giovedì, giugno 10, 2010

Ancora sull futuro

Visto da qui, il futuro assume una forma nuova, Quanto piú vasta si stende la regione del passato, tanto più si restringe quella del futuro, Non del Futuro, del futuro, di quello individuale, di quello del soggetto, dell'io, Ormai posso dire di non avere piú nessun futuro possibile come individuo e che sono finalmente in grado di considerare il Futuro in sé, non reso opaco dalla possibilitá di una mia ingombrante presenza che mi obbliga a vederlo attraverso di essa come attraverso un vetro molto opaco, Senza di me in mezzo il Futuro si fa cristallino, fresco, sonoro, libero come un gioco a cui tutti possono giocare dalla molecola al professore, dalla foglia alla stella, La sparizione della proiezione di me nel futuro, del futuro come mio futuro lascia finalmente libero il Futuro di essere semplicemente come è. Sulla soglia tra l'intimitá del passato e l'illimitata libertá del futuro resto seduto, incerto, speranzoso di una recente bellezza, con una mano dentro l'altra come un piccolo nido per il germe del divenire
genseki

lunedì, giugno 07, 2010

Questo blog chiude

Questo blog chiude oggi, Il cammino verso la liberazione delle parole da quanto le rende utensili, stupidi mattoni di un significato insignificante, il chiudersi progressivo o il dischiudersi del futuro a ogni prospettiva che permetta di pensarlo, il ritorno del futuro come puro elemento del ricordo e quindi come forza che sola puó redimere il passato, gettare luce nella sentina del trascorso. Tutto questo è un viaggio che genseki debe compiere da solo.
Gli amici, i pochi: la gaBiota di Solentiname, Lu Spataro di Quittengo la luminosa Maresa di bellezza dolente fibra a fibra e i pochi altri che qui non menziono per insicurezza potranno continuare a leggere i messaggi che continueranno ad apparire, le poesie e le traduzioni e il gentile Florestan con loro. Chi cerca senza facili illusioni oltre la barriera del dolore e del senso, la nostalgia del soggetto nel suo indicibile dirsi, ebbene anche lui forse potrá decidere di perdere qui il suo tempo. Per tutti gli altri questo blog è chiuso non potranno piú leggervi niente di nuovo anche se, forse avranno l'illusione di poterlo fare.
Addio
genseki

Il non ancora conscio

Il non-ancora-conscio, è certo, tanto preconscio come l'inconscio della repressione e quello del'oblío, e nel suo genere, è perfino un tipo di inconscio che presenta tante difficoltá e offre altrettanta resistenza che l'imconscio dell repressione. Tuttavia il non-ancora-conscio non è subordinato in assoluto a una coscienza manifesta, bensí solo a una futura, a una che deve ancora sorgere.
Il non-ancora-conscio è pertanto solo il preconscio di ció che deve venire, la sede psichica ove nasce il nuovo.
Si mantiene soprattutto preconscio perché in esso ci viene dato un contenuto di coscienza che ancora non si è manifestato, che sorgerá solo nel futuro; in ogni caso deve ancora sorgere obiettivamente nel mondo.
Ernst Bloch
Da Principio Speranza
Trad. genseki

Il compito del ricordo

La politica da ora verrá primo della storia. I fatti diventano qualche cosa che semplicemente è appena accaduta, definirli è il compito del ricordo. Davvero, il risveglio è il paradigma del ricordo: il momento in cui riusciamo a ricordarci del passato piú prossimo, piú banale, piú manifesto.

Walter Benjamin
trad. genseki

lunedì, maggio 31, 2010

Sul ricordo

Sul ricordo

Il testo precedente di Hamann, il mago del Nord, mi ha richiamato alla memoria quello celebre di Bordiga: la societá futura influisce giá su quella presente. Sorprendente concordanza tra l'antirazionalista Hamann e il rigoroso dialettico. O forse sorprendente neppure tanto, forse un'ulteriore conferma nell'involontaria e segreta vena gnostica dell'ingegnere napoletano.
Per quanto riguarda la fenomenologia del ricordo, ebbene il ricordo è in relazione con il futuro nella forma piú semplice de inmediatamente evidente: chi non ha futuro non ha nemmeno ricordi. Sospetto, pur non avendo mai potuto sperimentare uno stato simile che anche chi non abbia assolutamente piú speranza non abbia nemmeno piú ricordi. Il ricordo, poi, come oggetto del ricordare si dispiega da un passato a un futuro: quello che non ricordo oggi, forse lo ricorderó domani. Ricordare è qualche cosa che ha uno svolgimento temporale lineare. Vi è una modalitá del ricordare che seleziona i ricordi in funzione del futuro, sperato, desiderato o anche piú spesso temuto. Se il ricordo ha bisogno del futuro e se ove non vi è futuro nemmeno vi è ricordo è altresí vero che l'universo del ricordo si ampia nella misura in cui il futuro si assottiglia. Nella nostra vecchiaia regnamo su un vasto impero di ricordi, in esso ci rifugiamo, troviamo protezione e di esso godiamo riposandoci in esso delle fatiche dell'aver vissuto. Il limite del minimo futuro è quello della maggior estensione del ricordo, ma quando non vi è piú futuro nemmeno vi è piú ricordo.
genseki

