Andiamo Agata
Non mi mentire
Si, hai capito bene
È tuo marito che te lo dice
Sono io che ti ho detto di mentire eh?
Tuo figlio, quello la
Tutti lo vedono che non è il mio
Ma con che faccia tosta vieni qui
A contarmi delle storie
Agata, andiamo tu sei nera dalla testa ai piedi
Come me
E allora! Come hai fatto a mettere al mondo un bambino bianco
E mio per di più?
Ma dai!
Mi prendi per scemo eh!
Ascolta! Il diritto di versarmi da bere ce l'hai
Ma non quello di mentire.
Agata, tuo figlio è nato da un mese
E non ha ancora deciso di prendere il colore locale
E tu vuoi dire che quello è mio figlio
Ci fai Agata? Ma dammi da bere va!
Il vino non mente!
La povera mamma me lo diceva
Figliolo tua mogli
Te en fará vedere di tutti i colori
Te lo dico io!
Di tutti i colori te en fará vedere.
Sei fortunata Agata
Sai?
Un bambino,
Che lo mandi il diavolo o il buon Dio
Che sia bianco o giallo
E persino rosso
Un bambini è sempre un bambino
C'hai una bella fortuna va!
Perché Re Salomone
Proprio lui in persona mi ha detto
Che lo devo tenere il bambino
Come fosse mio
Eh!
Ma attenta! Non mi contar più storie
Se mi fai un altro figlio, verde!
Dimmelo cheè verde, dai!
Non mi far credere che è nero.
Francis Bebey
trad. genseki
venerdì, novembre 13, 2009
Francis Bebey Agatha
mercoledì, novembre 11, 2009
Supervielle
geneki
Jules Supervielle
La goccia di pioggia
(Dio parla)
Io cerco una goccia di pioggia
Appena caduta nel mare
In rapida verticale
Che più della altre brillava
E sola tra tutte le gocce
Sembrava che avesse capito
Che, dolce, nell'acqua salata
Doveva per sempre sparire.
Da allora la cerco nel mare
La cerco per soddisfare
L'incerto ricordo del quale
Son io il solo custode.
Invano, perché ci son cose
Che nemmeno Dio puó fare
Per quanti si sforzi davvero
E goda del valido aiuto
Dell'aria del cielo e del mare.
La congiura degli spagnoli contro Venezia
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Don Pedro fece avanzare il Maresciallo di Campo Gambalotta verso Crema con alcune truppe, fece montare ventiquattro pezzi di artiglieria a Pavia perché, secondo quanto dichiarava dovevano accompagnare un corpo di ottomila uomini al comando di Don Sancho de Luna. Inoltre, il viceré di Napoli, che attraversava il Mediterraneo con la flotta spagnola e minacciava di attaccare il Duca di Savoia da Villafranca e bloccava tutti i rinforzi che potevano giungere alla Repubblica per il mare, considerava come un suo dovere entrare tutti i giorni nel golfo per tenere in iscacco la flotta veneziana.
I ministri veneziani avevano reclamato presso tutte le corti contro la violenza di questi metodi, il marchese di Bedmar cercó di giustificarli; credette che fosse molto importante rovesciare le fondamenta della venerazione che tutta l'Europa da tanti secoli nutriva per questa republica, che era considerato il piú antico e il piú libero di tutti gli stati. Tale libertá era stata appena messa a prova e innalzata ancora piú in alto in occasione del conflitto con il papa da molti scritti che sembravano ancora inconfutabili anche se la parte avversa non mancava di abili pubblicisti che avevano ben saputo rispondere. L'ambasciatore si era messo a leggere queste opere e in pochi capitoli aveva saputo confutare i numerosi volumi degli autori veneziani, senza degnarsi di citarne nemmeno uno, e siccome tra questi temi non v'è niuno che un uomo abile volendo non possa rendere un garbuglio, con il fine pretestuoso di stabilire il diritto dell'Impero su Venezia, mostró che l'indipendenza di questa repubblica era chimerica e chimerico era il suo impero marittimo. Siccome per i suoi fini era molto meglio ch'egli non fosse noto come l'autore di questo libello, lo fece pubbllicare in modo cosí abile che durante tutta la sua vita non si seppe che avesse qualcosa a che fare con esso. Sembra strano che nessuno lo sospettasse; ma si deve credere che i veneziani ancora non lo conoscessero bene, i suoi modi vivaci e impulsivi, con i quali si presentava, non permettevano loro di pensare che un uomo con un carattere cosí impetuoso potesse essere l'autore di una satire di stato di gran raffinatezza e sottigliezza. L'equità e la buona fede sembravano dominare questo testo; le dichiazioni