giovedì, maggio 20, 2010

Amor topografico

A Lu Spadaro

Quando finalmente decise di spogliarsi – lei -
Cinquant'anni erano ormai trascorsi, anno più anno meno,
Con tutto il loro corteo di affanni e di biancheria sul ballatoio
Ne aveva portato mastelli interi e tutti quei marmocchi
Che davano la caccia alle lumache dei gerani per calmare la fame!
Comunque fu nuda, alla fine, davanti a lui perdiana!
Ora aveva chiara finalmente la geografia che aveva ossessionato
La sua calligrafia
Tutti i caratteri vena per vena, fino al boschetto dello zio Damiano
Dove mormorava la fonte e solevano andara a bere quel vinello verde
Di sambuco
I singhiozzi delle varici, le praterie e gli altipiani della nuca,
E tutti gli altri canyon con i loro poveri idioletti
La percorreva adesso, con il vecchio sestante era in grado
Di ritrovare la latitudine di ognuno dei suoi pori
Ma il profumo di pelle della pelle il profumo
Della terra dopo la pioggia, insomma,
Sorgeva tra di loro come un altro corpo ancora
Non avrebbe potuto abbracciarla, no, non così, non cosí
E poi lei aveva i piedi
Laggiú infondo alle gambe, in fondo, che viaggio
Per Ande e tendini fino ai piedi
Così lontani dall'anima: i piedi
Così insostenibilmente mortali.

genseki

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