César Vallejo
Trilce
LXII
Tappeto
Quando entrerai nella stanza che tu sai
Entraci pure ma sta bene attento a chiudere il paravento
Che spesso si socchiude
Tira bene la catena ché nn possano voltarsi altre schiene
Corteccia
Quando esci di che torni presto
A chiamare il canale che ci separa
Solidamente legato a un lato della tua fortuna
Ti so irreparabile
E mi trascini accanto alla tua anima.
Tappeto
Solo dopo la nostra morte. Chissà!
Solo allora saremo separati
Ma se al cambiar passo, toccasse a me
La bandiera sconosciuta, ti aspetterò di là
Alla confluenza dell'alito e dell'osso
Come un tempo
Come un tempo al cantone degli sposi
Occidenti della terra.
Da li ti seguirò lungo
Altrimondi, e potranno persino
Servirti i miei no di muschio contratto,
Per posarci sopra le ginocchia
Nelle sette cadute di questa salita senza fine
Perché ti fcciano meno male.
César Vallejo
Trad genseki
giovedì, marzo 17, 2011
La vergine
La Vergine che dipingemmo ascoltava
Le campane come mughetti
mescolava i rintocchi al latte
In un polline di fresca bianchezza
Le mosche ronzavano come rami
Nella festa dei fiori d'azoto
A sciami.
Le campane come mughetti
mescolava i rintocchi al latte
In un polline di fresca bianchezza
Le mosche ronzavano come rami
Nella festa dei fiori d'azoto
A sciami.
Giacinti e gabbiani
Volavano alte sai le ghirlande
Alte come la nostra conoscenza
Dei limiti, come gli spruzzi
Di non essere giacinti gabbiani
Sempre alle prese con la lama
Livida, con l'oscurità della soglia
Della memoria, con tutte le avventure
Della luna mentre tra la salvia
Correvano i roditori come palline di fumo
Coscienti dell'eternità di ogni trascorrere
Di quanto sia vischioso il divenire
E infinite le cause che ci ricamano
Su uno sfondo di pascoli e abeti
Seppia nella cartolina la tua scrittura
Inclinata e sottile mi diceva
Che la pietà non la conoscevi
Nemmeno per te ne avei ma avuta
Come eri alta allora sulla diagonale degli sfondi.
**
genseki
Alte come la nostra conoscenza
Dei limiti, come gli spruzzi
Di non essere giacinti gabbiani
Sempre alle prese con la lama
Livida, con l'oscurità della soglia
Della memoria, con tutte le avventure
Della luna mentre tra la salvia
Correvano i roditori come palline di fumo
Coscienti dell'eternità di ogni trascorrere
Di quanto sia vischioso il divenire
E infinite le cause che ci ricamano
Su uno sfondo di pascoli e abeti
Seppia nella cartolina la tua scrittura
Inclinata e sottile mi diceva
Che la pietà non la conoscevi
Nemmeno per te ne avei ma avuta
Come eri alta allora sulla diagonale degli sfondi.
**
genseki
La tua voce
La tua voce
Non sapevo fino a quando la tua voce
Avrebbe costituito la mia pena
Chiudendomi nella sua coppa
Nel rintocco sferico del suo cristallo
Che la purpurea lingua del vino
Lampo luminoso spezza prossima all'udito
La tua voce condanna di silenzio
La tua voce vero corpo di cenere
Le ossa della tua voce triturate nella memoria
Stridono come flauti senza rame
Invano raccolgo gli accenti tra le viole
Sono gli occhi di Proserpina
Che rotolano sotto i funghi
Il tuo amaranto lo voglio seminare nel mio canto
Quando anche il mio inno sarà vento disfatto.
