Bisogna anche notare come egli si tenne sempre lontano dai fratelli Schlegel. Un simile atteggiamento, che credo deliberato, implica, in questo momento da parte di Arnim, un'adesione senza riseve alle tesi di Fichte, nell'amplissima misura in cui, , oggetto delle piú costanti polemiche e delle piú vilente, esse costatemente difendono i diritti della Ragione e della Critica in quanto epsressioni della filosofia della Riforma e della Rivoluzione. Per togliere qualsiasi dubbio sulla chiarezza e la nettezza di questa adesione basterebbe portare una testimonianza del 1811, ovvero l'anno della pubblicazione di Isabelle d'Egitto e che proprio in quell'epoca acquisisce tutto il suo valore: “Per piú di un ascoltatore, studente o no, le conferenze di Fichte, come lo sotolinea Achim von Arnim, sostituivano quella che fu la religione della Chiesa”.
Cosí ecco come riesce a svilupparsi, non senza momenti di grande effervescenza e frequenti ritorni allo scrupolo, in uno dei cervelli meglio organizzati del principio del XIX secolo, e,non bisogna dimenticrlo, un cervello essenzialmente poetico, la notevole situazione in cui si trova lo spirito, conteso, allora in modo piú evidente che mai, tra le forze del progresso e quelle regressive. Un'alleanza che richiama l'attenzione e che nella storia è raramente cosciente di se stessa anche se la possiamo definire eterna tende a porre nello stesso campo i poeti, gli artisti e gli scenziati che sanno valutare il valore ell'iluminaione che si produce a grandi intervalli a traverso di loro e ammettere che vi è qualche cosa al di lá di essa, non fose altro che la notte.. Da qui a voler rendere ancora piú oscura la notte non vi è che un passo, come lo testimonia Schelling quando si mise in testa di attirare verso la sua folosofia l'approvazione dei romantici preconizzando un ritorno del misticismo e infeudando la scinza all'arte quando dichiaró che: “entrambe dovevano finalmente coincidere, quando a scienza avrá risolto il suo problema, e certo lo risolverá, come l'arte ha giá risolto per sempre il suo (sono io che lo sottolineo”.
Nell'altro campo, raggruppati attorno a Fichte come piú tardi lo saranno attorno a Hegel si radunavano i partigiani dell'illuminismo e tra di loro è essenziale riconosce, a partire a questo istante Achim von Arnim. Effettivamente è proprio questa congiuntura e questa soltanto che ci fa capire il rimorso di Brentano, verso la fine della sua vita, che si accusa, lui che doveva morire monaco, d'avere favorito il matrimonio di sua sorella con arnim: “Son io” - dice: “ che po condussi da Bettina e cosí la consegnai alla letteratura, ai filosofi, alla Giovin Germania; è colpa mia se ella non ha piú religione”. de è ancora questa congiuntura che ci spiega come l'opera di Arnim, la cui fantasia è la piú abbagliante della sua epoca, non incorre nel giudizio che si puó su gran parte della letteratura romantic tedesca e che si esprime a mio giudizio con un'autorevolezza incomparabile, in questa critica di Hegel a proposito di Enrico di Ofterdingen romanzo cosí nebuloso di Novalis: “Il giovane autore si è lasciato trascinare da una prima brillante invenzone, ma non si è reso conto di quanto una simile concezione sia difettosa, precisamente per essere irrealizzabile. Le figure incorporee e le situazioni vuote sfuggono sepre alla realtá in cui dovrebbero inserirsi, invece, se prtendessero di avere una qualche realtá”. Nulla di cosí arbitrario, vago, irrisolto in Arnim. sono ben sicuro, avendoli riletti molte volte, che nei racconti che seguono non è stato commesso il benché minim abuso di fiducia, salvo l'iniziativ che consiste nel mettere in circolazione e in relazione esseri liberati fin dove è possibile dalla convenzione di presentarsi nella loro essenza e comportamento com esseri vivi. Una volta acconsentito ad entrare in scena, questi esseri si comportano con una naturalezza e, si potrebbe dire, un coraggiodi cui non saprei trovare l'eqivalente nelle creazioni di qualche altro narratore. E dicendo questo, non penso solo a Hoffmann e a i suoi “diavoli” di paccotiglia, tra cui un sedicente golem venuto dopo quello di arnim e che solo en è una grossolana contraffazione, Sono davvero oggetti di perfetta illusione che spingono la civetteria fino a sembrar sottrarsi alla volontá dell'autore, in modo tale che costui, come se sfuggisse ad ogni contagio romantico, assume al loro lato l'aspetto di un osservatore impersonale.