Hamann

Il futuro determina il passato

Come si puó pretendere di avere un concetto adeguado del presente senza sapere del futuro? Il futuro determina il presente e questo determina il passato, cosí come l'intenzione determina la natura e l'uso dei mezzi.

Hamann
Trad genseki

Jean Paul


Jean Paul

Il ricordo

Precisamente per questa ragione, tutta la vita ricordata brilla come un pianeta nel cielo, cioé la fantasia integra le sue parti in un tutto sereno e concluso, Allo stesso modo avrebbe potuto costruire una totalitá torbida, ma i castelli in aria pieni di camere di tortura la fantasia pereferisce situarli nel futuro soltamto, come i Belvedere soltanto nel passato. A differenza di Orfeo, otteniamo la nostra Euridice volgendo lo sguardo indietro e la perdiamo se guardiamo davanti.

Jean Paul
Introduzione all'estetica
trad, genseki

domenica, maggio 30, 2010

La lontananza

Vi sono due tipi almeno di lontananza: una è la lontananza che è tale in assoluto e può essere definita, per esempio dalla distanza geografica, oppure dalla separazione emotiva o dalle due insieme. Questa è la forma falsa della lontananza, una lontanza astratta, paralitica, infeconda, incompleta, aliena alla sua propria pienezza, incapace di compiersi come tale. Vi è poi una lontananza che è tale solo in quanto contiene in se la vicinanza, la prossimità, che l'avvolge quasi a proteggerla, che la custodisce nella sua intimità. È la vera lontananza, quella che costituisce come madre della prossimitá, che permette alla prossimitá di riconoscersi come tale. Che la porta alla luce, insomma. Nessuno puó essere davvero lontano da qualche cosa di cui non sia assolutamente prossimo. Prossimo nel ricordo, nel desiderio, nell'odio, nella nostalgia, ma prossimo, Proprio attraverso la lontananza ciscuno so riconosce prossimo di qualche cosa nelle diverse modalitá possibili di prossimitá. È il movimento di allontanmarsi che apre lo spazio ovattato della prossimitá in cui accovaciarsi ascoltando i propri cuori, i propri duplici fiati,

genseki

L'evocazione di Dreiser Cazzaniga

Le note e le pagine che Dreiser Cazzaniga ci ha lasciato raccolte nella rubrica delle sue memorie sono destinate a un lettore, un lettore particolare cioé un tipo particolare di lettore ma anche un lettore concreto che viene poco a poco evocato nel testo fino a prendere la forma del Curatore. In questo senso Genseki è una evocazione, se non una creazione di Dreiser Cazzaniga, L'attaccamento all'insuccesso, quando non direttamente alla disfatta che caratterizza la vita e l'opera di Dreiser Cazzaniga non gli consentiva di sperare di poter trovare un lettore empirico delle sue memorie, se non vi è lettore empirico, se manca il destinatario concreto è l'autore stesso che puó evocare un tipo di lettore che giunga ad essere il lettore, il Destinatario. Cercando di realizzare questa idea Dreiser Cazzaniga la sviluppó fino a evocare la figura di Genseki, il Curatore. Genseki è quindi un personaggio delle memorie di Dreiser Cazzaniga, forse è un po' pretenzioso definirlo un personaggio, ma insomma qualche cosa di molto simile a un personaggio anche senza i contorni ben definiti di un vero personaggio e come quasi-personaggio svolge il ruolo di Curatore. Proprio come Curatore delle memorie di Dreiser Cazzaniga Genseki è in una certa misura l'autore di Dreiser Cazzaniga. È lui che sceglie e assembla i materiali lasciati da Dreiser Cazzaniga e li propone in forma narrativa. Dreiser Cazzaniga in cerca di un lettore finisce cosí per creare egli stesso il proprio autore.
Qual è, tuttavia, la natura del materiale che Genseki assembla per costruire l'immagine che Dreiser Cazzaniga desidera prenda forma di se stesso? Da un punto di vista strettamente materiale, abbiamo visto, si tratta di una variegata congerie di testi su differenti supporti cartacei piú o meno ortodossi, tutti coloro che lo conobbero sanno come Dreiser Cazzaniga, ossessionato dall'esigenza di una vita austera e in qulache caso francamente avaro fossr solito raccogliere volantini pubblicitari per utilizzarne la parte posteriore. Con tali volantini assemblava veri e propri quaderni su cui copiava poi le su note. Dal punto di vista del contenuto si tratta invece di ricordi,
le Memorie di Dreiser Cazzaniga non sono quindi un testo narrativo, i ricordi non si possono raccontare, pensva Dreiser Cazzaniga, solo si possono costruire, combinare, organizzare e in qualche caso anche percorrere ma non raccontare. Il racconto dei ricordi ha solo in apparenza una forma narrativa.