**
La fedeltà del prezzemolo
Impallidiva il prato
Quando la nebbia si stracciava in tante grida
Erano gli occhi crepe tra due cappe di vento
Così lunghe sembravano allora le tue dita
Che il loro pallore non poteva ricoprirle
Come cespi di luna sparsi tra la maggiorana
Benedetti brandelli i tuoi capelli.
genseki
Non sapevo fino a quando la tua voce
Avrebbe costituito la mia pena
Chiudendomi nella sua coppa
Nel rintocco sferico del suo cristallo
Che la purpurea lingua del vino
Lampo luminoso spezza prossima all'udito
La tua voce condanna di silenzio
La tua voce vero corpo di cenere
Le ossa della tua voce triturate nella memoria
Stridono come flauti senza rame
Invano raccolgo gli accenti tra le viole
Sono gli occhi di Proserpina
Che rotolano sotto i funghi
Il tuo amaranto lo voglio seminare nel mio canto
Quando anche il mio inno sarà vento disfatto.
**
La fedeltà del prezzemolo
Impallidiva il prato
Quando la nebbia si stracciava in tante grida
Erano gli occhi crepe tra due cappe di vento
Così lunghe sembravano allora le tue dita
Che il loro pallore non poteva ricoprirle
Come cespi di luna sparsi tra la maggiorana
Benedetti brandelli i tuoi capelli.
genseki
Fede III
Schiller
Virtualmente trovo nella religione cristiana tutte le tendenze verso quanto vi èe di sublime e di più nobile; quanto alle differenti forme che essa assume nella vita quotidiana esse mi paiono repellenti e di cattivo gusto solo perché non sono altro che rappresentazioni inadeguate del sublime che vi è in essa.
Trad genseki
Virtualmente trovo nella religione cristiana tutte le tendenze verso quanto vi èe di sublime e di più nobile; quanto alle differenti forme che essa assume nella vita quotidiana esse mi paiono repellenti e di cattivo gusto solo perché non sono altro che rappresentazioni inadeguate del sublime che vi è in essa.
Trad genseki
Fede II
Hans Urs von Balthasar
Fede
Fede è abbandono della propria intelligenza, abbandono che si può realizzare in modo radicale e duraturo solo se si compie per amore e per fedeltà. Fede è preferire la verità divina ad ogni verità propria, perché Dio è Dio. La fede è l'amore della conoscenza di Dio. Secondo San Tommaso l'amore è il pincipio di ogno merito e in ultima istanza anche di quello della fede, della sua oscurità, della rinuncia che in essa si manifesta e la carità è l'abbandono di ogni volere e di ogni esssere.
Trad genseki
Fede
Fede è abbandono della propria intelligenza, abbandono che si può realizzare in modo radicale e duraturo solo se si compie per amore e per fedeltà. Fede è preferire la verità divina ad ogni verità propria, perché Dio è Dio. La fede è l'amore della conoscenza di Dio. Secondo San Tommaso l'amore è il pincipio di ogno merito e in ultima istanza anche di quello della fede, della sua oscurità, della rinuncia che in essa si manifesta e la carità è l'abbandono di ogni volere e di ogni esssere.
Trad genseki
Fede I
Ultimo desiderio
Di quella fede che da nulla sboccia
Dal nulla che la fede volge a spina
Illeso salto di magica bocca
Che con sangue ripaga chi cammina.
Se più rimbalza a noi soltanto tocca
Torre pietre alle sponde del destino,
L'epidermide magica che scocca
Nel corallo d'un arenil divino.
Nel mormorio dei pini siderali
Le nubi per l'inganno ben costrutto
Del corpo, fiore dell'antico spazio.
Alla città di stranezze materiali
Cristalli invia ancor prima del lutto
Non cessa di filar nubi con strazio.
Lezama Lima
**
Trad.genseki
Di quella fede che da nulla sboccia
Dal nulla che la fede volge a spina
Illeso salto di magica bocca
Che con sangue ripaga chi cammina.
Se più rimbalza a noi soltanto tocca
Torre pietre alle sponde del destino,
L'epidermide magica che scocca
Nel corallo d'un arenil divino.
Nel mormorio dei pini siderali
Le nubi per l'inganno ben costrutto
Del corpo, fiore dell'antico spazio.
Alla città di stranezze materiali
Cristalli invia ancor prima del lutto
Non cessa di filar nubi con strazio.
