradizione filosofica? Questa è una integrazione possibile? Il pensiero di Dogen certo non merita di finire "yogizzato" o "oshizzato", puro prodotto da eboristeria biodinamica e serenitá a un certo prezzo, Il pensiero di Dogen merita di essere sottratto all'orientalismo e confrontato con Hegel e Spinoza fino a perdere la patina fastidiosa di orientalismo nipponizzzante che lo rende opaco . Il non pensiero è la forma che il pensiero ha nei corpi?
Il pensiero di Dogen puó essere liberato dai maestri zen? Da coloro che pensano che la cultura occidentale sia Sgarbi? È posssibile leggerlo senza assumere il bavoso atteggniamento intellettuale che si esprime nella frase oscena: "L'occidente non sa piú ma gli orientali hanno sempre saputo" e altri simili automatismi mentali? È poossibile un Dogen tradotto nella forma del sonetto e non nella spuria barzelletta degli pseudo haiku da medidatore da palestra?
giovedì, giugno 10, 2010
Blog chiuso
Il fatto che questo blog si definisca chiuso non vuol dire che non vi saranno piú nuovi testi, vuol dire che i criteri di apparizione dei testi risponderanno esclusivamente a una logica di sviluppo interno.
Al principio di questa attivitá avevo pensato che questo strumento di comunicazione permettesse di svuiluppare una comunicazione creativa e collaborazioni feconde tra molte esperienze individuali.
In realtá non c'é niente di piú autoreferenziale di un blog, e lo spazio dei commenti, dei blog molto frequentati è una seria di dichiarazioni che non giungono mai veramente a costituire una relazione dialettica con le altre.
Il fatto che questo blog si definisca chiuso vuol dire che intende scegliersi i lettori, anche tra i pochissimi che passano di qua, secondo i suoi propri criteri interni, Non vuole essere letto dal primo venuto e crede che se il primo venuto se lo merita debba sentirsi scomodo tra questi testi.
Al principio di questa attivitá avevo pensato che questo strumento di comunicazione permettesse di svuiluppare una comunicazione creativa e collaborazioni feconde tra molte esperienze individuali.
In realtá non c'é niente di piú autoreferenziale di un blog, e lo spazio dei commenti, dei blog molto frequentati è una seria di dichiarazioni che non giungono mai veramente a costituire una relazione dialettica con le altre.
Il fatto che questo blog si definisca chiuso vuol dire che intende scegliersi i lettori, anche tra i pochissimi che passano di qua, secondo i suoi propri criteri interni, Non vuole essere letto dal primo venuto e crede che se il primo venuto se lo merita debba sentirsi scomodo tra questi testi.
genseki
Hishiryo
Il pensiero hishiryo puó essere interpretato come la forma pura del pensiero dialettico? Tanto per essere un po' rozzi si potrebbe schematizzare in questo modo:
Pensare con il pensiero
Non pensare con il pensiero
Sintesi: Hishiryo, pensare senza pensiero
Pensare con il pensiero
Non pensare con il pensiero
Sintesi: Hishiryo, pensare senza pensiero
Ovvero pensare con un pensiero che contenga in sé il pensiero e il non pensiero. Questo sembrerebbe poterlo riassumere nella forma di un pensiero semplicemente assolutamente cosciente di sé ma molto dipende dal contenuto che si da all'espressione di Dogen "non.pensiero".
"Non pensiero" puó essere inteso come lo sfondo di coscienza necessario perché il pensiero possa delinearsi, lo spazio del pensiero e anche il suo tempo, lo spazio tempo del pensiero che costituisce il campo in cui il pensiero stesso si espande e che è difficile distinguere dal pensiero perché ha la sua stessa estensione. Il pensiero crea il suo spazio e il suo tempo, quindi il suo non pensiero e pensiero e non pensiero sono inseparabilmente legati come le due famose facce del foglio bianco, hishiryo sarebbe dunque la coscienza chiara di questa struttura del pensiero.
Per "non pensiero" si puó intendere tutto ció che non è direttamente pensante, ciòé la materia stessa che costituisce l'universo e il nostro corpo immobile, non direttamente pensante per la coscienza che in quanto pensante si percepisce come appunto separata dal corpo. "Non-pensiero" sarebbe quindi lo sperimentare il pensiero nella sua relazione con la sua materia, il processo del pensiero come immanente al corpo, la forma che la coscienza diretamente non sa cogliere che il corpo ha di pensare.
