martedì, dicembre 27, 2016

Benjamin Péret



Sulla collina ispirata soltanto dalle labbra dipinte
Gli occhi bianchi si aprono alle luci della festa
La respirazione morirá presto di bella morte
Come se una mano si posasse sull’alto versante della collina
E gli uomini stiano gridand
Era dal cielo di Dio che cadevano parole assurde

Ora partiamo per la casa delle alghe
Dove vedremo gli elementi coperti dalle loro ombre
Avanzare come criminali
Per distruggere il paesaggio di domani
Amica mia cara paura

*

Battito di ciglia

Voli di pappagalli mi attravesano la testa
Quando ti vedo di profilo
El il cielo unto si stria di lampi azzurri
Che tracciano il tuo nome in tutti i sensi
Rosa sul capo una tribú negra smarrita su una scala
Ove i seni acuti delle donne guardano attraverso gli occhi
Degli uomini
Oggi guardo attraverso i tuoi capelli
Rosa opalina del mattino
E mi risveglio attraverso i tuoi occhi
Rosa d’armatura
E penso attraverso i tuoi seni di esplosione
Rosa di stagno verde di ranocchie
E dormo sul tuo ombelico di mar Caspio
Rosa di eglantina nello sciopero generale
E mi smarrisco nelle tue spalle di via lattea fecondata 
Comete
Rosa di gelsomino nella notte di bucato
Rosa di casa infestata
Rosa di foresta nera inondata di francobolli verdi e azzurri
Rosa di cervi volanti su di un terreno abbandonato ove si battono
I bambini
Rosa di fumo di sigaro
Rosa di spuma marina cristallizzata
Rosa



Aspettare

Illividido dalle grndi placche del tempo
L’uomo avanza come le vene del marmo che vogliono
Procurarsi degli occhiI
I un torrente dove le trote dalla testa di ventilatore
Trascinno carri pesanti di spuma di champagne
Ce nutrono i tuoi capelli di bastione
In cui la parietaria non osa avventurarsi
Per paura di essere divorata
Oltre la grande pianura gelata dove i dinosauri covano
Ancora
Le loro uova da cui non usciranno tulipani di ematite
Ma carovane di ricci dal ventre azzurro
Per la paura di essere ingoiati dalla fontana di fulmini marini
Generata dal tuo sguardo dove volano farfalle impalpabili
Di notte
Vestite di stazioni chiuse ove cerco il segnale di aperto
Senza trovare niente
Meno che ferri di cavallo congelati
Che saltano come un ombrello in un’orecchia
E anatre di ortica fresca
Che pesano come ostriche

Trad. genseki



sabato, dicembre 24, 2016

Alma


Tu alma vidrio detrás del cual veo la fiesta de las sábanas angélicas
Tu alma fuego que consume el romero soñador de inviernos
Tu alma río que bendice las algas celestes
Tu alma viento que sopla de las botellas de los antiguos misterios
Tu alma flor de sauce que emborracha la niebla
Que ríe traviesa al afán de los días
Que sube el monte de nácar con mil deseos a la espalda
Tu alma camelo enamorado de la nieve
Tu alma flecha que atraviesa el espejo y un chorro de noche sale a encoronar el
eucalipto del jardín
Tu alma perfume amargo de la subida a la luna de invierno
Tu alma mi hogar de trigo y de pájaros
Tu alma mi iris en el estuche de terciopelo
Tu alma zorro que salta de la higuera a la estrella de los pastores
Tu alma barro de mi costilla perdida
Guitarra de mis latidos raptado por las gacelas
Mi café de la mañana cuando las últimas estrellas asumen el color del anís
Tu alma trigo de mi olvido
Trepadora de mi memoria
Tu alma es mi cuerpo y el tuyo cubiertos de arena tibia


genseki

venerdì, dicembre 23, 2016

Benjamin Péret

Se il vento lo permette
La speranza saccheggerá le contrade sane
Prossime all'arcobaleno e al Polo della Seta
La contrada ove si concretizzano le visioni degli imenotteri
Dove la speranza degli uni anima l'ardore sessuale degli altri
Ove passo come un dolore periodico
Che stimola l'energia degli insetti dal guscio di vetro


O sospiri insetti d'avvenire
Vi attendo nella macchia che conoscete
Per rivelarvi segreti che vi faranno riflettere
Segreti cosí fluidi che vi scorreranno tra le dita
Come i minuti tra le cosce di una bella donna
E il sole degli insensati
Al sole
A mezzogiorno.