Lezama Lima
**
Trad.genseki
Lezama Lima
Posso guardare
Posso guardare le tue mani preferite
e l'acanto delle tue tempie dorate
posso guardare l'uccello sepolto
dalle fredde ghirlande dell'autunno
Voglio guardare lamine di sabbia
con i fuochi precisi che le infestano
Sto guardando la tua domanda preferita.
Volano le ghirlande e altre sabbie rotolano
Meglio che nella domanda indifferente
- carrozza di mitili e delfini -
Che correva tra consigli d'oro,
Tiepida divenuta rinata
Iride così cocciuto
Da obbligarmi a segnalare i fiumi
Sulla mappa del tuo ricordo,
Freddo scompigliato dal vento.
Se s'approssima dormendo
Estesa e prolungata,
Tra lenzuola che gloria en avvolgono
Proclamandola teneramente
Astraendosi in bianco, prolungandosi
In celeste chiamata al tuo candore
Se mi desto inciampo
Nell'alone che il tuo respiro rende opaco
In quell'umidità novella
Che l'incantato tatto corrompe
E al fervor è carezza.
Se addormentato
La conchiglia recente mezzaluna
Freccia della domanda tua dormiente
Non amplia e non diverte
Pietra semimobile e foglie congedate
Verso il centro della tua città
Arresa e percossa
Dalla tua fuga, dalla mia fuga.
Resto a guardare la tua domanda preferita.
**
Trad. genseki
Posso guardare le tue mani preferite
e l'acanto delle tue tempie dorate
posso guardare l'uccello sepolto
dalle fredde ghirlande dell'autunno
Voglio guardare lamine di sabbia
con i fuochi precisi che le infestano
Sto guardando la tua domanda preferita.
Volano le ghirlande e altre sabbie rotolano
Meglio che nella domanda indifferente
- carrozza di mitili e delfini -
Che correva tra consigli d'oro,
Tiepida divenuta rinata
Iride così cocciuto
Da obbligarmi a segnalare i fiumi
Sulla mappa del tuo ricordo,
Freddo scompigliato dal vento.
Se s'approssima dormendo
Estesa e prolungata,
Tra lenzuola che gloria en avvolgono
Proclamandola teneramente
Astraendosi in bianco, prolungandosi
In celeste chiamata al tuo candore
Se mi desto inciampo
Nell'alone che il tuo respiro rende opaco
In quell'umidità novella
Che l'incantato tatto corrompe
E al fervor è carezza.
Se addormentato
La conchiglia recente mezzaluna
Freccia della domanda tua dormiente
Non amplia e non diverte
Pietra semimobile e foglie congedate
Verso il centro della tua città
Arresa e percossa
Dalla tua fuga, dalla mia fuga.
Resto a guardare la tua domanda preferita.
**
Trad. genseki
Juan Larrea
Vestito di foglie morte
Sognami sognami vestito in fretta stella di terra
Coltivata dalle mie pupille prendimi
Per i miei manici d'ombra
Inebriami d'ali di marmo in fiamme stella stella
Tra le mie ceneri
Poter potere infine ritrovare nella mia
Vertigine la statua
Di un eroer di sole con i piedi a fior d'acqua
Gli occhi a fiore d'inverno
Addio al mondo tra i miei sogni d'addio
Gli uomini
Addio agli uomini e ai paesini delle
Loro mani
Ovunque vi sono spade che mi tagliano
A pezzetti
Oh
Cascate di spade
Cascate di spade èe l'ordine in marcia
Son io che cammino su caverne
Che scrichiolano come crani
Nessuno ancora si era annegato
Nessuno allora stava nell'ombra
Oggi sono io ma io non appartengo
A me stesso più di quanto gli uccelli
Che dormono nei miei occhi
Appartengono a loro.