Si puó anche avanzare che il non pensiero sia entrambe le cose e quindi hishiryo la sintesi di entrambe: il non pensiero dei corpi sarebbe il campo dello spazio e del tempo del pensare della coscienza.
genseki
Ancora sull futuro
Visto da qui, il futuro assume una forma nuova, Quanto piú vasta si stende la regione del passato, tanto più si restringe quella del futuro, Non del Futuro, del futuro, di quello individuale, di quello del soggetto, dell'io, Ormai posso dire di non avere piú nessun futuro possibile come individuo e che sono finalmente in grado di considerare il Futuro in sé, non reso opaco dalla possibilitá di una mia ingombrante presenza che mi obbliga a vederlo attraverso di essa come attraverso un vetro molto opaco, Senza di me in mezzo il Futuro si fa cristallino, fresco, sonoro, libero come un gioco a cui tutti possono giocare dalla molecola al professore, dalla foglia alla stella, La sparizione della proiezione di me nel futuro, del futuro come mio futuro lascia finalmente libero il Futuro di essere semplicemente come è. Sulla soglia tra l'intimitá del passato e l'illimitata libertá del futuro resto seduto, incerto, speranzoso di una recente bellezza, con una mano dentro l'altra come un piccolo nido per il germe del divenire
genseki
martedì, giugno 08, 2010
lunedì, giugno 07, 2010
Questo blog chiude
Questo blog chiude oggi, Il cammino verso la liberazione delle parole da quanto le rende utensili, stupidi mattoni di un significato insignificante, il chiudersi progressivo o il dischiudersi del futuro a ogni prospettiva che permetta di pensarlo, il ritorno del futuro come puro elemento del ricordo e quindi come forza che sola puó redimere il passato, gettare luce nella sentina del trascorso. Tutto questo è un viaggio che genseki debe compiere da solo.
Gli amici, i pochi: la gaBiota di Solentiname, Lu Spataro di Quittengo la luminosa Maresa di bellezza dolente fibra a fibra e i pochi altri che qui non menziono per insicurezza potranno continuare a leggere i messaggi che continueranno ad apparire, le poesie e le traduzioni e il gentile Florestan con loro. Chi cerca senza facili illusioni oltre la barriera del dolore e del senso, la nostalgia del soggetto nel suo indicibile dirsi, ebbene anche lui forse potrá decidere di perdere qui il suo tempo. Per tutti gli altri questo blog è chiuso non potranno piú leggervi niente di nuovo anche se, forse avranno l'illusione di poterlo fare.
Addio
genseki
Gli amici, i pochi: la gaBiota di Solentiname, Lu Spataro di Quittengo la luminosa Maresa di bellezza dolente fibra a fibra e i pochi altri che qui non menziono per insicurezza potranno continuare a leggere i messaggi che continueranno ad apparire, le poesie e le traduzioni e il gentile Florestan con loro. Chi cerca senza facili illusioni oltre la barriera del dolore e del senso, la nostalgia del soggetto nel suo indicibile dirsi, ebbene anche lui forse potrá decidere di perdere qui il suo tempo. Per tutti gli altri questo blog è chiuso non potranno piú leggervi niente di nuovo anche se, forse avranno l'illusione di poterlo fare.
Addio
genseki
Il non ancora conscio
Il non-ancora-conscio, è certo, tanto preconscio come l'inconscio della repressione e quello del'oblío, e nel suo genere, è perfino un tipo di inconscio che presenta tante difficoltá e offre altrettanta resistenza che l'imconscio dell repressione. Tuttavia il non-ancora-conscio non è subordinato in assoluto a una coscienza manifesta, bensí solo a una futura, a una che deve ancora sorgere.
Il non-ancora-conscio è pertanto solo il preconscio di ció che deve venire, la sede psichica ove nasce il nuovo.
Si mantiene soprattutto preconscio perché in esso ci viene dato un contenuto di coscienza che ancora non si è manifestato, che sorgerá solo nel futuro; in ogni caso deve ancora sorgere obiettivamente nel mondo.
