mercoledì, dicembre 19, 2007

Hui Neng

Il Maestro Konin si era fatto vecchio e voleva sapere quale dei suoi discepoli avrebbe potuto spstituirlo e trasmettere il suo insegnamento. Chiese, perció a tutti i monaci di esprimere la loro comprensione dello zen con un poema. Molti conoscono,ormai, questa storia che è diventata famosa.
Jinshu che era il primo, il piú prossimo dei discepoli compose questo poema:
"Il corpo è l'albero della Bodhi
Lo spirito è uno specchio puro
Senza sosta abbiamo da spolverarlo
Per non permettere che la polvere vi si depositi.


Lo scrisse su di una parete. Tutti quanti ne furono impressionati.



Hui Neng lavorava in cucina. Era stato boscaiolo e non sapeva scrivere. Passando di là, sorpreso dall'asembramento chiese che qualcuno gli leggesse il poema e poi che qualcuno volesse scrivere un suo testo al lato di quello di Jinshu. Eccolo:



Bodhi non è albero
Specchio non v'è
Né nulla consiste
Ove la polvere possa posarsi."



Questo è uno dei testi fondativi del Buddhismo Zen nella versione, che ho liberamente tradotto, data da Raphael Triet in Usui 3 (pag. 44).



Le due poesie rappresentano i due poli della dialettica zen: Attenzione-Abbandono, Concentrazione-Dispersione.

Il testo di Hui Neng (Eno) sembra la negazione puntuale del testo di Jinshu:
Non c'è albero, non c'è specchio, non c'è nemmeno polvere.
A una metafora triadica si contrappone una negazione metaforica triadica.
Hui Neng, tuttavia, chiede ai monaci di scrivere la sua poesia accanto a quella di Jinshu, e lo fa dopo averla lodata.
Non pone il suo testo al posto di quello del rivale nè al di sopra e neppure al di sotto. Bensì accanto.
Inoltre la scelta della negazione puntuale dello schema metaforico del testo di Jinshu fa sì che la poesia di Hui Neng si possa comprendere solo se si conosce quella del suo antagonista. Hui Neng lega il destino del suo testo al destino del testo dell'altro. A tal punto che il testo di Jinshu appare come la chiave per la decifrazione del testo di Hui Neng.
Si tratta del primo movimento di una variazione. Non si intenderebbe Beethoven senza aver prima ascoltato con attenzione Diabelli.
Il secondo movimento è quello che fa dipendere la comprensione del testo di Jinshu da quello di Hui Neng, è la poesia del sesto patriarca che rende possibile lo schiuderi del senso dell'altra.
La variazione musicale è una forma della dialettica, forse la piú alta.
"L'Aufheben" di Hui Neng consiste nel movimento che fa della negazione una variazione, nel movimento che nega l'opposizione nel momento stesso in cui la innalza.
Non è pòssibile Hui Neng senza Jinshu ed è Hui Neng che rende possibile Jinshu e Hui Neng.
genseki

lunedì, dicembre 17, 2007

Manos


Natale 2007

Rivoluzione

***

Una mano
Più un'altra mano
Non son due mani
Son mani unite
Unisci la tua mano
Alle nostre mani
Perché il mondo
No sia in mano di pochi
Ma in tutte le mani.

*

Gonzalo Arango
trad genseki

lunedì, dicembre 10, 2007

The Legend of Suram Fortress

Mi sono ricordato di questo viaggio magico leggendo il bellissimo post di Kelebek sulla poesia di Rustaveli. Da dove viene la bellezza di quella scrittura la sintassi perfetta di queste immagini che decifrano e rappresentano il Mundus Imaginalis nelle sue articolazioni in forma tanto pefetta? Quale grazia le permette di varcare i secoli e di parlarci del bene e del male, del bello e del tutto in una lingua che non possiamo decifrare ma sulla cui perfezione non possiamo non piangere, noi ridotti a cercare i suoni della foresta nei parcheggi dei CARREFOUR di questo mondo.
genseki