Trad genseki
Sognami sognami vestito in fretta stella di terra
Coltivata dalle mie pupille prendimi
Per i miei manici d'ombra
Inebriami d'ali di marmo in fiamme stella stella
Tra le mie ceneri
Poter potere infine ritrovare nella mia
Vertigine la statua
Di un eroer di sole con i piedi a fior d'acqua
Gli occhi a fiore d'inverno
Addio al mondo tra i miei sogni d'addio
Gli uomini
Addio agli uomini e ai paesini delle
Loro mani
Ovunque vi sono spade che mi tagliano
A pezzetti
Oh
Cascate di spade
Cascate di spade èe l'ordine in marcia
Son io che cammino su caverne
Che scrichiolano come crani
Nessuno ancora si era annegato
Nessuno allora stava nell'ombra
Oggi sono io ma io non appartengo
A me stesso più di quanto gli uccelli
Che dormono nei miei occhi
Appartengono a loro.
Trad genseki
Mandorla
Dentro una mandorla si aprì
Questa danza di soli
E il concerto delle vele solo
Là dove più terso soffiava l'alito dell'alloro
Dentro una mandorla ti accolse il tempo
La pioggia di latte e ricino di marzo
Le ali straziate al ritmo del biancospino
Dentro una mandorla si aprì
Questa danza di soli e stelle
Di specchi e lune umida come il bacio
Della salvia
Sul punto di lasciar esplodere
Intera la notte dei suoi fiori
L'oscurità lilla dei suoi petali
Dentro una mandorla fosti latte e gemito
Avvolto in sette sudori
Come veli di ninfe miele ombelicale voli di vespe
Stirando con evidente piacere le dieci dita dei tuoi piedi.
genseki
Questa danza di soli
E il concerto delle vele solo
Là dove più terso soffiava l'alito dell'alloro
Dentro una mandorla ti accolse il tempo
La pioggia di latte e ricino di marzo
Le ali straziate al ritmo del biancospino
Dentro una mandorla si aprì
Questa danza di soli e stelle
Di specchi e lune umida come il bacio
Della salvia
Sul punto di lasciar esplodere
Intera la notte dei suoi fiori
L'oscurità lilla dei suoi petali
Dentro una mandorla fosti latte e gemito
Avvolto in sette sudori
Come veli di ninfe miele ombelicale voli di vespe
Stirando con evidente piacere le dieci dita dei tuoi piedi.
genseki
VIcente Huidobro
La poesia è un attentato celeste
Sono assente ma nel fondo di questa assenza
È me stesso che attendo
Il mio ritorno
Mi trovo in altri oggetti
Viaggiando spargo un po' della mia vita
La dono a certi alberi a certi sassi
Che mi hanno atteso per molti anni
Poi stanchi dell'attesa si sedettero
Ci sono e non ci sono
Nello stato dell'attesa sono assente e presente
Essi avevano bisogno delle mie parole per esprimersi
Io avevo bisogno delle loro parole per esprimerli
Ecco l'equivoco, l'equivoco atroce
Angoscioso lamentevole
Vado penetrando queste piante
Sto perdendo i vestiti
La mia carne cade a terra
Il mio scheletro lo ricopre la corteccia
Ecco che sto diventando un albero Quante volte mi sono
Covertito in qualche altra cosa
È un processo doloroso e pregno di dolcezza
Potrei gridare ma finirei per spaventare la transustanziazione
Bisogna tacere de aspettare in silenzio.
trad. genseki
Sono assente ma nel fondo di questa assenza
È me stesso che attendo
Il mio ritorno
Mi trovo in altri oggetti
Viaggiando spargo un po' della mia vita
La dono a certi alberi a certi sassi
Che mi hanno atteso per molti anni
Poi stanchi dell'attesa si sedettero
Ci sono e non ci sono
Nello stato dell'attesa sono assente e presente
Essi avevano bisogno delle mie parole per esprimersi
Io avevo bisogno delle loro parole per esprimerli
Ecco l'equivoco, l'equivoco atroce
Angoscioso lamentevole
Vado penetrando queste piante
Sto perdendo i vestiti
La mia carne cade a terra
Il mio scheletro lo ricopre la corteccia
Ecco che sto diventando un albero Quante volte mi sono
Covertito in qualche altra cosa
È un processo doloroso e pregno di dolcezza
Potrei gridare ma finirei per spaventare la transustanziazione
Bisogna tacere de aspettare in silenzio.