contro i delitti dei veneziani che vi si trovavano, erano sempre nei termini di una apparente moderazione, che sola bastava a renderle plausibili. Quest'opera che ebbe per titolo: “Squittinio della libertá veneta” fece molto discutere. Non sapendo chi ne fosse l'autore il sospetto cadde naturalmente sulla corte romana, per via di altri scritti simili precedenti. Gli esperti del senato credettero che tutti ne sentissero la forza quanto loro stessi; se ne spaventarono di piú di una battaglia perduta, Frate Paolo ebbe l'ordine di esaminarla. Costui, che si era preso gioco di altri scrittori del partito avverso, dichiaró che in questo caso non conveniva rispondere, perché si sarebbe potuto farlo solo spiegando cose che era meglio lasciare sepolte nelle tenebre dell'antichitá e che se, tuttavia, il senato riteneva che la dignitá della repubblica soffrisse di questo oltraggio, egli si incaricava di mettere la corte di Roma in uno stato di tale ansia difensiva, che non avrebbe piú nemmeno pensato ad attaccare. Questo parere, che fu subito accettato nel fuoco del risentimento, permise a Fra' Paolo sarpi di pubblicare la sua amata “Storia del Concilio di Trento” che altrimenti non sarebbe stata pubblicata durante la sua vita. L'anno 1616 passó senza che nessuna delle due parti conseguisse un vantaggio considerevole. Il Duca di Savoia e i Veneziani, che non volevano far correre rischi di sorta alla gloria conquistata, diedero a Gritti, ambasciatore veneto a Madrid il mandato di riaprire i negoziati. Gli Spagnoli, indignati per la resistenza incontrata avanzarono proposte tanto irragionevoli, che la cosa non ebbe seguito. Gradisca restó bloccata, si continuó a battersi per tutto l'inverno, e gli eserciti si misero in campagna, giunta la primaver, a con un ardore tale che prometteva imprese ancora più grandi di quelli dell'anno anteriore. La tregua in Olanda aveva reso inutili quasi tutte le truppe di quello stato e ridotto gli avventurieri francesi e tedeschi a cercare impiego altrove. I conti di Nassau e di Lievenstein condussero ottomila olandesi e walloni al soldo della repubblica. Gli Spagnoli si lamentarono molto con il Papa del fatto che in questo modo i Veneziani esponevano l'Italia all'infezione dell'eresia veicolata da questi uomini d'arme; ma l'ambasciatore veneziano fece presto comprendere che non era tanto la devozione religiosa che faceva parlare gli Spagnoli quanto piuttosto il timore di vedere due grandi repubbliche unire le forze contro di loro. Il marchese di Bedmar avrebbe avuto dei bei problemi se il Papa avesse obbligato i Veneziani a licenziare quegli eretici. Siccome la maggior parte degli uomini d'arme quando servono un principe straniero non hanno in vista che il loro tornaconto, egli sperava di arruolare per i suoi fini queste truppe mercenarie, con un poco di denaro e la speranza del saccheggio di Venezia. Per negoziare questo affare mise gli occhi su di un vecchio gentiluomo francese, tal Nicolas de Renault, uomo di sapere e prudenza e che era rifugiato a Venezia per qualche oscuro motivo che non si riuscí mai a scoprire. Il marchese di Bedmar lo aveva frequentato a lungo presso l'ambasciata di Francia ove risiedeva.
César Vichard Abbé de Saint-Réal.
Trad. genseki
lunedì, novembre 09, 2009
Gaspard de la Nuit
Si riempie di passi confusi e di ceri profumati.
Victor Hugo
Canti del crepuscolo
Dixit Dominus meus: Sede a dextris meis
Vespro
"Madamina, le vostre spalle sono un mazzolino di rose e di gigli." E il cavaliere, inclinandosi cavò un occio al suo valletto con la punta della spada.
"Vi fate beffe di me!" - mormorava la smorfiosetta - "Vi divertite a farmi perdere il segno".
"Madamina, è l'Imitazione di Cristo, quella che state leggendo?"
"Macchè, è il Oracolo di galanterie amorose".
ma già i salmi erano stati cantati. Ella chiuse il libro e si alzó. "Andiamo, per oggi abbiamo pregato abbastanza."
A me, povero pellegrino inginocchiato in disparte proprio sotto l'organo parve che si udissero gli angeli scendere melodiosamente dal cielo.
Feci appena in tempo a cogliere da lontano un poco di profumo di incenso e Dio permise che potessi spigolare i chicchi del povere al fondo della sua ricca mietitura.
