sabato, novembre 21, 2009

The Akathist - Akathistos Arabic - Ἀκάθιστος - المدائح

Seduto sotto il mango

Seduto soto il mango
I piedi immersi nella polpa verde
Del mare ribollente come mosto
Solo fissavo il tuo volto affumicato
I chiodi arruginiti delle tempie
Le spine che cucivano le labbra
Il ritmo dei tuoi cauri mi scuoteva
al battito delle catene percepivo
La vorticosa presenza dei galli
Il loro splendore tolemaico
Le stelle che brillavano di anice.
O pelle di cipolla, pelle arata
Ho solcato di lacrime le lame
Cosparso di cannella le ferite
Marinato nel rito passi e fianchi
Seduto sotto il mango
Dimentico delle mele e della salvia
Aspra saliva raccolsi tra i tuoi denti
Permettendo che il grido dei palmizi
Mi penetrasse alto e frastagliato
Della mia dignitá facendo strazio.

genseki

mercoledì, novembre 18, 2009

Angela

La meraviglia di questi marosi
Era il rumore dei loro colori
Fragorosi come il vino acido
Sibilanti come scie di perle
La loro frequenza crepitante
Come una pergamena tra le pale
Di un vecchio rotore.
La meraviglia di questi marosi
Era la loro natura mentale
La loro rivoluzione inarrestabile
Su di assi tanto corti.
Potevano infrangersi tranquillamente
In un angolo del mio studio e
Poteva contenerli il palmo della mia mano.
Li vidi tra le ciglia di Vimalakirti
Quando giocava a bocce con i Kalpa
Tra foglie secche nell'autunno di Langa,
Quando i miei zoccoli risonavano sull'acciotolato
I marosi erano veri e propri universi conflagrazioni di Sutra
Fu allora che tu apristi l'ombrello con un gesto
Tanto grazioso
E restasti nuda sotto il baldacchino di berillo
Vasto come l'universo del Buddha Cariasuryapratibha.
Nuda come la poesia
Sulle piazze di Mondovì le Mamiwata
Sgozzavano i galli per il rito
E il sangue fresco tingeva i capelli dei bambini della colonia polacca.
O Cristo, dove li hai lasciati i tuoi sandali
La tunica fragrante di trigo
Tutte le segretarie di Fossano tornavano dal lavoro
Tutte nel medesimo istante spingevano le chiavi nelle toppe
Sul mio quaderno nuovo scorrevano i Sutra
Come sullo schermo segnaletico dell'autostrada
Avevo scelto il veicolo del Bodhisattva
E mi rtrovavo su un treno locale,
Le gocce di pioggia sul finestrino sporco
Erano ciascuna un universo perfetto
Lontano, tra le luci delle fabbriche
Tu sorridevi, un lupachiotto al seno
Marosi
Marosi
Che meraviglia!
Come velluto sul palmo della mia mano

genseki

sabato, novembre 14, 2009

Gesú e Maria nell'Islam

Molte persone non sanno che Gesú (Isa) è uno dei profeti più importanti profeti e messaggeri dell'Islam. Mettere in risalto i valori rappresentati da questo profeta che,secondo Ibn Arabi è il sigillo della santità, significa, in un certo modo compartire con i cristiani e con la societá giudeocristiana in generale i suoi valori piú alti e solidaristici.


Allah ci dice en Qur'an che Gesù, la pace sia con lui, fu un profeta ispirato da Lui, che la sua stazione spirituale è quella dello spirito santo...


Gesú è Ruh al Quddús, spirito di santitá, Gesú, inoltre perfeziona la legge e supera la religione dei predecessori, la forza dell'abitudine religiosa per mezzo dell'amore e ci permette cosí la realizzazione spirituale.


La rivelazione di Gesú nel Vangelo (Inyil) secondo i Qur'an ha come tema centrale la nascita del verbo, della parola dopo una lunga gestazione nel cuore prima che il senso si articoli nella nostra gola. La parola che emette il profeta non è solo discorso eloquente, ma il verbo creatore stesso, la parola divina capace di conformare il mondo e la visione umana, capace di articolare i nomi di Dio nel mondo visibile per poter ricordarlo. Questa parola ci prepara per l'incontro con il messagio di Muhammad, la pace sia con lui, al termine del nostro viaggio sui sentieri dei profeti e dei santi.


I Sufi dicono che svegliare Gesú nel nostro significa significa accedere al linguaggio creatore che sgorga dal cuore illuminato.