Ernst Bloch
Da Principio Speranza
Trad. genseki
Il compito del ricordo
La politica da ora verrá primo della storia. I fatti diventano qualche cosa che semplicemente è appena accaduta, definirli è il compito del ricordo. Davvero, il risveglio è il paradigma del ricordo: il momento in cui riusciamo a ricordarci del passato piú prossimo, piú banale, piú manifesto.
Walter Benjamin
trad. genseki
Walter Benjamin
trad. genseki
lunedì, maggio 31, 2010
Sul ricordo
Sul ricordo
Il testo precedente di Hamann, il mago del Nord, mi ha richiamato alla memoria quello celebre di Bordiga: la societá futura influisce giá su quella presente. Sorprendente concordanza tra l'antirazionalista Hamann e il rigoroso dialettico. O forse sorprendente neppure tanto, forse un'ulteriore conferma nell'involontaria e segreta vena gnostica dell'ingegnere napoletano.
Per quanto riguarda la fenomenologia del ricordo, ebbene il ricordo è in relazione con il futuro nella forma piú semplice de inmediatamente evidente: chi non ha futuro non ha nemmeno ricordi. Sospetto, pur non avendo mai potuto sperimentare uno stato simile che anche chi non abbia assolutamente piú speranza non abbia nemmeno piú ricordi. Il ricordo, poi, come oggetto del ricordare si dispiega da un passato a un futuro: quello che non ricordo oggi, forse lo ricorderó domani. Ricordare è qualche cosa che ha uno svolgimento temporale lineare. Vi è una modalitá del ricordare che seleziona i ricordi in funzione del futuro, sperato, desiderato o anche piú spesso temuto. Se il ricordo ha bisogno del futuro e se ove non vi è futuro nemmeno vi è ricordo è altresí vero che l'universo del ricordo si ampia nella misura in cui il futuro si assottiglia. Nella nostra vecchiaia regnamo su un vasto impero di ricordi, in esso ci rifugiamo, troviamo protezione e di esso godiamo riposandoci in esso delle fatiche dell'aver vissuto. Il limite del minimo futuro è quello della maggior estensione del ricordo, ma quando non vi è piú futuro nemmeno vi è piú ricordo.
Il testo precedente di Hamann, il mago del Nord, mi ha richiamato alla memoria quello celebre di Bordiga: la societá futura influisce giá su quella presente. Sorprendente concordanza tra l'antirazionalista Hamann e il rigoroso dialettico. O forse sorprendente neppure tanto, forse un'ulteriore conferma nell'involontaria e segreta vena gnostica dell'ingegnere napoletano.
Per quanto riguarda la fenomenologia del ricordo, ebbene il ricordo è in relazione con il futuro nella forma piú semplice de inmediatamente evidente: chi non ha futuro non ha nemmeno ricordi. Sospetto, pur non avendo mai potuto sperimentare uno stato simile che anche chi non abbia assolutamente piú speranza non abbia nemmeno piú ricordi. Il ricordo, poi, come oggetto del ricordare si dispiega da un passato a un futuro: quello che non ricordo oggi, forse lo ricorderó domani. Ricordare è qualche cosa che ha uno svolgimento temporale lineare. Vi è una modalitá del ricordare che seleziona i ricordi in funzione del futuro, sperato, desiderato o anche piú spesso temuto. Se il ricordo ha bisogno del futuro e se ove non vi è futuro nemmeno vi è ricordo è altresí vero che l'universo del ricordo si ampia nella misura in cui il futuro si assottiglia. Nella nostra vecchiaia regnamo su un vasto impero di ricordi, in esso ci rifugiamo, troviamo protezione e di esso godiamo riposandoci in esso delle fatiche dell'aver vissuto. Il limite del minimo futuro è quello della maggior estensione del ricordo, ma quando non vi è piú futuro nemmeno vi è piú ricordo.
genseki
Hamann
Il futuro determina il passato
Hamann
Trad genseki
Come si puó pretendere di avere un concetto adeguado del presente senza sapere del futuro? Il futuro determina il presente e questo determina il passato, cosí come l'intenzione determina la natura e l'uso dei mezzi.
Hamann
Trad genseki
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