trad. genseki
Ho parlato
Ho parlato
Ho parlato fino a divenire danno e vento
Mano distesa
Finestra aperta sul bosco disfatto
Ho cambiato parole con perle
Ho cambiato la parola come un serpente la pelle
Ho covato la parola sotto la lingua
Come il testimone custodisce la prima pietra
Quella della condanna -
Ho parlato per levigare la parola
Fino a farla diventare così sottile
Da essere trasparente al silenzio
Ho parlato fino a che il suono delle mie parole
Fu come il fragore della sabbia
Nell'incendio
Ora ogni fiore è rintocco di campana
Ogni foglia un brivido
In silenzio ora ballo tra la cenere.
genseki
Ho parlato fino a divenire danno e vento
Mano distesa
Finestra aperta sul bosco disfatto
Ho cambiato parole con perle
Ho cambiato la parola come un serpente la pelle
Ho covato la parola sotto la lingua
Come il testimone custodisce la prima pietra
Quella della condanna -
Ho parlato per levigare la parola
Fino a farla diventare così sottile
Da essere trasparente al silenzio
Ho parlato fino a che il suono delle mie parole
Fu come il fragore della sabbia
Nell'incendio
Ora ogni fiore è rintocco di campana
Ogni foglia un brivido
In silenzio ora ballo tra la cenere.
genseki
Vicente Huidobro
Vicente Huidobro
Incoronazione della morte
Moriva una colomba sotto i grandi alberi del mondo
Che amara è l'aria nei paesi che sfilano davanti a me
Le nuvole di congedano tra piccole lacrime in cerca
Di un appoggio celeste
Moriva la rosa tremante sul suo piedistallo. Quante leggende
Furono cantate su toni diversi alla sera
Il canto si diffondeva nelle stanze più oscure
Moriva la colomba-in-fiore e il figlio poneva il suo dolore in petto
Al mondo
Partiva nell'aria la colomba-in-fiore e un profondo silenzio cadeva
Sui sentieri
Voglio parlarvi degli occhi della morte. Dell'ultimo respiro
Dei modi di morire che differiscono come differiscono i modi di camminare
Figlio che vuoi fare del tuo dolore passeranno i mesi e gli anni verranno
Altre primavere
Il corteo dei soli e delle stelle con tanto spirito e voci ben scelte
Ho meso tutta l'anima in quest'ultimo sospiro, allora che sarà di me?
Terra senza alberi cuore senza erbe e senza colombe
Come puoi camminare tra le altrui speranze
Che voce solenne è sorta dalla mandorla che canta
Questo era mio che non conosco
Il mare si riempie di anime e le rose ascoltano e le sabbie
Non sanno che fare, che dire
Così si muore con una lieve brezza tra i denti un tremito
Nei petali un riflesso di rugiada extraumana nei
Capelli dolenti e rassegnati
Che voce solenne entra in questo albero di memoria
Fragile come il fumo, come le corde dell'arpa
Che pianto millenario di tribù nella notte e di età
Perdute avvolge i petti dei secoli
Che latrato di caciatori di fortune assassinati nei boschi oscuri
Che singhiozzo orrendo caduto di colpo sotto il letto.
Il sorriso era una cosa dell'alba
L'altra riva dell'amarezza. Il tempo dei semi
Porta scintille nelle sue spade una cappa di gloria sulle spalle
Il sorriso era cosa da magnolie, da bucato
Nel fiume tra la schiuma
Il sorriso era cosa da frutta e finestre aperte era cosa
Da colori sparati nel sole
Oh sospiro dei morti oh anima figlia di mille rose
Perché mi hai sfogliato mentre andavi sfogliandoti fior -di-colomba
Giunge eccolo il sospiro. Tutto è inutile oh vento dall'altra sponda
Ansioso di trovare il suo posto parte il sospiro
Con esso me en vo' spingendo le porte della morte.
