lunedì, novembre 17, 2014

Vittorio Alfieri


Papa Benedetto XVI

Ratzinger – In spe salvi


La fede non è soltanto un personale protendersi verso le cose che devono venire ma sono ancora totalmen assenti; essa ci dà qualcosa. Ci dà già ora qualcosa della realtà attesa, e questa realtà presente costituisce per noi una « prova » delle cose che ancora non si vedono. Essa attira dentro il presente il futuro, così che quest'ultimo non è più il puro « non-ancora ». Il fatto che questo futuro esista, cambia il presente; il presente viene toccato dalla realtà futura, e così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future.


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La fede conferisce alla vita una nuova base, un nuovo fondamento sul quale l'uomo può poggiare e con ciò il fondamento abituale, l'affidabilità del reddito materiale, appunto, si relativizza. Si crea una nuova libertà di fronte a questo fondamento della vita che solo apparentemente è in grado di sostentare, anche se il suo significato normale non è con ciò certamente negato. Questa nuova libertà, la consapevolezza della nuova « sostanza » che ci è stata donata, si è rivelata non solo nel martirio, in cui le persone si sono opposte allo strapotere dell'ideologia e dei suoi organi politici, e, mediante la loro morte, hanno rinnovato il mondo. Essa si è mostrata soprattutto nelle grandi rinunce a partire dai monaci dell'antichità fino a Francesco d'Assisi e alle persone del nostro tempo che, nei moderni Istituti e Movimenti religiosi, per amore di Cristo hanno lasciato tutto per portare agli uomini la fede e l'amore di Cristo, per aiutare le persone sofferenti nel corpo e nell'anima. Lì la nuova « sostanza » si è comprovata realmente come « sostanza », dalla speranza di queste persone toccate da Cristo è scaturita speranza per altri che vivevano nel buio e senza speranza. Lì si è dimostrato che questa nuova vita possiede veramente « sostanza » ed è una « sostanza » che suscita vita per gli altri. Per noi che guardiamo queste figure, questo loro agire e vivere è di fatto una « prova » che le cose future, la promessa di Cristo non è soltanto una realtà attesa, ma una vera presenza: Egli è veramente il « filosofo » e il « pastore » che ci indica che cosa è e dove sta la vita.







Leopoldo Panero

Nella soltitudine del mio corpo

Al mio fianco dietro le sottili
Pareti, debolmente si confondono
I fiocchi con il vento della notte.
Dentro il mio cuore, quello che ho vissuto
Pur si confonde, e sono un paesaggio
Che diventa ogni volta piú profondo
Sono il mio corpo oscuro e solitario
Che con l'anima ora si. Confonde.
Ora che solo sto cnella mia carne,
E l'eco del mio corpo è solo morte
Ed il rischio del sangue nel silenzio
Come un'ape tra il rosmarino assente,
Mentre il suo splendor continuo e mite
Nel querceto lassú in mezzo all'ombra,
Posa la neve dai piedi d'uccello.
Ora, o Signore, che stringo la puerzza,
Come un bimbo che dorme tra le braccia,
Voglio tutto obliar del corpo mio
Abbandonar del tutto il mio volere
Nella notturna tenebra, dove
Duole piú la speranza, o corpo mio.
Ora che sono cosí vicino e che tu solo
Mi separi, mio corpo, corpo mio
E l'anima è divinino annebbiamento,
Sostanza intiepidita della vita
Nella pietá del cuore … e ora
Mi sento come privo delle mani
Non mi posso toccare per sentirmi,
Oltre i tremore nel quale si unisce
L'uomo alla nostalgia e Iddio al vento!
Ora che sono, il mio corpo, sottile
Parete sulla notte, corpo mio,
Come rotto dal tempo e che mi attende
La scura libertá della campagna
Voglio obliar tutto il mio nome illuso
La pelle mia di ombra, Perché adesso,
Appena resti tu, dolcezza effimera,
Di chi ti dette la mano da bambino
Di chi drizzó il tuo petto da ragazzo
Di chi lento verrá a te da vecchio
Per aprirti la porta del giardino.

