mercoledì, giugno 10, 2009

caracoles

Onda, onda dicevi

Onda, onda dicevi e nel frattempo
Con la mano scostavi acque di sogno
dagli occhi salsi
Sul crinale i palmizi percuotevano
La grancassa del sole celebrando
Un mardi gras mediterraneo
Con le variopinte livree le piume di pavone
E i galli da sgozzare la testa penzoloni
I tuoi piedi si muovevano tra spruzzi di sangue
Leggeri come il mio desiderio di te
Il sole si insediava vincitore, poi,
Tra le tue dita, nel cono oscuro
Dove avevo creduto fino ad allora che si nascondesse il mio cuore
Talismano della mia persistenza
A illuminare le vane regioni del nulla
I piccoli tsunami dell'impermanenza:
Il mio divenire altro
Per troppa troppa luce
Appena un palmo piú in là
Di dove fino ad allora
Avevo continuato ad essere io.

genseki

venerdì, giugno 05, 2009

Lacrime. Da dove?

Quante lacrime sulla mia faccia
Quante lacrime gocciolavano sulle mie guance
Sulla fronte, sul mento
Lacrime amare, lacrime di bronzo
Lacrime azzurre lacrime taglienti
Lacrime concave lacrime stremate
Lacrime profumate di magnolia
Lacrime al dente o bianche come
Il tuorlo del solo uovo di un pavone albino
Lacrime dotte lacrime di selva
Lacrime spore lacrime scintille

Lacrime grani del grande melograno
Che fioriva a jabalsa nel giardino
Del re del rame
Lacrime rupestri
Lacrime rune
Lacrime alla salvia
Lacrime a fiotti
Lacrime a cascata
Mi lavavano il volto tumefatto
Dai baci freddi di tanto lacrimare

Lacrime, da dove?
Da quale fonte di infinito dolore
Inflitta al cielo alla terra alle radici
Cadevano a quell'ora sui miei occhi
Che non sapevo aprire a lacrimare?

genseki


giovedì, giugno 04, 2009

C

Non vi è differenza

Per i discepoli che desiderano una formula segreta essenziale basta che sappiano che non devono afferrare nulla con lo spirito. Quando si parla del vero corpo assoluto del Buddha lo si compara al cielo. È una metafora affermare che il corpo asoluto è il cielo e che il cielo è il corpo assoluto. Le persone ordinarie dicono che il corpo assoluto occupa lo spazio celeste e che questo spazio è il contenitore del corpo assoluto. Esi ignorano che il cielo è il corpo assoluto e ce il corpo assoluto è il cielo. Quando si afferma l'esistenza del cielo, il cielo non è piú il corpo assoluto. quando si afferma l'esistenza del corpo assoluto, il corpo assoluto non è piú il cielo. Basta no spiegare concettualmente il cielo perché questo sia il corpo assoluto e di non spiegare concettualmente il corpo assoluto perché questo sia il cielo. Non vi è differenza tra il cielo e il corpo assoluto, tra il Buddha e gli esseri viventi, non vi è differenza tra samsara e nirvana, non vi è differenza tra le passioni e il risveglio. "Chi si è sciolto da tutte le caratteristiche particolari quegli è il Buddha".

Huangpo
trad a cura di genseki

mercoledì, giugno 03, 2009

Note sulla poesia cinese

L'epoca Tang

È durante la dinastia Tang che sono codificate le regole e gli stili della poesia cinese classica che contribuiranno a costituire lo xinti (nuovo stile) in contrapposizione al guti (stile antico) che era caratterizzao dall'assenza di qualsiasi regola formalizzata.
Lo xinti consta di due grandi generi: lo ci e lo shi. i poemi del genere ci sono fondamentalmente vere e proprie canzoni. Il poeta ne compone anche la melodia o soltanto le parole sulla bae di qualche antica melodia popolare. È quindi la struttira musicale che determina quella metrica. In totale esistono 826 tipi di ci che furono codificati dall'Imperatore Qian Long. Ogni tipo ha il nome di una canzone popolare e ciascuno possiede una propria struttura metrica e strofica. Il titolo della melodia che determina lo stile del testo va posto come sottotitolo.
Lo shi è invece la vera e propria poesia. Le sueregole sono molto piú rigide di quelle del ci.
Lo shi presenta tre varianti: il lüshi, il jueju e il pailü.
Le posie lüshi sono tutte composte di otto versi che sono o tutti pentasillabi o tutti eptasillabi.
Il jueju è una strofa di quattro versi.
Il pailü una strofa di piú d otto versi.
Nel lüshi i versi pari devono rimare tra di loro, tra il terzo e il quarto verso e tra il quinto e il sesto deve esseci parallelismo e in tutti i versi la cesura cade dopo la quarta sillaba. La poesia cinese, a differenza della lingua corrente che ne ha quattro, possiede solo due toni: ping e ze. Ping corrisponde al primo e secondo tono della lingua normale e ze al terzo e quarto. Nei versi ping e ze devono altenarsi nelle sillabe pari: se la seconda sillabe è ze, la quarta sará ping. L'ultima sillaba nei versi che rimano dovrá essere ping.
Il jueju è come un lüshi di quattro versi che possono essere i primi quattro, gli ultimi quattro o i quattro intermedi. Il venticinque per cento delle poesie dell'era Tang sono jueju.