martedì, dicembre 04, 2007

Sugli aforismi di Gómez Dávila

Che senso ha essere antimoderno nella Colombia di oggi? Che significa richiamarsi all' "ancien Régime?
Gómez Dávila è un pensatore irreale. Un pensatore che non ha realtá che è stato immaginato da qualcuno o da qualche cosa per essere asslutamente fittizio.
Gli aforismi che ho tradotto nella pagina precedente sono stati scelti in modo del tutto casuale. Il quadro che se ne ricava è quello di un mimetismo sospetto, il mimetismo di qualcuno che non è reale ma che gesticola per sembrare tale. Nel suo gesticolare il buon Gómez assume toni da giansenista, si atteggia a Arnauld o a Nicole, a gran signore nello stile La Rochefoucauld, per ricadere poi nello schema della dialettica decimomonica, quasi senza rendersene conto, come nell'aforisma sulla veritá e la coerenza che è comprensibile solo nel quadrodell'hegelismo. Dell'hegelismo aforismatico, naturalmente.
La "Fenomenologia dello Spirito" non è forse una raccolta di aforismi presentata come un lungo discorso apparente? Se la si legge così è di sicuro meno oscura.
Il buon Gómez gesticola ancora come quegli alcolizzati nelle mattine grige sui viali lungo il grande fiume di qualche capitale e gesticolando dimentica che uno dei principi base del marxismo è che la coscienza di sè può venire ala classe dominata solo dall'esterno, cioè dalla classe dominante: la borghesia. Così i marxisti non solo non occultano di essere borghesi ma adirittura lo teorizzano come necessario.
Gómez smarrito si atteggia ad aristocratico, cattolico e libertino e non si avvede che la figura più prossima a quello che doveva essere un nobile del secolo XVIII è in Colombia il Narcotrafficante e che il modello del Reazionario gomeziano sembra il medesimo Pablo Escobar?
Il filosofo inesistente a fianco del narcotrafficante reale.
Leo Strauss ha stancato i neocon, Adelfi serve loro un altro mito strampalato.

genseki

lunedì, dicembre 03, 2007

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Aforismi colombiani

Nicolás Gómez Dávila


Le perfezioni di coloro che amiamo non sono finzioni dell'amore. Amore, è, al contrario, il privilegio di avvertire una perfezione invisibile agli occhi degli alri.

Degli esseri che amiamo ci basta l'esistenza.

Dio è la sostanza di quello che amiamo.

Se Dio fosse la conclusione di un ragionamento non sentirei la necessitá di adorarlo. Dio, peró non è solo la sostanza di ció che spero, bensì la sostanza di ciò che vivo.

La coerenza di un discorso non prova la sua verità , bensí la sua coerenza. La veritá è la somma di evidenze incoerenti.

La societá del futuro: una schiavitù senza padroni.

Dare una definizione di nobiltá sarebbe impertinente con certi lettori e enigmatico per altri.

La volgaritá consiste nel pretendere di essere ió che non siamo.

Le idee confuse e gli stagni torbidi sembrano profondi.

Necessitiamo che ci contraddicano per affinare le nostre idee.

La prolissitá non è eccesso di parole, bensí scarsezza di idee.

Diciamo egoista colui che non si sacrifica al nostro egoismo.

L'intelligenza da tutto alla mente che sceglie, meno la certezza di essere intelligente.

Eleganza, dignità, nobiltà, sono gli unici valori cui la vita non giunge a mancare di rispetto.

La gente difficilmente comprende che non comprende.

La libertà non è un fine ma un mezzo, chi la prende per un fine non sa che farsene quando la ottiene.

Borgehsia è ogni gruppo di individui scontenti di quello che hanno e soddisfatti di quello che sono.

I marxisti definiscono economicamente la borghesia per occultarci che le appartengono.

Negarsi alla meraviglia è il marchio della bestia.

Non concediamo alle opinioni stupide il piacere di scandalizzarci.

Chi reclama eguaglianza di opportunità finisce per esigere che si penalizi chi é ricco di talenti.