Trad. genseki

sabato, novembre 15, 2014

La Feroniade

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 V'era la rosa che mandâr primieri
di Damasco i giardini e di Mileto;
quella rosa che poi, nel fortunato
grembo translata dell'ausonia terra,
fu pestana nomata e prenestina.
Sua sorella minor, ma di più grido,
le fioriva da canto la modesta
licnide figlia delle ambrosie linfe,
di che le Grazie un dì le belle membra
lavâr di Citerea, quando dai primi
ruvidi amplessi di Vulcan si sciolse.
 
V. Monti

Giusto de' Conti



Quel cerchio d'oro che due trecce
Bionde alluma si, che il Sol troppo
Sen dole, e il viso ove fra pallida viole
Amor sovente al'ombra si nasconde;

E l'armonia che tra si bianche e monde
Perle risuona anheliche parole;
E gli occhi, onde il mattin riprende il Sole
La luce che perduta avea tra l'onde;

E la vaghezza del soave riso
Coll'atto altero dell'andar beato.
Che ogi vil cura dal cor m'allontana;

E il bel tacere da 'nnamorar Narciso, è
Quel che tanto ha sopra ogni altro stato
Nobilitata la natura umana.



Scritto ad ogni istante

Leopoldo Panero

Dove vanno le aquile

Una luce veemente oscura, di tormenta
Ondeggia sulle cime dell'alto Guadarrama
Dove vanno le aquile, Sende la sera lenta
Lungo i verdi sentieri, caldi tra le ginestre

Sonnolenta tra i sassi risplende una scintilla
Del sole occulto e freddo. La luce tra le fronde
Como volo d'uccello nell'ombra si nasconde
Bruscamente il silenzio balena come fiamma.

Ho paura, Alzo gli occhi. Dio flagella
Il mio cuore. Il vapor della neve si raffredda
Proprio come un ricordo, Fluttua sui monti

La pace e l'anima sogna la propria lontananza
Una luce veemente germoglia dal mio sonno
Verso l'amore. Vespero cupo s'addorme ai miei piedi.

Trad. genseki








venerdì, novembre 14, 2014

Sulla famiglia

“All’interno del problema da voi toccato nelle domande, vi è una cosa molto triste, molto dolorosa. Penso che la famiglia cristiana, la famiglia, il matrimonio, non siano mai stati così attaccati come avviene ora. Attaccati direttamente o attaccati di fatto. Forse mi sbaglio. Gli storici della Chiesa ci sapranno dire, però la famiglia è colpita, attaccata, la famiglia è, a dir poco, imbastardita, quasi fosse una forma come un’altra di associazione… Beh, si può chiamare famiglia tutto, no? Inoltre, quante famiglie sono ferite, quanti matrimoni sfasciati, quanto relativismo nella concezione del Sacramento del Matrimonio. Ormai si può parlare di una crisi della famiglia, e questo dal punto di vista sociologico, oppure di quello dei valori umani, o ancora dal punto di vista del Sacramento cattolico, del Sacramento cristiano. Ed è una crisi perché la bastonano da tutte le parti e la lasciano davvero ferita. Quindi è chiaro, non si può non fare qualcosa. Dunque, la tua domanda: che possiamo fare? Certo, possiamo fare bei discorsi, dichiarazioni di principi, sì, anche queste vanno fatte, no? Le idee chiare! Guardate, quello che state proponendo non è un matrimonio. E’ un’associazione, però non è un matrimonio. Cioè, a volte bisogna dire le cose con molta chiarezza. E questa cosa bisogna dirla. La pastorale è di aiuto, ma solamente in questo è necessario che sia ‘corpo a corpo’. Quindi accompagnare, e questo significa perderci il tempo. Il grande maestro nel perdere il proprio tempo in questo è Gesù, no? Ne ha perso di tempo per accompagnare, par far maturare le coscienze, per curare le ferite, per insegnare! Accompagnare è fare un cammino insieme. E’ ovvio che il sacramento del matrimonio è stato svalutato; si è passati, irresponsabilmente, dal sacramento al rito. La riduzione del sacramento al rito. Quindi si fa del sacramento un fatto socialE ...

Francesco I