genseki

martedì, giugno 02, 2009

Poesia sul cinghiale

Attraverso il sevizio shyni stat ho scoperto che le parole digitate in google che piú frequentemente aprono la strada fino a questo remoto blog sono:

"Poesia sul cinghiale"

In questa poesia sul cinghiale
Non c'è proprio nessun cinghiale
Non ci sono nemmeno le idee
Che permetterebbero di afferrarne
Uno
Per le setole
E trascinarlo su e giú per tutta la rete
La ragnatela, insomma,
Come se lo meriterebbe.
Guardate bene, o segugi di google!
Guardate bene!
Di cinghiali non ce ne sono
Nemmeno di nascosti dietro le t o nell'anello
Delle O
È un abbaglio
Orsú andate da un'altra parte
A caccia.

genseki

Hyperborea

Nichita Stanescu

Cotinua la traduzione delle elegie del poeta romeno Nichita Stanescu (per leggere le altre elegie basta cliccare su "Omaggio alla Romania" in etichette).

Ottava elegia
Iperborea

Così ella poi mi disse osservando le cose fisse
Della mia costiuzione:
"Vorrei fuggire a Iperborea
E vivo partorirti
Come cerva sulla neve
Mentre corre e geme
Con lunghe grida appese alle stelle
Nella notte.

Noi, nel freddo e nel ghiaccio
Mi spoglieró
Mi tufferó in acqua. anima indifesa,
Che adotta quale suo limite gli esseri marini.

Come crescerá l'oceano, sicuro, quanto crescerá!
Crescerá tanto che ogni sua molecola
Sará come l'occhio di un cervo
No, di piú, come una balena.

Mi tufferó in quell'acqua bella gonfia
Urtandomi con paeaggi browniani
Muovendomi, come una spora disperata,
A zigzag tra i colpi
Delle grandi molecole fredde
Figlie di Ercole.

Senza poter annegare, senza
Poter camminare e nemmeno volare
Solo zigzag e poi ancora zigzag
Imparentandomi con la felce,
Per un destino di spora...

Deh! Fuggiamo a Iperborea
A partorirti vivo
Bramendo, correndo spezzettata dagli affilati angoli
Del cielo violaceo
Sul ghiaccio che si crepa in Iceberg
Perduti sotto il cielo viola.

trad. genseki

lunedì, giugno 01, 2009

Conjuration des Espangnols contre la République de Venise, et des Gracques Escrito por Saint-Réal (César Vichard), M. l'abbé de Saint-Réal

Conjuration des Espangnols contre la République de Venise, et des Gracques Escrito por Saint-Réal (César Vichard), M. l'abbé de Saint-Réal: "DES ESPAGNOLS CONTRE LA RÉPUBLIQUE DE VENISE En iGi8 J_JE différent de Paul V et de la république de Veuise ayant été terminé par la France eu conservant au saint siege l houneur qui lui est dû et aux Vénitiens la gloire qu ils méritoient il n y avoit que les Espagnols qui eussent sujet de s en plaindre Comme ils s étoient déclarés pour le pape et qu ils lui avoient offert de soumettre les Véuitiens par les armes ils furent irrités de ce qu il avoit presque t raité sans leur participation mais ayant pénétré le CONJURATION "

La congiura degli spagnoli contro Venezia

Questa è la terza parte della traduzione dello splenddo testo dell'abate di Saint-Rëal. (Per leggere le altre parti basta cliccare su Saint-Réal in etichette).