Tra i musulmani c'è una speciale venerazione per Maria, la pace sia con lei. Secondo quanto dice il Qu'ran nel sura della casa di Imrám, la madre di Maria la concepì per consacrarla al servizio divino. La sua tutela fu affidata a Zaccaria, la pace sia con lui, che era suo parente. Egli la visitava nel tempio e sempre trovava accanto a lei alimenti e provviste. Quando le domandava dadove venissero lei rispondeva: “Da Allah, certamente, egli povvede senza limite a coloro che ama”.


Il Qu'ran ci spiega anche come Maria diede alla luce un figlio, Gesú, un profeta che sará conosciuto come Isah Ibn Mariam, Al Masih, l'unto, che è un riferimento al suo lignaggio allo stesso tempo profetico e regale. La sua preminenza è valida tanto in questa vita come in quella futura, Gesú, la pace sia con lui, discendeva per linea paterna dalla casa di david, e, per parte di sua madre, Mariam, dalla casa di Aronne, la pace sia con loro. Unisce nella sua genealogia il mulk e il malakut, il cielo e la terra, mediante un barzak che solo è posibile per mezzo di una parola purificata.


Nel Qu'ran, Gesú, la pace sia con lui, ci parla fina dalla culla, perché la sua rivelazione è il verbo creatore e questo non è il discorso di un essere umano con una biografia e con una storia, bensí l parola dell'essere umano realizzato. Allo stesso modo la parola non è solo la vibrazione della gola, ma ha bisogno del fiato, del prana, del significato, per potersi articolare, così il Gesú del nostro essere non è soltanto la capacitá di comprendere e diffondere la lingua ma la possibilitá di trasmettere la rivelazione, il significato attraverso lo spirito e la compassione universali.


La adorazione umana ha bisogno della parola perché Dio organizzó la nostra natura in questo modo, la nostra natura è la stessa natura di Adamo, capace di riflettere al suo interno le luci e i suoni del mondo, le pulsioni dell'universo e il sentire di Dio.

Grazie a questa sua capacitá di nominare il mondo e riflettere così la creazione, Allah ci dice nel Qu'ran che per Lui la natura di Gesú è come quella di Adamo, la pace sia con loro.


...


Il messaggio di Gesú, ome quello di Muhammad, la pace sia con loro, è universale, per tutta l'umanitá...


La compassione che è un sentimento spirituale e un valore per tutte le religioni acquisisce cone Gesú, la pace sia con lui, una nuova potente dimensione.

Tale compassione è ralazionata con il fatto di compartire un destino, una visione, cercando di comprendere coloro che percorrono altri sentieri spirituali.


Oggi sono più necessari che mai i luoghi di contatto di incontro, angoli di mondo dai quali poter guardare il futuro con una cetta speranza collettiva. Proprio per questo avvertiamo l'immenso valore che acquisisce oggi il messaggio di Gesú.


Hashim Cabrera

Webislam 10/01/05

trad. genseki




venerdì, novembre 13, 2009

Francis Bebey

Francis Bebey lo conobbi a Yaoundé al principio degli anni 80, durante e dopo un concerto. Era rimasto colpito dal mio livello di camerunizzione, di mimetizzazione linguistica e gestuale che faceva di me una specie di comico bianco innegrito dalla gestualitá islamica e dalla gandura che si voleva impeccabile. Insomma lo facevo ridere. Il gin mi produceva allora una bulimia incipiente e una pecoce caduta dei capelli. Non avevo incontrato Khidr Elia e stufo della ignominia dei missionari europei in cui i toccava immergermi quasi tutti i giorni ritornai in Italia con una sciabola fulbé, un cappello del Burkina Faso e una gandura da cerimonia, pochi mesi dopol'incontro.
Rividi Francis Bebey a Ceriale, durante un concerto per una qualche disgustosa ONG succhiafondi. Era un concerto, quello che tenne di musica, direi, etnologica eseguita con correttezza professorale. Non era il scintilante cabaret camerunese che avevo conosciuto molti anni prima. Chiesi a gran voce Agata. non la cantó. Ci rivedemmo dopo in una birreria. Continuava a trovare molto comico il mio cipiglio da bianco innegrato e musulmano. Disse che Agata non si poteva cantare in Italia perché il testo è difficile da capire se non si è letto il romanzo. Ci scambiammo i numeri di telefono. Me lo chiese lui e mi disse che probabilmente non ci saremmo mai telefonati. Fu proprio così.
genseki

Francis Bebey Agatha

Andiamo Agata
Non mi mentire
Si, hai capito bene
È tuo marito che te lo dice
Sono io che ti ho detto di mentire eh?
Tuo figlio, quello la
Tutti lo vedono che non è il mio
Ma con che faccia tosta vieni qui
A contarmi delle storie
Agata, andiamo tu sei nera dalla testa ai piedi
Come me
E allora! Come hai fatto a mettere al mondo un bambino bianco
E mio per di più?
Ma dai!

