Compariamo l'idea di sostanza prima dei filosofi greci e l'aspetto che le diede Filone. Dicevamo che Eraclito ammetteva una sostanza primaria, della quale una parte si trasforma nel mondo. Questa tesi se non la confrontiamo con l'esperienza scientifica e la consideriamo solo come un enunciato che non esige altro contorllo che quello della sua logica interna, risulta chiara e intellegibile. Gli stoici sostenevano che la sostanza primaria nella sua totalitá si converte in mondo. De è una tesi tanto chiara e intellegibile come l'altra. Non ci sono contraddizini interne nel corpo logico di questi enunciati. Ció che è perduto da un lato è guadagnato dall'altro. La simmetria interna di qeuste tesi è suffciente. Come si spiega l'attitudine di Filone? Perché egli non accettó la formula precisamente bilanciata del pensiero greco?
Formato nella concezione del monoteismo giudaico per il quale l'inalterabilitá della divinitá era una pietra angolare, debe esersi chiesto: “che razza di divinitá è mai quella che sparisce parzialmente o completamente degradandosi? Nel seno della divinitá, come egli la concepisce secondo la tradizione ebraica, non si poteva ammettere scomparsa o degradazione. Dio che si riveló ai profeti per il suo solo attributo esistenziale deve essere conservato in tutta la sua pienezza. Nel caso della divinità non restava nessuna possibilitá per parlare di diminuzione, esaurimento o frammentazione. Tuttavia Filone si trova obbligato ad ammettere l'emanazione d alcune esistenze secondarie della divinitá (per esempio il Logos). Queste esistenze secondarie possono derivare da alltra cosa che dalla sostanza primaria? Chiaramente no. Due affermazioni antitetiche si impongono quindi a Filone. Da una parte doveva ammettere una divinitá qualitatitavemente quantitativamente inalterabile e dall'altra l'emanazione da essa di esistenze secondarie. La difficoltá che avrebbe sprofondato un altro in uno scetticismo irrimediabile fu per Filone occasione di un'eroica decisione. Egli si decise per la sintesi: ci sono emananzioni della divinitá ma la divinità non è menomata da nessuna di esse. L'intelletto prese posizione cosí, per la prima volta nella storia, per accettare coscientemente una formula che, indipendentemente dalla sua relazione con la realtá, era antinomica in sè, visto che non puó essere pensata interamente nel mondo dell'astrazione logica e neppure in quello concreto.
L'idea dogmatica dell'emanazione, una volta enunciata, divenne un luogo comune dell'epoca. Gli gnostici, in genere, ammettevano un'infinitá di emananzioni della divinitá, senza che questo en significasse la polverizzazione. Un eco della stessa idea si stabilizzó in seguito anche nella dogmatica cristiana: la idea che il Figlio procede dal Padre senza che questi soffra diminuzione o degradazione non è nientaltro che un lontano ricordo della concezione di Filone relativamente all'emanazione. Il contributo di Filone all'introduzione del dogma nella coscienza del suo tempo non si limita a questo. Un'altra idea seminale di alcune importanti elaborazioni dogmatiche posteriori sorge per la prima volta nel suo pensiero. Egli ammette una serie di potenze che emanano dalla divinità; ma sostiene anche che queste potenze non spezzano la sostanza divina nella sua unitá ma restano in essa, in eterna unitá con essa. Si tratta di una nuova formula dogmatica, che contiene un conflitto di termini, irrealizzabile sul piano logico o su quello intuitivo: la separazione tra alcune esistenze derivate e l'esistenza originaria, nella quale, tuttavia, le esistenze derivate seguono relamente unite con quella originaria.
“In che maniera queste potenze formino un'unitá in Dio, questo è il grande mistero”. Filone lo ammette. Questa dichiarazione, cosí esplicita, dimostra in modo sufficiente che la sua affermazione “dogmatica” non era una contraddizione involontaria, bensí una formula, anche se contradditoria, enunciata come tale in modo cosciente. L'atto di Filone non puó essere considerato come sincretismo nel senso peggiorativo del termine, come una di quelle sintesi insensate che sorsero in quell'epoca; esso, al contrario, equivale a un'invenzine spirituale. Un'invenzione spirituale alla quale riconosciamo il merito di essere la prima manifestazione di un nuovo modo di pensare, distinto fondalmentamente distinta dai metodi precedenti. Solo il fatto che il dogmatismo trovo la sua piena e piú ricca cristalizzazione formale e di contenuto nel cristianesimo, e il pregiudizio derivato da qui che il dogma sia una manifestazione esclusivamente cristiana, impedí che Filone fosse considerato il solo pensatore dogmatico.
Si comprenderá, anche dai pochi esempi di pensiero dogmatico che abbiamo menzionato fino ad ora, che in questo saggio non considereremo il dogma nel senso che la teologia cristiana da a questa parola. Per la teologia il dogma è “formula di fede” (accettata dai sinodi ecumenici esclusivamente per pretesa rivelazione), che fa parte della dottrina della Chiesa, che superi o non l'intelletto umano. Per noi il “dogma” è, per il momento, qualunque enunciato intellettuale che in radicale disaccordo con l'intelletto postula la trasecendenza dall logica. Questo indipendentemente dal sistema metafisico in cui lo si incontra. Non condizioniamo il dogma alla sua accettazione senza controllo da parte di una comunitá. Il dogma, in quanto oggetto di questo saggio, cioé dal punto di vista puramente intellettuale, è dogma per la sua struttura interna e non per l'atteggiamento delle persone in relazione ad esso, e nemmeno per le sue relazioni con una qualsiasi collettivitá. Non si definisce per mezzo di qualche cosa di esterno ad esso. Un dogma potrebbe non essere accettato da nessun altro oltre al suo autore, e ciononostante restare un dogma per la sua struttura.. In prima approsimazione delimiteremo il dogma esclusivamente attraverso la natura del suo conflitto con le funzioni abituali dell'intelletto.