In ogni modo, a partire da allora, non ci fu piú nessuna deliberazione del senato ce restasse segreta per l'ambasciatore spagnolo; egli era informato di tutte le risoluzioni che vi si prendevano e i generali dell'Arciduca conoscevano quelle relative alla guerra molto prima che quelli della Repubblica avessero l'ordine di eseguirle. Con queste conoscenze, quello che ora serviva all'ambaciatore per avere successo ella sua impresa era un numero considerevole di soldati; siccome in Lombardia vi era una potente armata spagnola, egli non temeva che gli venissero a mancare gli uomini, posto che a Milano vi fosse un governatore capace di pensare come lui. Il marchese d'Inojosa che lo era allora aveva legami troppo stretti con il duca di Savoia per essere adatto, egli aveva appena firmato il trattato di Asti, in cui la Francia e Venezia erano stati mediatori tra lui e questo principe. L'ambasciatore, che sapeva che questi negoziati non erano visti di buon occhio in Ispagna e scrisse affinché fosse richiamato chiedendo, nello stesso tempo a Don Pedro di oledo, marchese d Villafranca, suo intimo amico, di brigare per il governatorato di Milano, Don Pedro ebbe l'rdine di partire immediatamente per andara e prendere il posto d'Inojosa, verso la fine del 1615. E, non appena giunto a Milano avverti venezia per il tramite del marchese di Lara. L'ambasciatore comunicó il suo progetto al Lara nel modo che giudicó il piú adeguato perché fosse accettato, e lo incaricó principalmente di sapere se il nuovo governatore sarebbe stato in grado di inviargle milecinquecento uomni dei migliori quando fosse giunto il momento. Don Pedro, affascinato dalla grandezza dell'impresa decise di assecondarla per quanto fosse nelle sue possibilitá, senza esporsi a certa rovina se fosse fallita. Invió una seconda vola il lara a Venezia per assicurare l'ambasciatore della sua compiacenza pregandolo di tener conto del fatto che non aveva senso inviare gli uomini che egli domandava senza avergli scelti attentamente; ché se fossero morti, egli sarebbe stato colpevole di avere esposto a un pericolo tanto grave i piú valorosi soldato del suo esercito. Egli gli avrebbe certo dato il maggior numero di uomini possibile e cosí ben scelti che avrebbe risposto di loro come di se stsso.
Nulla era più importante per i disegni dell'ambasciatore che di impedire qualsiasi possibilitá di accordo. Per questo spinse il marchese di lara e avanzare proposte di pace assolutamente irragionevoli da parte del governatore di Milano. Il senato rispose indignato, come previsto e ruppe ogni negoziato. Don Pedro da parte sua no ¡n tralasció nulla per rendere ancora piú acide le relazioni. Il duca di Mantova era poco propenso a concedere il perdono ai propri sudditi ribelli, come promesso in seguito al trattato di Asti; lo incoraggiarono a essere ostinat,o e a continuare le esecuzioni di questi che egli aveva già cominciato. Si avanzarono proposte al duca di Savoia per rendere esecutivo questo trattato, ben sapendo che egli le avrebbe rifiutate visto che ci si rifiutava di deporre le armi dopo che lo avesse fatto lui cn il preteto della guerra del Friuli in cui la Spagna non poteva dispensarsi dal prendere parte senza perdere l'onore. L'armata veneziano aveva passato l'Isonzo e assediava Gradisca, capitale degli stati dell'Arciduca. Il consiglio di Spagna che sulle prime parve indifferente, vedendo che si voleva spogliare quel principe minacció di prendere partito. In quel tempo finiva il disaccordo nella casa d'Austria tra il ramo spagnolo e quello tedesco, che durava dai tempi del figli e del fratello di carlo V per la successione dell'Impero. L'interesse degli spagnoli per questa guerra fu il primo segno di questa iconciliazione.

trad. genseki

venerdì, maggio 29, 2009

Il ritornello

Solo quando la canzone
Stava per finire si rese conto
Dell'importanza ignorata del ritornello
Con la rima in -illo
E tutte quelle altre consonanti liquide
Che facevano pensare a una corrente
Che si allontana per poi riapparire

L'attesa costituiva la sostanza
Di tutta la lunga canzone
L'attesa della conferma della sola
persistenza

Quella del ritorno

genseki

Quando la musica

Quando la muica suonava
Non erano piú luoghi che sognava
Né eventi
Si lasciava consumare dalla vita
Come il cuore di un girasole
Dalle api
In un fracasso di elitre
Quando la musica suonava
Non erano piú amori che sognava
O passi di danza
Anche quelli si erano spenti
Sul pavimento di un'altra stanza.


genseki

giovedì, maggio 28, 2009

Amore e desiderio

Io che portai da natura un temperamento meno che tiepido, dovetti forse a questa circcostanza di andare esente dal disordine che deriva nel nostro stato morale dalla precocitá dei sensi. Per quanto mi ricordo, le battaglie dell'anima si svegliarono in me prima di quelle della carne; ed appresi per foruna ad amare prima che a desiderare.

Le Confessioni d'un ottuagenario
Ippolito Nievo

Curiosa confessione questa che rovescia l'ordine desiderio amore. Confessione che da la misura di una soliutudine incolmabile, di un isolamento doloroso. Amore è il nome che Nievo sembra dare alla solitudine
genseki

mercoledì, maggio 27, 2009

Luis Garcia Montero

Il primo giorno di vacanza

Io nuotavo nel mare della sera
proprio il monento
In cui la luce fluttua come brace
Di un incendio alla resa
E nell'acqua bruciano le domande
I silenzi piú strani.

