giovedì, aprile 21, 2011

Viaggio I

Il poeta

Aveva cercato di farcela con i suoi mezzi
Non gli mancava certo la testardaggine
Quella certa durezza occipitale che sparge
Schegge e scintille sul pavimento
Prima dei temporali quando il cielo
Si fa di bronzo e le prime gocce
Fanno oscillare le foglie del platano
Aveva vissuto a lungo in un giardino
Da bambino
La nonna ci viveva in camicia da notte
Aveva i capelli azzuri come la corrente elettrica
Lui la corrente elettrica la vedeva serpeggiare
Sotto la superficie delle pareti
Come le vene della nonna
Sulle sue mani
Gli interrutori erano rotondi e si giravano
Come una chiave
Aveva vissuto a lungo in un giardino
Con la nonna da bambino e poi vi nuotava
Come un pesciolino tra le dalie cinerine
Tra i cinerei crisantemi e tutti quei
Fiori grigi che avevano appena un bagliore di cobalto
Cercava di resistere di non perdersi di non divagare
Il poeta
Fino a raggiungere quell'altro giardino
Quello delle pietre
Il giardino
Spazzato senza pietà ogni giorno ogni notte
Dalla fitta spazzola del sole
Dalla spazzola di seta della luna
Il giardino delle ombre di ragno
Delle rose-fungo, delle rose micotiche
Delle viole della paura che non lascia pensare
Delle viole candelabri di oscenità
Il giardino senza fonti senza cristalli
Senza ombre senza uova senza battiti
Il giardino dal cuore spinoso
Dove le forme affiorano dall'ebollizione
Dello scoramento cercando sotto ogni ciottolo
La scolopendra pietosa il metro la misura
Insomma una musica possibile
Anche nel silenzio della dissoluzione
Il verso come una sequenza di passi
Su un suolo dapprima sabbioso
Poi sempre più solido
Con costanza con baldanza procede ora il testardo
Verso le onde verso la nausea
Attraverso il fluttuare dei volti
Lo aveva sempre saputo che ogni volto
È fornace, è stella è messa di ioni e gioconde
Molecole lampeggianti in fondo
Alle equazioni della singolarità
Volti che irradiano la speranza
Il dubbio vacillano esplodono
Aprono bocche e rughe
Pori come crateri e l'intimità
L'intimità sola possibile oltre il volto
Oltre la pelle il madore la peluria
L'intimità d'essere sempre l'altrove di ogni volto.
Signore dei volti chi ha cancellato il nostro?
Vi abbiamo rinunciato in nome della parola
Vi abbiamo rinunciato in virtù della parola
Per amore della parola vi abbiamo rinunciato
Al nostro volto di accordi di favilla
Di rugiada di seta di muco di polvere di farfalla
Di spine di velcro
O signore dei volti
Ad ogni attimo concedi il suo volto
Il nostro volto di ogni attimo
Il nostro volto di sempre e di nullamai
Di eternoniente di eone in eone
Volto ignoto incandescente spento
Volto che nostro ci accogli in spavento
Si aprono le porte del soffio al suo spasmo

genseki

1 commento:

maresa ha detto...

"l'intimità di essere sempre l'altrove di ogni volto."
Sì.