Mi prendi per scemo eh!
Ascolta! Il diritto di versarmi da bere ce l'hai
Ma non quello di mentire.

Agata, tuo figlio è nato da un mese
E non ha ancora deciso di prendere il colore locale
E tu vuoi dire che quello è mio figlio
Ci fai Agata? Ma dammi da bere va!
Il vino non mente!
La povera mamma me lo diceva
Figliolo tua mogli
Te en fará vedere di tutti i colori
Te lo dico io!
Di tutti i colori te en fará vedere.

Sei fortunata Agata
Sai?
Un bambino,
Che lo mandi il diavolo o il buon Dio
Che sia bianco o giallo
E persino rosso
Un bambini è sempre un bambino
C'hai una bella fortuna va!
Perché Re Salomone
Proprio lui in persona mi ha detto
Che lo devo tenere il bambino
Come fosse mio
Eh!
Ma attenta! Non mi contar più storie
Se mi fai un altro figlio, verde!
Dimmelo cheè verde, dai!
Non mi far credere che è nero.

Francis Bebey
trad. genseki

mercoledì, novembre 11, 2009

La Fable du Monde


Supervielle

La poesia da me tradotta nel post precedente è tratta dal Libro "La Fable du Monde" di Jules Supervielle. Jules Supervielle, banchiere, nato in America del Sud è stato un cancellato della poesia francese del secolo XX. Credo soprattutto per il carattere immediatamente non avanguardistico della sua poesia. Un cancellato come a suo tempo e per molti decenni lo fu Hugo. La letteratura francese suol essere un bosco di cancellati. Sarebbe lungo cercare di darne le esaustive ragioni, Lungo e noioso. anche Ronsard fu cancellato! A suo tempo. Essere cancellati significava essere ridicoli, cioè, per dirlo meglio, si era cancellati attraverso il ridicolo. Non so se sia ancora così, oggi che la poesia è stata complessivamente cancellata come funzione civile dalla societá "occidentale". Affermare il propri interesse, che so per "La Légende des Siècles" voleva dire essere ridcoli. I cancellati trovano, qui a Baige, una ospitalitá minima, che forse lascerá una tracciolina in google alla centoventimilionesima pagina. Finora nessuno è giunto a Baige cercando Hugo. Molti cercando "Topa nuda". Hugo è un caso raro di un intellettuale di sinistra ridicolizzato dalla destra nella persona di Ionesco e la cui cancellazione fu largamente accettata dai suoi confratelli progressisti con la sola eccezione di Aragon. anche questa anomali andrebbe approfondita. Hugo occultato, che so, a profitto di Sade,

geneki

Jules Supervielle

Traduzioi di genseki da "La fable du Monde".

La goccia di pioggia
(Dio parla)

Io cerco una goccia di pioggia
Appena caduta nel mare
In rapida verticale
Che più della altre brillava
E sola tra tutte le gocce
Sembrava che avesse capito
Che, dolce, nell'acqua salata
Doveva per sempre sparire.
Da allora la cerco nel mare
La cerco per soddisfare
L'incerto ricordo del quale
Son io il solo custode.
Invano, perché ci son cose
Che nemmeno Dio puó fare
Per quanti si sforzi davvero
E goda del valido aiuto
Dell'aria del cielo e del mare.

La congiura degli spagnoli contro Venezia

Quarta parte della traduzione dell'opera di Saint-Réal.
Per le altre tre parti cliccare qui

Don Pedro fece avanzare il Maresciallo di Campo Gambalotta verso Crema con alcune truppe, fece montare ventiquattro pezzi di artiglieria a Pavia perché, secondo quanto dichiarava dovevano accompagnare un corpo di ottomila uomini al comando di Don Sancho de Luna. Inoltre, il viceré di Napoli, che attraversava il Mediterraneo con la flotta spagnola e minacciava di attaccare il Duca di Savoia da Villafranca e bloccava tutti i rinforzi che potevano giungere alla Repubblica per il mare, considerava come un suo dovere entrare tutti i giorni nel golfo per tenere in iscacco la flotta veneziana.