mercoledì, maggio 26, 2010

Il grande animale

a Edoardo Sanguineti

Su questo nastro di Moebius a cui è stato laminato
Il nostro orizzonte percettivo
Nessun foglio possiamo nemmeno piú voltare
Tutti i fogli hanno una faccia sola
E anche quella sola infinita
Che comincia e sempre termina in un supermercato cinese
Dove gl impiegati sudano soia
Che macchia le camicie di terital proprio sotto l'ascella
E tanti cristi ballano con il cuore fosforescente
Strettamente serrato nella mano
Invano cerchiamo di sollevare qualche cosa per guardarci sotto
Nemmeno lo zerbino ha un sotto dove nascondere la polvere
Pascoliamo in questo prato di moplen
Con un fiore finto nella mano.

genseki

Da Purgatorio dell'Inferno

questo è il gatto con gli stivali, questa è la pace di Barcellona
fra Carlo V e Clemente VII, è la locomotiva, è il pesco
fiorito, è il cavalluccio marino: ma se volti pagina, Alessandro,
ci vedi il denaro:
questi sono i satelliti di Giove, questa è l’autostrada
del Sole, è la lavagna quadrettata, è il primo volume dei Poetae
Latini Aevi Carolini, sono le scarpe, sono le bugie, è la scuola di Atene, è il burro,
è una cartolina che mi è arrivata oggi dalla Finlandia, è il muscolo massetere,
è il parto: ma se volti foglio, Alessandro, ci vedi
il denaro: e questo è il denaro,
e questi sono i generali con le loro mitragliatrici, e sono i cimiteri
con le loro tombe, e sono le casse di risparmio con le loro cassette
di sicurezza, e sono i libri di storia con le loro storie:
ma se volti il foglio, Alessandro, non ci vedi niente

Edoardo Sanguineti

Di quante altre vite

Di quante altre vite crepitando a capofitto
Con il casco da motociclista e l'olio d'oliva restato troppo a lumgo al sole
Di quante altre vite cone le dita dei piedi divaricate
La crema solare le spiagge di ceramica l'azzurro delle camicie
Le nuvole pareveano camicie di altra biancheria gocciolando
Sul selciato e la pescheria con i suoi riflessi di rose sul ghiaccio
Di quante altre vite questo infrangersi di ricordi,
Chicchi di ricordi, grandine di ricordi, ghiaia di ricordi
Su cui distratta passeggia la mente come su un tappeto regale
Un re smemorato nudo come solo un re
Come un bambino che getta manciate di ricordi contro il sole cieco
Contro il sole che come una lucertola percorre il muro del cielo
E perde la coda sfibrata in raggi e raggi
Su questo spolverio di ricorsi triturando fino a quell'insegna
Fino al feltro al faggio al prato marcio d'acqua
Al come strisciava i piedi sulla corriera numero trentaqauttro
Ricordi sempre minuziosi le amiche che stendono ilari
Camicie ai fili che vanno da collina a collina le loro dita bianche
O ti sfiorassero appena, ricordo pulviscolo la bambina
Sporge dal pozzo con tutta la testa
Era caduta nel mondo nero mentre correva nel campo di segale
La terra cosí grassa fuma
Di quante altre vite come lucertole tra le rose come la serpe
Al bordo dello stagno quando la stagno è occhio
Come la serpe e la lucertola in una danza geometrica
Attorno a quello che resta del sole senza