Aloysius Bertrand
Trad. genseki
domenica, novembre 08, 2009
Far pulizia per mezzo del vuoto
Bisogna "far pulizia per mezzo del vuoto" di tutte queste vecchie teorie. Quando non c'è più nessuna discriminazione si cade nel vuoto dell'embrione del Tathagata. L'embrione del Tathagata, che non è sporcato dal minimo granello di polvere, è la manifestazione nel mondo del "re della spiritualità che invalida l'essere". Quando il Buddha dice di "non aver trovato nessuna realtá" in Dipamkara, la sua sola intenzione è quella di liberarvi dei vostri affetti e delle vostre teorie intellettuali. "L'uomo senza qualitá" è colui che ha lasciato che la superficie e il fondo si fondano fino al punto in cui le passioni spariscano nell'assenza assoluta di un punto di appogio.
Huangpo
Dialoghi
Trad. a cura di genseki
Le altre parti della traduzione si possono leggere cliccando su Huangpo in fondo a questo post.
venerdì, novembre 06, 2009
Nicola Cusano III
Le altre parti si possono leggere cliccando su Nicola Cusano in fondo a questo post.
genseki
Pietro
Vedo le cose che dicesti, sebbene superino le mie capacità. Infatti che cosa potrebbe saziare il desiderio della mente se non il potere stesso, il potere di ogni potere senza il quale nulla si può? Infatti se qualcosa potesse essere senza il potere stesso in che modo lo potrebbe senza potere? E se senza potere non potrebbe, così dal potere stess avrebbe ciò che può.
Non si sazia la mente se non comprende ciò di cui nulla è migliore. E questo non può essere che il potere stesso, cioè il potere di ogni potere. Vedi bene dunque che solo il potere stesso è ciò che da ogni mente è cercato, il principio del desiderio mentale, poiché di cui nulla vien prima, e il fine di quel desiderio mentale, nulla oltre il potere stesso potendo essere desiderato.
Il Cardinale.
Ottimamente. Vedi ora Pietro, quanto ti giova la consuetudine dei colloqui e la lettura dei miei opuscoli, affinché tu mi comprenda meglio. E non dubito che tu vedrai intorno al potere stesso quelle stesse cose che io vedo non appena vi applicherai la mente. Infatti presupponendo ogni domanda intorno al “può” il potere stesso non vi si può opporre nessun dubbio; nessun dubbio infatti sfiora il potere stesso.
Chi infatti si domandasse se il potere stesso sia, subito, non appena vi riflettesse, vedrebbe che la domanda non è pertinente, non potendo senza potere cercare il potere stesso. Meno ancora si può ricercare se il potere stesso sia questo o quello, giacché il potere stesso presuppone e il poter essere e il poter essere questo e quello. Così il potere stesso precede ogni dubbio che possa sorgere. Non vi è infatti nulla di più certo di quello, dal momento che il dubbio stesso non può che presupporlo, né alcunché più sufficiente o più perfetto quello può essere trovato. Così nulla può esservi aggiunto né tolto o sottratto.
mercoledì, novembre 04, 2009
Mondi intermedi
Il sonno frequenta cupe compagnie fuori dalla vita; sopra i dormienti fluttua il pensiero in decomposizione, un vapore vivo e morto si combina con il possibile che forse, in qualche modo, pensa nello spazio. Da qui i grovigli. La fitta nuvola del sogno si sovrappone alla trasparente stella dello spirito. Sopra le palpebre chiuse, dove la visione ha preso il posto della vista, una disgregazione sepolcrale di sagome e figure si dilata nell'evanescente. Una misteriosa dispersione di esistenze si mescola alla nostra vita sul bordo mortale del sonno. È nell'aria che larve e anime si intrecciano. Anche chi non sta dormendo avverte su di sé il peso di quella vita sinistra. Lo attornia una chimera, realtà intuita, e lo turba. L'uomo sveglio che cammina attraverso i fantasmi del sonno altrui, respinge confusamente forme che gli passano accanto, e ha, o crede di avere, l'orrore vago dei contatti ostili con l'invisibile, e a ogni istante avverte l'urto oscuro, l'inesprimibile incontro che dilegua. Camminare nella notte popolata di sogni è come attraversare una foresta.
I piedi
genseki
lunedì, novembre 02, 2009
Each is before, and each behind its time
domenica, novembre 01, 2009
Corpo narrato, corpo salvato
Credo che questa possa essere una delle ragioni del successo delle medicine alternative più eccentriche.
Normalmente esse fanno appello a potenti forme simboliche che si sovrappongono anche graficamente al corpo.