I ministri veneziani avevano reclamato presso tutte le corti contro la violenza di questi metodi, il marchese di Bedmar cercó di giustificarli; credette che fosse molto importante rovesciare le fondamenta della venerazione che tutta l'Europa da tanti secoli nutriva per questa republica, che era considerato il piú antico e il piú libero di tutti gli stati. Tale libertá era stata appena messa a prova e innalzata ancora piú in alto in occasione del conflitto con il papa da molti scritti che sembravano ancora inconfutabili anche se la parte avversa non mancava di abili pubblicisti che avevano ben saputo rispondere. L'ambasciatore si era messo a leggere queste opere e in pochi capitoli aveva saputo confutare i numerosi volumi degli autori veneziani, senza degnarsi di citarne nemmeno uno, e siccome tra questi temi non v'è niuno che un uomo abile volendo non possa rendere un garbuglio, con il fine pretestuoso di stabilire il diritto dell'Impero su Venezia, mostró che l'indipendenza di questa repubblica era chimerica e chimerico era il suo impero marittimo. Siccome per i suoi fini era molto meglio ch'egli non fosse noto come l'autore di questo libello, lo fece pubbllicare in modo cosí abile che durante tutta la sua vita non si seppe che avesse qualcosa a che fare con esso. Sembra strano che nessuno lo sospettasse; ma si deve credere che i veneziani ancora non lo conoscessero bene, i suoi modi vivaci e impulsivi, con i quali si presentava, non permettevano loro di pensare che un uomo con un carattere cosí impetuoso potesse essere l'autore di una satire di stato di gran raffinatezza e sottigliezza. L'equità e la buona fede sembravano dominare questo testo; le dichiazioni contro i delitti dei veneziani che vi si trovavano, erano sempre nei termini di una apparente moderazione, che sola bastava a renderle plausibili. Quest'opera che ebbe per titolo: “Squittinio della libertá veneta” fece molto discutere. Non sapendo chi ne fosse l'autore il sospetto cadde naturalmente sulla corte romana, per via di altri scritti simili precedenti. Gli esperti del senato credettero che tutti ne sentissero la forza quanto loro stessi; se ne spaventarono di piú di una battaglia perduta, Frate Paolo ebbe l'ordine di esaminarla. Costui, che si era preso gioco di altri scrittori del partito avverso, dichiaró che in questo caso non conveniva rispondere, perché si sarebbe potuto farlo solo spiegando cose che era meglio lasciare sepolte nelle tenebre dell'antichitá e che se, tuttavia, il senato riteneva che la dignitá della repubblica soffrisse di questo oltraggio, egli si incaricava di mettere la corte di Roma in uno stato di tale ansia difensiva, che non avrebbe piú nemmeno pensato ad attaccare. Questo parere, che fu subito accettato nel fuoco del risentimento, permise a Fra' Paolo sarpi di pubblicare la sua amata “Storia del Concilio di Trento” che altrimenti non sarebbe stata pubblicata durante la sua vita. L'anno 1616 passó senza che nessuna delle due parti conseguisse un vantaggio considerevole. Il Duca di Savoia e i Veneziani, che non volevano far correre rischi di sorta alla gloria conquistata, diedero a Gritti, ambasciatore veneto a Madrid il mandato di riaprire i negoziati. Gli Spagnoli, indignati per la resistenza incontrata avanzarono proposte tanto irragionevoli, che la cosa non ebbe seguito. Gradisca restó bloccata, si continuó a battersi per tutto l'inverno, e gli eserciti si misero in campagna, giunta la primaver, a con un ardore tale che prometteva imprese ancora più grandi di quelli dell'anno anteriore. La tregua in Olanda aveva reso inutili quasi tutte le truppe di quello stato e ridotto gli avventurieri francesi e tedeschi a cercare impiego altrove. I conti di Nassau e di Lievenstein condussero ottomila olandesi e walloni al soldo della repubblica. Gli Spagnoli si lamentarono molto con il Papa del fatto che in questo modo i Veneziani esponevano l'Italia all'infezione dell'eresia veicolata da questi uomini d'arme; ma l'ambasciatore veneziano fece presto comprendere che non era tanto la devozione religiosa che faceva parlare gli Spagnoli quanto piuttosto il timore di vedere due grandi repubbliche unire le forze contro di loro. Il marchese di Bedmar avrebbe avuto dei bei problemi se il Papa avesse obbligato i Veneziani a licenziare quegli eretici. Siccome la maggior parte degli uomini d'arme quando servono un principe straniero non hanno in vista che il loro tornaconto, egli sperava di arruolare per i suoi fini queste truppe mercenarie, con un poco di denaro e la speranza del saccheggio di Venezia. Per negoziare questo affare mise gli occhi su di un vecchio gentiluomo francese, tal Nicolas de Renault, uomo di sapere e prudenza e che era rifugiato a Venezia per qualche oscuro motivo che non si riuscí mai a scoprire. Il marchese di Bedmar lo aveva frequentato a lungo presso l'ambasciata di Francia ove risiedeva.