*

Allo

Mio castello in fiamme castello mio inondato dal vino del Reno
Mio ghetto d'iris neri mio occhio di cristallo
mia roccia che cade dal versante per schiacciare la guardi campestre
Mia chiocciola opalina mia zanzara d'aria
Mia coperta di uccelli del paradiso mia chioma di schiuma nera
Mia tomba scoppiata mia pioggia di rane rosse
Mia isola volante mio grappolo turchese
Mia collisione d'auto folli e prudenti mia aiuola selvaggia
Mio pistillo di soffione proiettato nel mio occhio
Mia cipolla di tulipano nel cervello
Mia gazzella smarrita in un cinema di periferia
Mia cassetta di sole frutto mio vulcanico
Riso mio dello stagno nascosto dove finiscono per annegare i profeti distratti
Mia inondazione di cassis mia farfalla di morilla
Mia cascata azzurra come un'onda di fondo che fa nascere la primavera
Mio revolver di corallo la cui bocca mi attira come l'occhio di un pozzo scintillante
Gelato come lo specchio dove tu contempli la fuga dei colibrí del tuo sguardo
Perduto in una vetrina di biancheria inquadrata di mummie

Ti amo.

Trad. genseki

sabato, dicembre 17, 2016

Poesie di genseki

La pioggia leggera che saliva dal mare
La frescura delle palme libere dalla verticalitá del sole
A piccoli passi sembrava godere
dell'umiditá del granito
scalza come la mattina tra le cortine di luce soffusa
dove un gatto dormirebbe volentieri
sudiciamente accoccolato
intorno a se stesso,
il giorno le veniva incontro dal mare
e lei andava incontro al giorno
con i capelli grigi con gli occhi socchiusi
nel fresco dell'alba appena dischiusa
nella stanchezza del vino mal bevuto
il viso accorto teso alla finestra
la brocca nel circolo rosso del lavabo
la pioggia leggera sui tavolini di zinco
Le pagine di un quotidiano abbandonato
Volteggiavano intorno al monumento delle fucine
come una minaccia di oblio.

I gerani sonnecchiavano nei loro vasi
al vertice di tutte quelle scale
e un grasso bruco bianco
strisciavdia sul viadotto tra i neon
sbrecciati (...)
ancora accesi, si stropicciava gli occhi
con i pugni profumati di finocchio
decisa a godere della pioggerella
Della grigia brezza marina
Della focaccia di ceci,
Di un'altra vita ove possibile
Con un altro vestito piú chiaro ancora.

Era risvegliarsi in un mondo di preghiera
un mondo di rose e di usignoli melodiosi
il mondo del rosario, delle vergini
avvolte nelle cappe screziate
con il figlio come il frutto maturo
di qualche albero araldico
il figlio che sarebbe apparso come un sole
nella cavitá del muro di recinzione
tra i rampicanti, il convolvolo
l'edera, la vite, il ribes
un soloe dolce dalla polpa succosa
mentre al limite del bosco,
le volpi maligne come rosse saette
di colpo restavano immoblili
rapprese in un ghigno minerale.

Lui? Lui, invece, era da tempo in cammino
seguiva il muro che separa il porto dalla cittá
un muro di piccoli mattoni rossi

sbrecciato lo appartava dal suo desiderio
limitava l'orizzonte fino a una ampiezza
Che potesse accettare, la vecchia casa
l'aveva perduta con le mimose, l'araucaria
Le spazzole di ricino tra le sbarre della cancellata
La sua stanza al piano terra
All'ombra del ficus, poteva udire il canto
della fontana, le ninfe di pietra grigia
la statua del cervo con le zampe spezzate
Entro pochi metri si sarebbe aperta
la piazza sul mare, il suolo reso lucido dalla pioggia
rifletteva le grandi catene di bronzo del Monumento
I voli sudici dei colombi, i margini delle nubi
sullo sfondo plumbeo del cielo
il mare poteva presentirlo, fiutarlo
come una casseruola di bronzo
verde specchio risonante mescolando odori,
nostalgie, abbandoni, pesava sulle sue palpebre
come pesa il sonno dell'infermo sul vespro ospitale