Questa è la funzione per esempio dei chakra che da elementi circondati da un qualche alone esoterico sono diventati parte del linguaggio e dell'immaginario di qualunque apprendista pettinatrice.
Il nostro corpo puó e debe essere letto grazie a strumenti di questo tipo. E la possibilitá di leggerlo è giá una garanzia di guarigione. Guarigione dal fatto di essere un corpo fisico. Nessuno può incontrarsi con il corpo fisico, con il reale corporale senza esserne annientato. Ammesso che sia possibile accedere al reale corporale senza l'intermediazione del linguaggio. Il corpo deve poter essere narrato perché si possa concepire che possa essere guarito. Apparentemente questa sembrerebbe anche la funzione dell'erotismo. Un corpo erotico è un corpo-linguaggio, un corpo-racconto, un corpo-parabola. Il corpo sessuato è il reale atroce che la pornografia cela facendo come se lo disvelasse. Perché la veritá del corpo è la morte e la sola certezza di immortalitá è il verbo.
genseki
sabato, ottobre 31, 2009
Apparizione
Uno di quelli che chiamano
“Tutto a un euro” fu in uno
Di questi negozi che lo avvicinò
Per la prima volta con le nocche
Pallide per la tensione
La fronte sudata e i lunghissimi capelli
Falsi come un film di Zeffirelli
Con una mano reggeva un cuore fiammeggiante
Pericolsamente vicino a tutte quelle tute di acrilico
Lo vide in mezzo ai portaincensi
Ai budda canini dai ventri dorati
Alle borsette della Pukka
Era vestito di velluto o di panno
Dapprima non udì la sua voce
Sommersa tra le grida dei guerrieri cinesi
Che si battevano su uno schermo piccolissimo
Davanti agli occhi della grassa bottegaia
Poi le sue parole si materializzarono proprio nel centro
Della sua fronte forzandola a corrugarsi:
Perché mi hai dimenticato?
Perché mi fuggi?
E non c'era dolore in quella voce
Ma uno sfrigolio come di mosche
Incenerite da una di quelle macchine azzurre
Non ti ho dimenticato – rispose,
-
Tu sei dentro di me come il dolore e la pace,
Tu sei l'Unico che mi consola ma non torneró
Sono condannato alla gnosi islamica e buddista
É lo stesso, il tuo amore mi lava nel sangue
Il tuo cuore è la lampada che rende lebbrosa la mia pelle
Tra i denti ti serro mia manna, ostia mia
Ma non posso tornare!
Continuava sfrigolando un po' sfuocato
E lui vide allora che tutti gli oggetti del negozio
Erano tumori, groppi di dolore, nodi di oppressione
E il Nemico rideva dei bambini e degli storpi
Ma era tardi anche solo per prendere un caffé con lui
Il Tram per il suburbio stava per arrivare
Comprò una bic per giustificarsi
La cassiera aveva le unghie dei piedi
Dipinte di rosa e un violoncello tatuato
Sulla caviglia appena sopra la ciabatta a forma di coniglio.
giovedì, ottobre 29, 2009
Dreiser Cazzaniga e la gioventù
genseki
mercoledì, ottobre 28, 2009
La luna
Terso serpente all'ora del caffé
Nel candore della tazzina andava
Cercando il rifugio del suo ventre amaro
Macchia, latte condensato, seme
Quel giallo di luna disciolta sulle lenzuola
Stingeva sull'estate dell'infanzia
Tiresia soleva chiamare Tersilla accorreva
Con la sua voce da opera buffa e le scarpine di velluto
Farfalletta da minuetto e baffi di crema
La luna soleva chiamarla
Tiresia accorreva
L'alone era di sangue rosa
Sul lenzuolo di altre infanzie.
genseki
Agalma
Era un gioiello musicale
Una perla di gesso, quella che teneva
Nella mano come un cristallo
Sonoro mentre andava screpolandosi
Tutto il guano depositato da eoni di invidia
Sulla pelle della sua dolcezza
Era un gioiello sonoro
Lo si sarebbe detto alato, Tiresia
Stesso lo trasse dal ventre
Della sua temporale femminilitá
Un gioello incrinato come il fischio
Della luna, come il fruscio della nebbia
Come la catastrofe del mare
Un gioiello
Tutto interiore
Interiore alla sua stessa interioritá
Risuonando in diversi firmamenti di silenzio
Per infiniti silenzi avvolgendosi
Fino a sparire nella sua assenza
Un gioello così,
Meraviglioso
Era quello che teneva, ora,
Nelle mani giunte per sempre ...
genseki