genseki

martedì, maggio 25, 2010

L'ombrello di Dreiser Cazzaniga


Il matrimonio di Lydia Rosino II


Il primo appuntamento di Dreiser Cazzaniga con Lydia Rosino ebbe luogo in un autunno agonizzante sulle sporche colline di Cairuan, Dreiser Cazzaniga, in un momento di disperata solitudine, dopo aver sfogliato malinconicamente la piccola agenda del telefono, la chiamó per comunicarle come, grazie al suo successo in una prova di concorso, aveva conseguito uscire dall'interinitá e divenire titolare di una piccola prebenda, cosa alla quale la bella Lydia Rosino aspirava con tutte le sue povere forze: la titolaritá di una prebenda vitalizia; da parte di Dreiser Cazzaniga si trattava, invero, di un meschina soddisfazione alla sua vanitá, egli non era in grado di calcolare le conseguenze del suo gesto, sull'anima infreddolita della povera Lydia Rosino. Con una certa sorpresa registró come la bella Lydia Rosino gli proponeva un appuntamento nel borgo sporco di Cairuan, dove ella viveva, per una passeggiata sulle colline sporche dei dintorni tra le rovine dell'estremo autunno. Dreiser Cazzaniga si recó all'appuntamento con un basco di renna di origine lappone a quattro spicchi che aveva comprato a un mercato dell'usato di Berlino per un marco; una casacca da taglialegna dell'Oregon, pantaloni di fustagno da carrettiere della Langa e anfibi militari. I lunghi capelli uniti in una coda sulla nuca con un vezzoso nastro elastico. Lydia Rosino lo condusse in una lunga passeggiata durante la quale evitó con somma attenzione qualsiasi possibilitá di attraversare luoghi in cui si corresse anche solo il minimo rischio di incrociare esseri umani. Ella andava raccontandogli la sua vita di umiliazioni, di levatacce e di duro lavoro, di come il boia avesse finito per costringerla ad interrompere una relazione che ella giudicava insopportabile, di come il medesimo carnefice, stupefatto della sua decisione continuasse a perseguitarla bombardandola di telefonata e seguendola con la macchina. A una svolta del sentiero, in una radura che digradava verso un ceduo grigio tra l'erba marcia di pioggia si apriva un prato pieno di mazze di tamburo, cioè del fungo scientificamente noto come macrolepiota procera. Dreiser Cazzaniga non ne aveva mai viste di tanto grandi tutte insieme radunate. Pervano una flotta stellare di alieni benigni. Lydia Rosino diffidava dei funghi, cominció a raccontare storie di avvelenamenti e crudeli agonie che i buoni borghigiani cairuanesi si tramandavano di padre in figlio da generazioni. Dreiser Cazzaniga si mise a raccogliere quelle meravigliose fragili medadaglie bianche dal profumo di fumo e di cedro, signore dell'autunno al ballo di gala della putrefazione. Una era tanto bella che, per gioco, Dreiser Cazzaniga la portó via come fosse un ombrello: appoggiata alla spalla, Quando giunsero al borgo Lydia Rosino era terrorizzata. Gettava cautamente intorno sgurdi smarriti, Dreiser Cazzaniga insistette per finire l'incontro davanti a una cervogia tiepida e burrosa, Entrando nella caupona ella pareva scusarsi con tutti con uno sguardo ora umile ora sprezzante. Dreiser Cazzaniga non ci capiva niente.
a cura di genseki

giovedì, maggio 20, 2010

Amor topografico

A Lu Spadaro

Quando finalmente decise di spogliarsi – lei -
Cinquant'anni erano ormai trascorsi, anno più anno meno,
Con tutto il loro corteo di affanni e di biancheria sul ballatoio
Ne aveva portato mastelli interi e tutti quei marmocchi
Che davano la caccia alle lumache dei gerani per calmare la fame!
Comunque fu nuda, alla fine, davanti a lui perdiana!
Ora aveva chiara finalmente la geografia che aveva ossessionato
La sua calligrafia
Tutti i caratteri vena per vena, fino al boschetto dello zio Damiano
Dove mormorava la fonte e solevano andara a bere quel vinello verde
Di sambuco
I singhiozzi delle varici, le praterie e gli altipiani della nuca,
E tutti gli altri canyon con i loro poveri idioletti
La percorreva adesso, con il vecchio sestante era in grado
Di ritrovare la latitudine di ognuno dei suoi pori
Ma il profumo di pelle della pelle il profumo
Della terra dopo la pioggia, insomma,
Sorgeva tra di loro come un altro corpo ancora
Non avrebbe potuto abbracciarla, no, non così, non cosí
E poi lei aveva i piedi
Laggiú infondo alle gambe, in fondo, che viaggio
Per Ande e tendini fino ai piedi
Così lontani dall'anima: i piedi
Così insostenibilmente mortali.

genseki

martedì, maggio 18, 2010

Edoardo Sanguineti

Ballata delle donne

Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l'umano
la mia compagna, ti prendo per mano.