L'antagonismo radicale tra gli uomini si rivela nel modo in cui, parlando del piacere, gli uni si sollevano verso la metafisica e gli altri scivolino verso la filososfia.

La vita è la ghigliottina delle verità.

Gli uomini cambiano meno di idea di quanto le idee non mutino di travestimento. Nel corso dei secoli sono sempre le stesse voci che dialogano.

Solo ci convince pienamente quell'idea che non ha bisogno di argomentazioni per convincerci.

Ogni fine che non sia Dio ci disonora.

Di ció che conta davvero non abbiamo prove, solo testimonianze.

***


Scelta e traduzione a cura di genseki

sabato, dicembre 01, 2007

Omaggio alla Romania

Lucian BLAGA (1895 - 1961)

Le tre etá dell’uomo

Ride il bambino:”Il gioco è per me saggezza e amore”
Il giovin canta:”L’amore è per me gioco e saggezza”
Il vecchio tace: ”Amore e gioco è per me la la saggezza”.

*

Trad. genseki

giovedì, novembre 29, 2007

 
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Omaggio alla Romania

Lucian Blaga

Eraclito sulla riva del lago

Presso le acque verdi crocevia di sentieri.
Vi sono silenzi in questo luogo,
pesanti silenzi abbandonati.
Cane che fiuti il vento con il muso
ora taci!
Non scacciare i ricordi che ritornano
a seppelire quei volti nella cenere
piangendo.

Appoggiato a un tronco leggo il mio destino
nel palmo di una foglia autunnale.

Quando sceglierai, o tempo, il cammino piú corto?
Dove mai ti dirigi?

I miei passi risuonano nell'ombra
come frutti marciti
che cadono da un albero mai visto.
Roca di vecchiaia s'è fatta
la voce della sorgente.

Ogni mano che si leva
è solo dubbio
Gravano dolori
sull'occulto mistero
della terra.

Getto spine dalla riva del lago,
con esse in larghi circoli mi disfo.

trad genseki

martedì, novembre 27, 2007

Omaggio alla Romania I


Tristan Tzara


A una morta

non cessi di avanzare
ai confini della notte
il fuoco si è spenti
là dove declina la pazienza
nemmeno i passi su imprevisti sentieri
possono risvegliare la magia dei fini

braci braci
le ricorda l'amore

nulla che ci distragga da attendere seduti
sulle ginocchia bimbi di calda pienezza
potrei dimenticarlo il suono di quella voce
che contribuisce a spargere luce
oltre la nostra stessa presenza

fragole fragole
per amor di labbra

contenuta come un mare
tutta una vita allacciata
e sui petti innumerevoli d'onde
l'immenso sfregarsi do orsi sfiorati

sogni sogni
dal silenzio di braci

potrei domenticare l'attesa che reca ricompensa
il tempo che si raccogli su se stesso
la luce che scaturisce da ogni parola detta
il lungo abbraccio della persistenza conquistata

linfe linfe
nei ricordi della mia sete

trad genseki

venerdì, novembre 23, 2007

Genova II

anche genova – poi –
finì per tramontare
nel trambusto dei suoi molti satelliti,
tra il folgorío di un codazzo
di comete
e io continuavo lo stesso
a stringere i tuoi occhi
nelle mie mani
in mezzo a tutta quell'erba
quella sabbia di cobalto
e lo sapevo bene,
lo presentivo
che la pornografia
prima o poi ce l'avrebbe fatta
a inchiodare quello che resta
del mio sguardo
a qualcheduno dei suoi molti
schermi

genseki

giovedì, novembre 22, 2007

Elissi

seduto qui
in uno dei due fochi dell'elisse
in uno dei due fochi della vita
seduto qui nella calda luce
nella luce di agrumi della vita
fisso il margine slabbrato
la linea indecisa
tremula di sangue luminoso
trasparente :
la soglia oltre la quale
tutto si rovescia
in altra vita, in luce inversa
in speculum pensa il pensiero
nell'altro foco
mi attende
in quiete
il mio cuore.

genseki

El porvenir


De Veritate


“Si cerchi di comprendere bene il nostro pensiero. Non giochiamo con il paradosso di negare che la scienza debba conoscere la verità, peró nemmeno possiamo dimenticare che la verità è un valore che risponde all'incertezza da cui l'esperienza vissuta dell'uomo si trova fenomenologicamente marcata e che, alla voce spiritualitá gli slanci del mistico, le norme del moralista, l'orientamento dell'asceta e le scoperte del mistagogo appaiono come animati storicamente da una medesima ricerca della veritá”.