Anche la sua di preghiera sanguinava
Sanguinava come il nibbio impigliato en biancospino
Come il jacarandá quando tarda il tramonto di aprile
e l'odore dolce dei ceri inebria intorno i pochi
frettolosi passanti, no la sua preghiera non sgorgava
dal pozzo del cuore, non sorgeva dal turgore del bosco
era faticosa litania, monocorde nenia stentata
alla quale si agrappava attraversando a gran passi
i campi di ananas sollevando il volo dei merli
e le proteste delle cicale
pregava con testarda speranza, con vergogna,
con igoranza, con emozione, con commozione,
con disperazione, timidamente pregava,
con scetticismo, con fede, con convinzione,
si arrendeva alla preghiera come al meno peggio
incredulo della pioggerella, che aliviava l'arsura sua
l'arsura delle cose..

Peró, insomma, alla fine aveva fame, e la pioggia
fresca salina impregnava i tavolini di zinco
l'aria dei caffe aperti era densa di muffa e di dolore
oscura e opaca come un crimine attentamente occultato,
e poi come mangiare quando voleva essere degno dei gabbiani,
del salvatore crocifisso, del veliero gonfie le vele
della fresca speranza della virginitá?

O la parola fresca, la parola che naviga l'oceano
la sola parla di speranza che apre la scia e tra la schiuma
la seguono giocondi delfini, azzurrri figli delle libere equazioni
signori delle sfere e della fragilitá marina
dei coralli che sussurrano tra le alghe laboriose,
o la parola la sua parola la sola parola tante volte rinnegata
e ancora altrettante volte parola, parola maturata
Nel ventre della conchiglia, vergine dei pellicani
placton della saggezza dei cetacei.
O la parola morula, feto della parola, parola placenta
Parola ombelicale, amniotico battesimo di ogni grumo
Di affetto
poteva udirla ora nel ticchettio quasi impercettibile
di miliardi di salse goccioline di pioggia
parola per lui solo per i suoi due cuori
e per tutti gli affliiti afflitti di afflizione


Inno alla Madre sua

ora sei benedetta tra le spighe
e marci sulle orme dei santi
eucalipti dorati ti danno ombra
germoglio di madreperla
la tua anima bambina
tu agnella impigliata tra le spine
Il tuo antico dolore instancabile
cesella ora le gioie che ti adornano
e i raggi della luna ti incoronano
verdi scintille i tuoi occhi come foglie
é Sion la tua dimora, tra le tende
dei beduini che salgono al santuario
crescono i virgulti sui tuoi passi sciolti
e l'olio profumato ti impregna i capelli.
Sei una carezza ora alla mia fronte
Perdonami per quello che MI HAI FATTO.


*


La pioggia era solo una speranza
Il sorriso dell'uva un abbaglio
Le nuvole erano cosí basse
Che entravamo e uscivamo
Dalle loro spirali
Come i raggi visuali da uno specchio
Scomparsi i nostri corpi da tutte le foto
Restavano solo i paesaggi:
I Castelli della Loira, il Palazzo dei Papi
La Beauce, il Lago di Como,
A confermare quella sola domanda
Che evitavo di formulare.



Notte di falce notte di leone
Grandinava sugli ultimi tulipani
Dal balcone spargevi ricami di luna
Pallidi come il varco celeste
Il richiamo dolente della mia modestia
La traparenza oscena delle calzette
Tirate sui talloni
Il rigoroso rumore della grandine
Ruggiva sulla pergola in rovina
Autunnale era il panneggio
Della tua tunica del tuo mantello
Con quel fragore di onde
Di opale con i brividi
Degli scarabei smarriti
Angeli artropodi ricamavano il blasone
Delizia d'ombra del fico
Fratello delle alabarde.

*

Afferra il fumo stringilo forte
Non lasciare che scivoli via sul cielo
Ramificandosi insinuandosi
Dissipandosi come un soffio
Agguantalo prima che diventi latte
Cera molle osso poroso
Liberalo da ingiurie allora
Lascia che sia cavo
Come amplesso d'ombre
Nell'occhio del gigante
Del profeta

*

Com'è vuota l'ombra dei limone
Cava e fresca
Nella notte di dicembre
Notte caprina
Nel sibilo angustiato della luna
La madre fugge nel canneto
I colombi neri sono bianchi
I suoi piedi inverdiscono l'erba
Spremono il latte delle radici
L'ultimo rifugo è un battito
Che scava nella paura
L'utero della rinascita.

