martedì, giugno 21, 2011

La gazzetta del borgo

Paul-Louis Courier de Méré.

Parte Prima


Gazzetta del paese

Questo giornale non è letterario e neppure scientifico, è rustico. Per questo deve interessare a tutti coloro che la terra mantiene, che si nutrono di pane, magari con un po' d'aglio, e forse di qualche cibo piú elaborato. I redattori sono brava gente, vivono quasi tutti tra Pont Clouet e la Quercia schiantata, coltivatori, vignaioli, boscaioli, lavoratori delle segherie e mietitori le cui opinioni e i cui principi non cambiano mai, incapaci di fingere di avere altro in testa che il proprio interesse che , come ognun sa, è anche quello dello stato; tutto il resto, a loro, non importa convinti come sono che una volta saziati i loro stomaci tutti quanti hanno pranzato. Paul-Louis che ha studiato un po', ascolta i loro racconti, raccoglie i loro discorsi, quelli piú interessanti, e le loro sentenze e mette tutto nero su bianco, insomma scrive qualche articolo senza sottintesi, qui nessuno è tanto raffinato. Qui le cose e le persone siamo soliti chiamarle con il loro nome. Quando diciamo cavolo, cetriolo o zucchino, non stiamomica parlando della corte e dei principi. Se Pierone picchia sua moglie noi non scriveremo : “si è diffusa ieri la voce che Il Sig. G*P*”; oppure: “in certi salotti, ci si sussurra …" Noi raccontiamo alla buona, come si fa qui da noi, e proviamo compassione per i nostri poveri colleghi che devono soddisfare contemporaneamtei lettori che chiedono il vero e il governo che pretende che nulla di vero debba essere detto.

Il Signor Sindaco ha ascoltato la messa nella sua tribuna. Dopo il servizio divino, il Signor Sindaco si è messo al lavoro nel suo ufficio con il brigadiere della gendarmeria; poi i due hanno inviato il loro fattorino, il Gobbo, con un pacchetto per il Signor Prefetto da consegnare nelle sue mani. Lo sappiamo da fonte degna di fiducia, il fattorino è atteso con la risposta e la ricevuta; lo hanno visto passare accanto alla “Ville aux Dames”, dove si è bevuto un bicchiere. Quanto al contenuto del messaggio, nulla è trapelato. Si suppone che si tratti di qualche balordo che vuol ballare la domenica e lavorare la festa di San Gilles.

La Signora consorte del Signor Sindaco ha dato alla luce un signorino, al suono delle campane della parrocchia.

Cantano gli usignoli, arrivano le rondini: queste sono le notizie che giungono dai campi. Dopo un duro inverno e tre mesi di mal tempo in cui non si è potuto muovere la terra e arare, ecco che incomincia l'annata, i lavori riprendono il loro corso.

Charles Avenet è in prigione per aver parlato ai soldati. Tornando ieri da Saint-Maure, incontró alcuni soldati e li invitó all'osteria. In un attimo si fecero amici per la pelle; Avenet è stato a lungo sotto le armi; è membro, non cavaliere, della Legion d'onore, bevendo dalla bottiglia: - compagni, disse, per favore, dove andate col sacco affardellato? - Alla leva, risposero quei giovani -Bene! E afferrando un'altra bottiglia: - Che cosa ci andate a fare? - La guerra, chiaro. - Benissimo, rispose Avenet alla sua terza bottiglia: - dite un po', per chi andate in guerra? Scoppiarono a ridere, si misero a parlare di affari. Due gendarmi si trovavano nei pressi, conoscendo Avenet lo chiamano e gli domandano: - È meglio che te ne vada Avenet. Egli obbedisce e se ne va: i gendarmi pure. Ma poi torna, raggiunge i suoi ospiti e riprende il suo discorso. Allora lo arrestano. Non erano gli stessi, i gendarmi. L'hanno sbattuto in galera. Caso grave: ha detto quello che si dice tra soldati dopo essersi scolati tre bottiglie.

Non c'è verso di vendere una vacca. Le fanciulle erano care all'assemblea di Veretz. Tutti e tutte corrono a sposarsi per evitare la leva. Duecento franchi un giovanotto, senza una palanca, camicia e cappello per un anno. Una ragazza venticnque scudi. La piccola Maddalena non li accetta da Jean Bedout; lei non sa nemmeno fare il pane e mungere.

Si vedono nelle nostre campagne persone che, senza entrate, spendono e spandono, non sono dei nostri. Uno vende fiammifferi, l'altro, è venuto a vendere un cavallo, scendono alla locanda e si mangiano dieci franchi al giorno: stringono amicizia, giocano, pagano da bere la domenica, i giorni di festa o di assemblea. Parlano dei Borboni, della guerra di Spana, chiacchierano e fanno chiacchierare: è il loro lavoro. In cittá sono chiamati infami, nell'esercito spie, alla corte agenti segreti; in campagna ancora non hanno un nome, sono arrivati da poco: vanno aumentando e diffondendosi mano a mano che si organizza la morale pubblica.

Il Signor Sindaco è il telegrafo del comune; basta vederlo per sapere tutte le notizie. Se ci saluta vuol dire che l'esercito della fede ha subito qualche disfatta. Un saluto qua significa una sconfitta laggiú. Se passa impettito e fiero, una battaglia è stata vinta; marcia su Madrid, si calca il cappello bene in testa per entrare nella capitale spagnola. Se domani lo cacciano furoi, eccolo che ci abbraccia, ci da la mano, amico come prima. Da un giorno all'altro è affabile o brutale. Non puó mica durare; si aspettano notizie, e, secondo il giro che prendono le cose si ingrandiranno o le prigioni o il numero dei prigionieri.

Pierre Moreau e sua moglie sono morti, all'etá di venticinque anni. Il troppo lavoro li ha uccisi. Si dice: lavorare come un negro, come un forzato; si dovrebbe lavorare come un uomo libero.

Milon si è fatto quattro anni di prigione per le sue opinioni, nel 1815; sua moglie e sua figlia morirono di stenti: uscì distrutto. Ma non corretto. Le sue opinioni sono le stesse di prima, forse anche peggiori di prima. Quello che non amava adesso lo aborre. Nel comune ci sono dieci mal pensanti, che il sindaco fece arrestare un bel giorno e che soffrirono a lungo; per ricordare questo fatto, tutti gli anni il due di maggio si incontrano e vanno a pranzo insieme. Non bevono alla salute del sindaco e nemmeno a quella del governo. Quest'anno, il due di maggio, erano da Bourdon, alla locanda del cigno, finito il banchetto, mentre si alzavano da tavola, ecco passare il sindaco. Milon lo vede e lo indica agli altri; ognuno si morde la punta del dito. Poco dopo, per caso o a posta, ecco apparire il guardaboschi. Milon, senza dire una parola, si getta su di lui, lo getta fuori a pugni e a calci dandogli dell'infame, il poveretto fugge ben pesto. Arriva Mezzadra, il Signor Mezzadra, che possiede terra e vigna. Milon lo affronta: - Lei è monarchico? - Si, risponde Mezzadra, Milon con uno sganassone lo sbatte contro la porta. È proprio un grosso guaio, Milon si nasconde e fa bene. I pestati non lo hanno mica denunciato si tengono per sé i calci e i ceffoni. Il sindaco sta zitto. Come finirá? Chi lo sa! Bisogna vedere come andranno le cose mi Ispagna per il nostro esercito di soccorso ai reverendi padri gesuiti.

Trad. genseki

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