Avevo deciso di nuotare fino alla boa
Rossa, quella che si naconde come il sole
Dietro le barche.

Lontanissimo dalla riva,
Solitario, perduto nel crepuscolo,
Mi addentravo nel mare
Sentendo l'inquietudine commuovermi
Come all'entrare in un poema
O in una notte d'amore sconosciuto.

Poi la vidi venire in mezzo all'acqua
Una signora anziana
D'una bellezza stanca
I capelli bianchi raccolti,
Si avvicinó nuotando
Con bracciate serene
Come se provenisse dall'orizzonte.

Al passarmi davanti
Per un momeno mi fissó negli occhi:
Non sono qui per te
Tu non sei quello.

Mi risvegliai coi rumori del mercato
Il rombo di una moto
Disperata correndo per la via.
Era mezza mattina
Sereno il cielo come bandiera viva
All'albero d'agosto.
Scesi al caffé per fare colazione
Osservare il passeggio della gente,
Il mare d'olio
I corpi sotto il sole.
Sul quotidiano
Il nome dell'affogato non era il mio.

lunedì, maggio 25, 2009

Straccioni

Il gelo
sopporto
che fammi torto
.

La canzon del Balurdo


Dai sistematevi che ci si scalda! Ci manca solo che vi mettiate a montare il fuoco. -- Che strano, le gambe adesso mi formicolano.

-L'una! - tramontana bella secca! – ma lo sapete voi, gattacci spellacchiati perché la luna è tanto chiara? è che ci bruciano le corna dei becchi, ci bruciano.

- Come è rossa la brace torbiera!
Come danza la fiamma azzurra sui tizzoni!
Ehi chi è la lingera che ha picchiato la baldracca?

C'ho il naso gelato! - C'ho le chiappe arrostite! - Che ci vedi nel fuoco Ciupiglia? - - Una alabarda. - E tu, Giampollo? - Un occhio.

Largo, largo a M. de la Chosserie! - Eccovi ben bene impellicciato e inguantato per l'inverno, Signo procuratore!
- Eh, giá i bei micioni non c'hanno i geloni!

Ah eccoli qua i signori birri! Gli stivali vi van fumando! - E i bricconi maramaldi?
Due li abbiamo stesi d'una archibugiata, gli altri son fuggiti di la dal fiume.

Così si incanaglivano a un fuoco di sterpaglie, due straccioni, un procuratore del parlamento che se en andava per bordelli con due birraccii che raccontavano senza scoppiare a ridere le imprese di loro sconquassati archibugi.

A. Bertrand
Gaspard de la Nuit
trad. genseki

domenica, maggio 24, 2009

Stampede

Furono le sue parole
Che decisero di smascherarlo
Stanche come erano di essere ripetute
Sulle pagine di quei testi -Poesie?-
Da uno che avrebbe potuto essere un glorioso vagabondo
Un alcolizzato immaginario
Un distillatore di depressione
Un alchimista degli influssi neutrali
Un cercatore di gioielli
Nelle profonditá delle scollature delle dame
Specialmente quando andavano di moda
I nei artificiali
Che doveva essere un bel problema piazzarli
Proprio li dove sarebbero stati davvero seducenti
E questo punto variava da cicisbeo a cisisbeo
E da abate a stalliere.
E digitate digitate digitate
Digitate senza costrutto
Infinitamente
Dopo che il disgraziato aveva aperto la bottiglia
dell'indecenza
E lasciava che evaporassero tutti i freni
Inibitori
dell'opprtunitá
E sfregava l'ipotalamo come se fosse di pomice
Furono le sue parole
Proprio loro a perderlo
A denunciarlo mentre piangeva
A esporlo alla gogna
A condannarlo al taglio di un testicolo
Una volta fuggite dal recinto
In uno stampede gallinaceo
E ora sta li a capo chino
In ginocchio tra questi mulinelli di piume
e le trombette di carnevale
Sta li senza parole
Sognando lo zucchero filato.

genseki

venerdì, maggio 22, 2009

Yoyo

Piú non ci incontreremo in questa primavera
Quando la prima volta ho visto i biancospini
Spogliarsi nei calanchi e latte di letizia
Stillarti dai capezzoli
Fazzoletto di miele a stringere i capelli
Neri ala di corvo io fumavo gauloise
Lo yoyo che giocavo nella mano sinistra
Piú non vuol risalire lungo il filo del tempo
La collana di lune sgranate in riva al Tanaro
La dono alla madonna che ride tra le mele

genseki