César Vichard Abbé de Saint-Réal.

Trad. genseki

lunedì, novembre 09, 2009

Gaspard de la Nuit

Il Vespro

Quando a Pasqua o natale la chiesa verso sera
Si riempie di passi confusi e di ceri profumati.

Victor Hugo
Canti del crepuscolo

Dixit Dominus meus: Sede a dextris meis
Vespro


Trenta monaci spulciavano foglio per foglio i loro breviari unti come le loro barbe, lodavano Dio e mandavano il diavolo al suo ninferno.

"Madamina, le vostre spalle sono un mazzolino di rose e di gigli." E il cavaliere, inclinandosi cavò un occio al suo valletto con la punta della spada.

"Vi fate beffe di me!" - mormorava la smorfiosetta - "Vi divertite a farmi perdere il segno".
"Madamina, è l'Imitazione di Cristo, quella che state leggendo?"
"Macchè, è il Oracolo di galanterie amorose".

ma già i salmi erano stati cantati. Ella chiuse il libro e si alzó. "Andiamo, per oggi abbiamo pregato abbastanza."

A me, povero pellegrino inginocchiato in disparte proprio sotto l'organo parve che si udissero gli angeli scendere melodiosamente dal cielo.

Feci appena in tempo a cogliere da lontano un poco di profumo di incenso e Dio permise che potessi spigolare i chicchi del povere al fondo della sua ricca mietitura.

Aloysius Bertrand
Trad. genseki

Wolfram von Eschenbach


Se il dubbio fa il suo nido

Nei pressi del cuore
Ecco che presto nascerá amarezza.

Parzifal


domenica, novembre 08, 2009

Far pulizia per mezzo del vuoto

Il monaco raggiunge io suo scopo quando i suoi pensieri si calmano e non quando ha studiato molto. O voi che cercate lo spirito per mezzo ello spirito apprendendo dagli altri voi non fate altro che prendere e apprendere. Ma dove pensate di potr andare in questo modo? Gli antichi erano ben vivi. A loro bastava aver compreso una parola sola e smettevano di studiare, cosí si è detto di loro che erano discepoli pigri "che non facevano più nulla dato che non studiavano più". Oggi tutti vogliono sapere molte cose e imparare sempre di più. Si progettano grandi programmo di ricerca testuale sui sutra e questo lo si chiama "pratica", ma si ignora che le conoscenze teoriche troppo estese finiscono per trasformarsi in un coperchio soffocante. Quando si da molto latte da bere a un bebe, si dovrebbe sapere se sará in grado di digerirlo oppure no, Invece sempbra che non se ne sappia niente. I discepoli dei tre veicoli sono fatti tutti così. Soffrono tutti di indigestione, una indigestione di nozioni teoriche che è un po' come un avvelenamento, un'intossicazione che si manifesta in ció che è sorto per sparire. Nella quiddità non succede niente del genere. "Lame di questo ttipo non ne ho nel mio tesoro reale".
Bisogna "far pulizia per mezzo del vuoto" di tutte queste vecchie teorie. Quando non c'è più nessuna discriminazione si cade nel vuoto dell'embrione del Tathagata. L'embrione del Tathagata, che non è sporcato dal minimo granello di polvere, è la manifestazione nel mondo del "re della spiritualità che invalida l'essere". Quando il Buddha dice di "non aver trovato nessuna realtá" in Dipamkara, la sua sola intenzione è quella di liberarvi dei vostri affetti e delle vostre teorie intellettuali. "L'uomo senza qualitá" è colui che ha lasciato che la superficie e il fondo si fondano fino al punto in cui le passioni spariscano nell'assenza assoluta di un punto di appogio.