Trad genseki
Incoronazione della morte
Moriva una colomba sotto i grandi alberi del mondo
Che amara è l'aria nei paesi che sfilano davanti a me
Le nuvole di congedano tra piccole lacrime in cerca
Di un appoggio celeste
Moriva la rosa tremante sul suo piedistallo. Quante leggende
Furono cantate su toni diversi alla sera
Il canto si diffondeva nelle stanze più oscure
Moriva la colomba-in-fiore e il figlio poneva il suo dolore in petto
Al mondo
Partiva nell'aria la colomba-in-fiore e un profondo silenzio cadeva
Sui sentieri
Voglio parlarvi degli occhi della morte. Dell'ultimo respiro
Dei modi di morire che differiscono come differiscono i modi di camminare
Figlio che vuoi fare del tuo dolore passeranno i mesi e gli anni verranno
Altre primavere
Il corteo dei soli e delle stelle con tanto spirito e voci ben scelte
Ho meso tutta l'anima in quest'ultimo sospiro, allora che sarà di me?
Terra senza alberi cuore senza erbe e senza colombe
Come puoi camminare tra le altrui speranze
Che voce solenne è sorta dalla mandorla che canta
Questo era mio che non conosco
Il mare si riempie di anime e le rose ascoltano e le sabbie
Non sanno che fare, che dire
Così si muore con una lieve brezza tra i denti un tremito
Nei petali un riflesso di rugiada extraumana nei
Capelli dolenti e rassegnati
Che voce solenne entra in questo albero di memoria
Fragile come il fumo, come le corde dell'arpa
Che pianto millenario di tribù nella notte e di età
Perdute avvolge i petti dei secoli
Che latrato di caciatori di fortune assassinati nei boschi oscuri
Che singhiozzo orrendo caduto di colpo sotto il letto.
Il sorriso era una cosa dell'alba
L'altra riva dell'amarezza. Il tempo dei semi
Porta scintille nelle sue spade una cappa di gloria sulle spalle
Il sorriso era cosa da magnolie, da bucato
Nel fiume tra la schiuma
Il sorriso era cosa da frutta e finestre aperte era cosa
Da colori sparati nel sole
Oh sospiro dei morti oh anima figlia di mille rose
Perché mi hai sfogliato mentre andavi sfogliandoti fior -di-colomba
Giunge eccolo il sospiro. Tutto è inutile oh vento dall'altra sponda
Ansioso di trovare il suo posto parte il sospiro
Con esso me en vo' spingendo le porte della morte.
Trad genseki
mercoledì, marzo 16, 2011
lunedì, febbraio 28, 2011
Le rose dei tuoi petali
Per primi furono i colori a deformarsi
Ritirandosi nelle loro forme geometriche
Poi la neve che con lo sguardo obliquo
Fissava la fuga del branco sull' eisberg
Pericolosamente inclinato della speranza
La lingua penzoloni, tra le nuvole di vapore degli aliti
Cercava la soglia il branco
La soglia tra parola e voce
La tua voce fu la prima a scomparire
A ritirarsi come un cucciolo nella tana della memoria
Raggomitolata nel suo tiepido pudore
Nella sua speranza rassegnata
Anche la corsa del branco era soffice
Le zampe frusciavano sul velluto del ghiaccio
Anche le rose dei tuoi petali erano gelate
E le labbra che non mi baciarono mai
Poi fu lo sguardo ad occultarsi
Tra le pieghe della notte stellata
Restò allora il tuo passo
Il tuo passo che chiedeva tenerezza
I tuoi gesti che la rifiutavano
E le tue parole che divoravano i baci
E la corsa arruffata di tutto il branco
Nell'ansia della luna
Nell'attesa del serpente
La corsa verso il limite ove tutto stinge
per primi i colori poi le dita
E le forme con tutte le loro unghie
E i sorrisi riposti nel carillon
Con la collana di perle false
Con la collana di denti di latte
Nel velluto rosso che il tempo
Va trasformando in farina.
Poi spalancasti gli occhi senza voce
Non avevano più voce i tuoi occhi
La voce gli aveva abbandonati
Nello stupore di uno spasimo di luce
Come dire che amavo l'mpossibilità del tuo amore?
Più profonda di qualsiasi amore
Amavo l'impossibilità di amarti e di essere amato
E in questa negazione ho posto la mia fedeltà
e l'ho tradita teneramente di non poterla smarrire.
