Incontro con Dreiser Cazzaniga
Ricordava di aver incontrato Dreiser Cazzaniga nel corso delle sue passeggiate novembrine, con la testa in fiamme e Carducci nel cuore. La sua percezione dell'autunno era profondamente carducciana per via della poesia imparata a memoria d'autunno, alle elementari e per il fatto che per la via che egli percorreva per andare a scuola davvero respirava l'aspro odore dei mosti e se non vi erano spiedi vi erano cacciatori di cinghiali, sugli usci, che non rimiravano il cielo ma si rimiravano le scarpe piene di fango, Insomma l'autunno lo viveva in un universo parallelo che chiamava Carducci, E fu in autunno che incontró Dreiser Cazzaniga sulla stradina di Santa Libera, prima che decidessero di asfaltarla, stradina che menava al mare attraverso un lunghissimo itinerario tra alte querce rosse. Dreiser Cazzaniga avanzava col passo di un ciccione che è profondamente convinto di essere magro. In generale si muoveva e gesticolava come qualcuno che fosse di colpo stato precipitato in un altro corpo e non se en fosse ancora reso conto, Dai suoi occhi tranquilli e acquosi sembrava guardare il mondo come se fossero intensi e fiammegianti, il sorriso dolce che modellava la sua bocca pareva che nascondesse una smorfia invisibile di annoiato disprezzo, le dita pallide e lunghisime le muoveva come se fossero tozze e brunite dal fuoco del lavoro e della lotta. La lunga barba castana e i capelli che scendevano formando abbozzi di anelli fino al collo sfiniti e unti sotto il rigido cappello nero gli conferivano un profilo vagamente giudaico. Scrutava pigramente il bosco in cerca di funghi, reggeva con la mano destra una copia dell'Orlando Furioso di Garzanti. Non sapeva chi fosse en come si chiamasse, venne a conoscenza del suo nome nel caffé del borgo mentre comprava un biglietto della corriera che scende verso il mare e trangugiava un caffé amaro e colloso. Lo rivide altra volte, anche in cittá, con i seguaci di Mastro Arrigo, con qualche prostituta ucraina biondissima e stupida, mentre entrava in una panetteria a comprare la focaccia. Dreiser Cazzaniga non aveva per lui nessun interesse e nulla faceva presagire che fosse destinato, proprio lui a incontrarne il cadavere in quel bosco di carpini epilettici alle pendici del monte mucrone con la testa appoggiata a un tronco coperto da uno spesso strato di Trametes Versicolor. Era Dicembre, Il monte Rosa lontano era solo un'idea traingolare, come era finito lassú quel corpo coperto da una giacca grunge, col basco ancora ficcato sulla testa calva e un paio di scarponi da muratore di cui no gli ea sfugitto dal piede? Restó a fissare il cadavere e si percepí di colpo come un leggero segugio giallo intento a fiutare le ascelle di quel morto. Poi si ricordó di Nastagio degli Onesti, di Botticelli, una donna nuda correva nel bosco in uno schianto secco di rami. Quando riaprí gli occhi e ritrovó la calma si accorse che il Commissario Fabro gli aveva appoggiato una mano sulla spalla.
Ricordava di aver incontrato Dreiser Cazzaniga nel corso delle sue passeggiate novembrine, con la testa in fiamme e Carducci nel cuore. La sua percezione dell'autunno era profondamente carducciana per via della poesia imparata a memoria d'autunno, alle elementari e per il fatto che per la via che egli percorreva per andare a scuola davvero respirava l'aspro odore dei mosti e se non vi erano spiedi vi erano cacciatori di cinghiali, sugli usci, che non rimiravano il cielo ma si rimiravano le scarpe piene di fango, Insomma l'autunno lo viveva in un universo parallelo che chiamava Carducci, E fu in autunno che incontró Dreiser Cazzaniga sulla stradina di Santa Libera, prima che decidessero di asfaltarla, stradina che menava al mare attraverso un lunghissimo itinerario tra alte querce rosse. Dreiser Cazzaniga avanzava col passo di un ciccione che è profondamente convinto di essere magro. In generale si muoveva e gesticolava come qualcuno che fosse di colpo stato precipitato in un altro corpo e non se en fosse ancora reso conto, Dai suoi occhi tranquilli e acquosi sembrava guardare il mondo come se fossero intensi e fiammegianti, il sorriso dolce che modellava la sua bocca pareva che nascondesse una smorfia invisibile di annoiato disprezzo, le dita pallide e lunghisime le muoveva come se fossero tozze e brunite dal fuoco del lavoro e della lotta. La lunga barba castana e i capelli che scendevano formando abbozzi di anelli fino al collo sfiniti e unti sotto il rigido cappello nero gli conferivano un profilo vagamente giudaico. Scrutava pigramente il bosco in cerca di funghi, reggeva con la mano destra una copia dell'Orlando Furioso di Garzanti. Non sapeva chi fosse en come si chiamasse, venne a conoscenza del suo nome nel caffé del borgo mentre comprava un biglietto della corriera che scende verso il mare e trangugiava un caffé amaro e colloso. Lo rivide altra volte, anche in cittá, con i seguaci di Mastro Arrigo, con qualche prostituta ucraina biondissima e stupida, mentre entrava in una panetteria a comprare la focaccia. Dreiser Cazzaniga non aveva per lui nessun interesse e nulla faceva presagire che fosse destinato, proprio lui a incontrarne il cadavere in quel bosco di carpini epilettici alle pendici del monte mucrone con la testa appoggiata a un tronco coperto da uno spesso strato di Trametes Versicolor. Era Dicembre, Il monte Rosa lontano era solo un'idea traingolare, come era finito lassú quel corpo coperto da una giacca grunge, col basco ancora ficcato sulla testa calva e un paio di scarponi da muratore di cui no gli ea sfugitto dal piede? Restó a fissare il cadavere e si percepí di colpo come un leggero segugio giallo intento a fiutare le ascelle di quel morto. Poi si ricordó di Nastagio degli Onesti, di Botticelli, una donna nuda correva nel bosco in uno schianto secco di rami. Quando riaprí gli occhi e ritrovó la calma si accorse che il Commissario Fabro gli aveva appoggiato una mano sulla spalla.