*

Tutti i tuoi sorrisi messi in fila
Non facevano un volo intero
Non abbozzzavano un balzo
La tua tenerezza era l'estremitá di una malinconia
Una campana smarrita nella neve
La neve che il suo passato rende eterna
Era l'affetto avvinto dalla perdita
La carezza del lutto
La candela di Natale sull'ombra stilizzata del terebinto
Sulla sua ragione spezzata
La tua fermezza un tabernacolo di ferite
Il tremore dell'olio nella lampada
Quando la sua luce si sintonizza con la tua stella.

*

La luna si dirama
Come un ontano
Sui frammenti del greto del torrente
Aspro l'alone della tua mano
Sulla pelle dell'acqua
Con l'altra mi benedici
Come una dispersione.


giovedì, dicembre 15, 2016

Maria la Profetessa



Il Filosofo Ares incontró Maria la Profetessa, la sorella di Mosé, e avvicinandola le disse: - O profetessa, ho sentito dire da molti che possiedi la capacitá di sbiancare la Pietra in un giorno soltanto. E Maria rispose: - Certo Aros anzi mi basta anche solo una frazione di un giorno. Aros disse: - O Maria, Signora, quando compirai l'opera che affermi di poter compiere? Come sbiancare e poi aggiunger negrezza? Disse Maria: - Molto si è detto di questo tra i pagani, forse non sai Aros che esiste un'acqua o una materia che sbianca Henragem? Allora Aros rispose dicendo: - È come dici, ma ci vuole molto tempo. Maria allora rispose: - Hermes in tutti i suoi libri ha detto che i Filosofi sbiancano la Pietra in un'ora.
Aros disse: - come è possibile qualche cosa di tanto eccellente? Maria rispose:
- Sembra anche piú eccellente a chi ignora.
Aros disse: - se si possiedono i quattro elementi, secondo Hermes, i loro fumi si possono completare, tingere, coagulare e ritenere in un giorno fino a consguire i fine che ci si è proposto.
Maria disse: - Oh Aros, se la tua mente e le tue conoscenze non fossero cosí solide non riusciresti ad ascoltare queste mie parole fino a quando il Signore non riempia il mio cuore con la grazia della Sua Divina Volontá, comunque devi prendere l'albume di Spagna, gomma bianca e gomma rossa, che è il Kibric dei Filosofi, e il loro sole e la maggior tintura e sposare gomma con gomma in un autentico matrimonio, rendile come una corrente d'acqua, vetrifica questa acqua che è stata lavorata e trattala per un intero giorno fuori dai due Lubechs, su corpo fisso fino a scioglierla per mezzo del segreto della natura nel calice della Filosofia. Hai inteso bene?
- Si Signora !
    Maria disse: - Trattieni il fumo e stai attento che non si disperda. Che la sua temperatura sia soave come il calore del sole nel mese di Giunio o di Luglio, resta presso il suo calice e trattalo con attenzione mentre vanno crescendo il nero, il rosso e il bianco, per tre ore in una giornata, e il fumo penetrerá nel corpo e lo spirito sará avvinto e saranno come latte, come cera, liquefacendosi e penetrando: questo è il segreto
Aros disse: - Io non diró che sará cosí per sempre.
Maria disse a Aros: - e vi sono cose ancora piú meravigliose rispetto a questo, come il fatto che non era conosciuto dagli antichi, che non apparve come cura o come arte medicinale e che consiste nel cogliere una libbra fresca dell'erba bianca, chiara e onesta che cresce sulle colline, e quasto è il vero corpo che non vola via dal fuoco.


On a Theme by Thomas merton

God's hands 
palpate darkness, the void 
that is Adam's inattention, 
his confused attention to everything, 
impassioned by multiplicity, his despair. 

Multiplicity, his despair; 
God's hands 
enacting blindness. Like a child 
at a barbaric fairgrounds -- 
noise, lights, the violent odors -- 
Adam fragments himself. The whirling rides! 

Fragmented Adam stares. 
God's hands 
unseen, the whirling rides 
dazzle, the lights blind him. Fragmented, 
he is not present to himself. God 
suffers the void that is his absence.

Denise Levertov