Huangpo
Dialoghi
Trad. a cura di genseki

Le altre parti della traduzione si possono leggere cliccando su Huangpo in fondo a questo post.

venerdì, novembre 06, 2009

Nicola Cusano III

Dell'apice della teoria parte III

Le altre parti si possono leggere cliccando su Nicola Cusano in fondo a questo post.

genseki

Pietro

Vedo le cose che dicesti, sebbene superino le mie capacità. Infatti che cosa potrebbe saziare il desiderio della mente se non il potere stesso, il potere di ogni potere senza il quale nulla si può? Infatti se qualcosa potesse essere senza il potere stesso in che modo lo potrebbe senza potere? E se senza potere non potrebbe, così dal potere stess avrebbe ciò che può.

Non si sazia la mente se non comprende ciò di cui nulla è migliore. E questo non può essere che il potere stesso, cioè il potere di ogni potere. Vedi bene dunque che solo il potere stesso è ciò che da ogni mente è cercato, il principio del desiderio mentale, poiché di cui nulla vien prima, e il fine di quel desiderio mentale, nulla oltre il potere stesso potendo essere desiderato.

Il Cardinale.

Ottimamente. Vedi ora Pietro, quanto ti giova la consuetudine dei colloqui e la lettura dei miei opuscoli, affinché tu mi comprenda meglio. E non dubito che tu vedrai intorno al potere stesso quelle stesse cose che io vedo non appena vi applicherai la mente. Infatti presupponendo ogni domanda intorno al “può” il potere stesso non vi si può opporre nessun dubbio; nessun dubbio infatti sfiora il potere stesso.

Chi infatti si domandasse se il potere stesso sia, subito, non appena vi riflettesse, vedrebbe che la domanda non è pertinente, non potendo senza potere cercare il potere stesso. Meno ancora si può ricercare se il potere stesso sia questo o quello, giacché il potere stesso presuppone e il poter essere e il poter essere questo e quello. Così il potere stesso precede ogni dubbio che possa sorgere. Non vi è infatti nulla di più certo di quello, dal momento che il dubbio stesso non può che presupporlo, né alcunché più sufficiente o più perfetto quello può essere trovato. Così nulla può esservi aggiunto né tolto o sottratto.


Trad genseki

mercoledì, novembre 04, 2009

Mondi intermedi

Victor Hugo

Da: L'Uomo che ride

Il sonno frequenta cupe compagnie fuori dalla vita; sopra i dormienti fluttua il pensiero in decomposizione, un vapore vivo e morto si combina con il possibile che forse, in qualche modo, pensa nello spazio. Da qui i grovigli. La fitta nuvola del sogno si sovrappone alla trasparente stella dello spirito. Sopra le palpebre chiuse, dove la visione ha preso il posto della vista, una disgregazione sepolcrale di sagome e figure si dilata nell'evanescente. Una misteriosa dispersione di esistenze si mescola alla nostra vita sul bordo mortale del sonno. È nell'aria che larve e anime si intrecciano. Anche chi non sta dormendo avverte su di sé il peso di quella vita sinistra. Lo attornia una chimera, realtà intuita, e lo turba. L'uomo sveglio che cammina attraverso i fantasmi del sonno altrui, respinge confusamente forme che gli passano accanto, e ha, o crede di avere, l'orrore vago dei contatti ostili con l'invisibile, e a ogni istante avverte l'urto oscuro, l'inesprimibile incontro che dilegua. Camminare nella notte popolata di sogni è come attraversare una foresta.


I piedi

Dreiser Cazzaniga era un feticista al contrario, ci deve essere un termine tecnico per indicare qualche cosa del genere ma non lo conosco. Dreiser Cazzaniga detestava i piedi, in ispecie quelli femminili. I piedi sono inevitabilmente una parte del corpo, non hanno nessuna possibilitá di essere considerati altro che una parte del corpo, Questo era ció che Dreiser Cazzaniga non riusciva proprio ad accettare: i piedi come due animali dotati di vita propria appiccicati ad un corpo con pretese di bellezza. Due animaletti ben capaci di moine graziose e di espressioni accattivanti ma pur sempre due animaletti, due ciechi grumi di materia cioè di morte in un corpo che si pretende oggetto e soggetto di amore, coè di soggetto e oggetto dello spirito. I piedi non riescono mai a giungere alla fisionomia però ne sono spesso la caricatura. Naturalmente detestava ancor più le unghie dipinte, specialmente di blu o di verde. Dovettero passare molti anni perchè infine potesse accettare con una certa calma di avere anche lui due piedi. ma sol come poderosi supporti della corsa, prese dell'energia della terra, li accettava solo immaginandoli come radici. Nonostante tutto finì per esser un viandante in sandali, Anche in stagioni poco propizie come l'autunno.
genseki

lunedì, novembre 02, 2009