È una notte di luna e di ghiaccio
Questa notte di stupore di occhi spalancati
Di oceani come stelle fredde
La cerimonia della fiducia, quella del sogno
Non forniscono protezione in questi casi
Comunque non avresti potuto sopportarne lo sforzo
Dentro l'occhio sbarrato si smarrì la tua voce
Un bosco, una foresta di voli, la separava ormai
Dagli altri rintocchi
Avevi appena finito di ordinare le tue cose nell'armadio
Avevi predisposto tutto con limpida speranza
La morte non osavi sperarla
Non osavi chiedere il suo abbraccio.
*
Una tempesta di campane pesava sulle nostre tempie
Come una corona
Ma fu dei tuoi occhi l'ultimo rintocco
Smarrita la tua voce si guardava intorno
Tra il brusio di tutte quelle foglie
Mentre il dentro diventava il fuori
E tutte le fotografie si accartocciavano
Al fuoco al sangue
Ma questa volta era la parola a udire
La parola ad ascoltare le tue pupille.
Non furono le tue dita a sfiorarmi le tempie
Altrove scostandomi dalla fronte i rami del sicomoro
genseki
Ritirandosi nelle loro forme geometriche
Poi la neve che con lo sguardo obliquo
Fissava la fuga del branco sull' eisberg
Pericolosamente inclinato della speranza
La lingua penzoloni, tra le nuvole di vapore degli aliti
Cercava la soglia il branco
La soglia tra parola e voce
La tua voce fu la prima a scomparire
A ritirarsi come un cucciolo nella tana della memoria
Raggomitolata nel suo tiepido pudore
Nella sua speranza rassegnata
Anche la corsa del branco era soffice
Le zampe frusciavano sul velluto del ghiaccio
Anche le rose dei tuoi petali erano gelate
E le labbra che non mi baciarono mai
Poi fu lo sguardo ad occultarsi
Tra le pieghe della notte stellata
Restò allora il tuo passo
Il tuo passo che chiedeva tenerezza
I tuoi gesti che la rifiutavano
E le tue parole che divoravano i baci
E la corsa arruffata di tutto il branco
Nell'ansia della luna
Nell'attesa del serpente
La corsa verso il limite ove tutto stinge
per primi i colori poi le dita
E le forme con tutte le loro unghie
E i sorrisi riposti nel carillon
Con la collana di perle false
Con la collana di denti di latte
Nel velluto rosso che il tempo
Va trasformando in farina.
Poi spalancasti gli occhi senza voce
Non avevano più voce i tuoi occhi
La voce gli aveva abbandonati
Nello stupore di uno spasimo di luce
Come dire che amavo l'mpossibilità del tuo amore?
Più profonda di qualsiasi amore
Amavo l'impossibilità di amarti e di essere amato
E in questa negazione ho posto la mia fedeltà
e l'ho tradita teneramente di non poterla smarrire.
È una notte di luna e di ghiaccio
Questa notte di stupore di occhi spalancati
Di oceani come stelle fredde
La cerimonia della fiducia, quella del sogno
Non forniscono protezione in questi casi
Comunque non avresti potuto sopportarne lo sforzo
Dentro l'occhio sbarrato si smarrì la tua voce
Un bosco, una foresta di voli, la separava ormai
Dagli altri rintocchi
Avevi appena finito di ordinare le tue cose nell'armadio
Avevi predisposto tutto con limpida speranza
La morte non osavi sperarla
Non osavi chiedere il suo abbraccio.
*
Una tempesta di campane pesava sulle nostre tempie
Come una corona
Ma fu dei tuoi occhi l'ultimo rintocco
Smarrita la tua voce si guardava intorno
Tra il brusio di tutte quelle foglie
Mentre il dentro diventava il fuori
E tutte le fotografie si accartocciavano
Al fuoco al sangue
Ma questa volta era la parola a udire
La parola ad ascoltare le tue pupille.
Non furono le tue dita a sfiorarmi le tempie
Altrove scostandomi dalla fronte i rami del sicomoro
genseki
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