*
La veritá nel suo valore specifico rimane estranea all'ordine della scienza: questa può gloriarsi della sua alleanza con la veritá, può gloriarsi della sua alleanza con la verità, puó proporsi come oggetto il suo fenomeno e il suo valore, ma non può identificarla in nessun modo con il suo proprio fine.

*

J Lacan
Oltre il principio di Realtà
trad. genseki
*

Appare in queste righe come in controluce lo sguardo di Hegel. La veritá si frammenta nella psiche, si frantuma nelle vicende delle menti individuali, nella loro concretezza e nella loro finitezza.
Tuttavia non cessa di essere vera: è la verita del delirio e della confabulazione, la veritá della psicosi e degli atti mancati l'ultima lontana frontiera della Razionalità di tutto il reale dalla Fenomenologia dello Spirito fino alla Fenomenologia della Psiche Concreta.
Hegel pare aver indossato un paio di spessi occhiali da sole, come quelli delle spia sovietiche nella pellicole di serie B.

genseki

giovedì, novembre 01, 2007

Esferas

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La Cattedrale V

Il libro della Cattedrale

Lo spazio sacro della cattedrale è anche l'immagine simbolica del Libro, o megli dei libri sacri: l'Antico e il Nuovo Testamento.
Il testo di parole diventa testo di pietra, qui, il Logos diventa edificio e l'edifcio rappresenta a sua volta il corpo morente del Logos incarnato: parole, carne e pietra. Ma il Logos di pietra è simbolicamente femminile, umido, sotterraneo, cupo e lunare.

Come testo la cattedrale può e deve essere letta, bisogna però possedere le chiavi che permettano di accedere alla sua scrittura, conoscere il suo linguaggio e le sue regole.
Tuttavia non c'è dubbio la cattedrale va letta, è fatta per essere letta, è leggibile.


“Ed egli ripensó a questa cripta tiepida di Chartres. Si, non vi era dubbio, come tutti gli edifici dell'epoca romanica, essa simboeggia bene lo spirito dell'Antico testamento, ma non è soltanto cupa e triste, è anche avvolgente e discreta, e così tenera e dolce!E poi, se ammettiamo che essa sia l'immagine in pietra del Vecchio Libro, non lo rappresenta certo nel suo insieme, quanto piuttosto nella scelta speciale, invece, delle grandi oranti che prefigurano la Vergine nelle Scritture. Essa è la traduzione in pietra delle pagine riservate soprattutto alle donne illustri della Bibbia che furono in qualche modo incarnazione profetiche della nuova Eva.

Insomma, disse Durtal, malgrado le contraddizioni di alcuni dei suoi testi la cattedrale é leggibile.
Essa contiene una traduzione dell'Antico e del Nuovo Testamento; innesta inoltre sulle sacre scritture le tradizioni degli apocrifi che riguardano la Vergine e San Giuseppe, le vite dei santi raccolte nella Leggenda Aurea di Jacopo da Voragine e le monografie dei Celicoli della diocesi di Chartres.
La cattedrale è un immenso dizionario della scienza del Medio Evo, su Dio, sulla Vergine e sugli eletti.

*

Il testo di pietra che si trattava di comprendere era, se non difficile da decifrare, almeno imbarazzante per i passaggi interpolati, perl le ripetizioni, per le frasi scomparse oppure troncate; per dirla tutta, anche, per una certa incoerenza che si spiegava, del resto, quando si constatava che l'opera era stata continuata da diversi artisti, da essi alterata in forma o dimensioni, in un lasso di tempo di più di duecento anni.

genseki