Cosí ecco come riesce a svilupparsi, non senza momenti di grande effervescenza e frequenti ritorni allo scrupolo, in uno dei cervelli meglio organizzati del principio del XIX secolo, e,non bisogna dimenticrlo, un cervello essenzialmente poetico, la notevole situazione in cui si trova lo spirito, conteso, allora in modo piú evidente che mai, tra le forze del progresso e quelle regressive. Un'alleanza che richiama l'attenzione e che nella storia è raramente cosciente di se stessa anche se la possiamo definire eterna tende a porre nello stesso campo i poeti, gli artisti e gli scenziati che sanno valutare il valore ell'iluminaione che si produce a grandi intervalli a traverso di loro e ammettere che vi è qualche cosa al di lá di essa, non fose altro che la notte.. Da qui a voler rendere ancora piú oscura la notte non vi è che un passo, come lo testimonia Schelling quando si mise in testa di attirare verso la sua folosofia l'approvazione dei romantici preconizzando un ritorno del misticismo e infeudando la scinza all'arte quando dichiaró che: “entrambe dovevano finalmente coincidere, quando a scienza avrá risolto il suo problema, e certo lo risolverá, come l'arte ha giá risolto per sempre il suo (sono io che lo sottolineo”.
Nell'altro campo, raggruppati attorno a Fichte come piú tardi lo saranno attorno a Hegel si radunavano i partigiani dell'illuminismo e tra di loro è essenziale riconosce, a partire a questo istante Achim von Arnim. Effettivamente è proprio questa congiuntura e questa soltanto che ci fa capire il rimorso di Brentano, verso la fine della sua vita, che si accusa, lui che doveva morire monaco, d'avere favorito il matrimonio di sua sorella con arnim: “Son io” - dice: “ che po condussi da Bettina e cosí la consegnai alla letteratura, ai filosofi, alla Giovin Germania; è colpa mia se ella non ha piú religione”. de è ancora questa congiuntura che ci spiega come l'opera di Arnim, la cui fantasia è la piú abbagliante della sua epoca, non incorre nel giudizio che si puó su gran parte della letteratura romantic tedesca e che si esprime a mio giudizio con un'autorevolezza incomparabile, in questa critica di Hegel a proposito di Enrico di Ofterdingen romanzo cosí nebuloso di Novalis: “Il giovane autore si è lasciato trascinare da una prima brillante invenzone, ma non si è reso conto di quanto una simile concezione sia difettosa, precisamente per essere irrealizzabile. Le figure incorporee e le situazioni vuote sfuggono sepre alla realtá in cui dovrebbero inserirsi, invece, se prtendessero di avere una qualche realtá”. Nulla di cosí arbitrario, vago, irrisolto in Arnim. sono ben sicuro, avendoli riletti molte volte, che nei racconti che seguono non è stato commesso il benché minim abuso di fiducia, salvo l'iniziativ che consiste nel mettere in circolazione e in relazione esseri liberati fin dove è possibile dalla convenzione di presentarsi nella loro essenza e comportamento com esseri vivi. Una volta acconsentito ad entrare in scena, questi esseri si comportano con una naturalezza e, si potrebbe dire, un coraggiodi cui non saprei trovare l'eqivalente nelle creazioni di qualche altro narratore. E dicendo questo, non penso solo a Hoffmann e a i suoi “diavoli” di paccotiglia, tra cui un sedicente golem venuto dopo quello di arnim e che solo en è una grossolana contraffazione, Sono davvero oggetti di perfetta illusione che spingono la civetteria fino a sembrar sottrarsi alla volontá dell'autore, in modo tale che costui, come se sfuggisse ad ogni contagio romantico, assume al loro lato l'aspetto di un osservatore impersonale.
Trad genseki