Questi pensieri tratti dai quaderni di Simone Weil possono aiutare a intendere quello che sta accadendo in questi giorni in Palestina e che sta accadendo da secoli in angolo di questa terra impregnata di sangue:
Lo sventurato, non trovando né pietá, né simpatia non ne capisce il perché. Crede che se fosse lui al posto degli spettatori avrebbe pietá, perché immaginandosi al loro posto si inventa come spettacolo una sventura immaginaria in cui niente ostacoli la pietá.
Basta leggere i quotidiani di tutti i paesi sviluppati o ascoltare le notizie. I palestinesi non hanno diritto alla pietá.
Due pensieri alleviano un po' la sventura. Che essa finirá quasi subito, oppure che non finirá mai. Ma non si puó pensare che essa è, semplicemente. Questo è insostenibile.
In queste parole forse si puó intravedere il senso della resistenza disperata degli abitanti di Gaza e dei militanti di Hamas
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La sofferenza non è nulla al di fuori del rapporto tra il paasato e il futuro, ma per l'uomo cosa c'è di più reale di questo rapporto? La realtá stessa.
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Coloro cui era stata distrutta la cittá e che venivano condotti in schiavitú non avevano piú né passato né futuro: di quale oggetto potevano riempire il loro pensiero? Di menzogne e delle più infime, pronti, forse a rischiare la crocifissione per rubare un pollo piú che un tempo la morte in combattimento per difendere la loro cittá.
Nessuno compiangeva uno schiavo (un palestinese di Gaza); dunque egli poteva diffondere a sé il male che soffriva, solo con la cattiveria (lancio di missili Kassam), poiché gli era impossibile far soffrire gli altri per pietá.
Al di sotto di un certo livello questo desiderio di diffondere il male al di fuori di se sparisce e la sventura rende docili.
Questo grado estremo di sventura sembrerebbe essere l'obiettivo che Israele intende disumanamente raggiungere e che fino ad oggi non ha potuto conseguire.
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Le perti in verde sono di genseki, le azzurre di Simone Weil dai Quaderni vol II pagg. 47-49 a cura di G. Gaeta.