Tra i condiscepoli di Dreiser Cazzaniga negli anni spensierati del'infanzia studiosa del Barrio di Briggio uno merita distinta menzione vuoi per una speciale ossessione che negli sparsi frammenti memorialistici di Dreiser Cazzaniga egli pare aver nutrito nei suoi confronti, vuoi per la spettacolare carriera e il successo che sempre premiollo facendo di lui come l'opposto dialettico di Dreiser Cazzaniga.
Il piccolo Alàmo, fin dalla sua primissima infanzia aveva dato prova di una singolare certezza di vocazione: voleva essere presbitero, poi obispo e infine se possibile pontefice. Dreiser Cazzaniga come si sa era un ghibellino e nei suoi scritti le dignità ecclesiastiche son sempre, rigorosamente scritte con la minuscola. Così, essendo ancor picciol fantino occorreva che tutti si abituassero a chiamarlo Don Alàmo e non Alàmo, dapprima con una sorta di diverita tenerezza che sbocciava negli animi di chi vedeva questa ingenua creatura accarezzarsi le mani torcendole come un monsignore avezzo a tutte le sottigliezze della casuistica, sollevare con gesto sicuro e umile un pezzettino di cartone tagliato come un'ostia simulando la cerimonia della consacrazione, distribuire immagine di santi e sante in cambio di quelle dei calciatori:
San Gennaro, San Crispiniano, San Gamal e San Ghinaccio (protettore dei macellai del barrio di Briggio noto anche come San Guinaccio) in cambio di Sentimenti IV o Cuccureddu.
Quando gli altri monelli si dedicavano a percorrere i campi che tracciavano i margini del barrio armati di fionde rimediate, in bellicose bande dalle ginocchia spellate e dalle camicie sudice per rubare ciliege o bietole o per scontrari in battaglie la cui posta solo era l'onore con bande di altri Barrios egli li seguiva inalberando una gran croce di rami e biascicando pater e rosari. Il soprannome di Ciopo gli veniva da un avolo suo: il Cioppo che era l'unico confratello della un tempo venerabile confraternita dei battuti verdi. Dreiser Cazzaniga ricordave la grassissima sua figura trascinarsi dietro la processione del santo patrono dei bigliai di Briggio o del Corpus Domini inalberando fieramente un immenso stendardo verde in cui si vedeva distintamente il cane che fissava la piaga che si apriva rosa appena sopra il ginocchio del santo che a sua volta inalberava uno stendardo su cui era dipinto un agnello che era sormontato da un altro stendardo ancora, bianco questa volta e diviso in quattro parti ineguale da un croce rossa. Come avvenne poi che Don Alàmo ereditasse dal Cioppo il nomigliolo privato di una consonante Dreiser Cazzaniga non lo sapeva o se lo sapeva non lo volle scrivere da nessuna parte, quello che è certo che Don Alàmo era comunemente conosciuto nel barrio con il nomigliolo del nonno ma scempio.
L'adolescenza di Don Alàmo detto il Cioppo si rivelo' come il frutto ancora acerbo del fiore della clericatura che fu la sua infanzia, il Cioppo cresceva in sordida doppiezza e maldicenza, vischiosa irrequietezza e una tendenza a portare lo sguardo e l'interesse suo su tutto quanto eravi di torbido e morboso ascoso nel barrio di Briggio.
Soleva conquistare la fiducia di ingenui giovanotti briggiani, figli di forti bigliari adusi al vino rosso, al gelo sulle guance e alle sane scazzottate il sabato al ballo per insinuare nelle loro elementari coscienze il germe della corruzione che egli aveva poi cura di educare e una volta che la putrefazione morale era conclamata tradiva l'amico suo svergognandolo in pubblico con accesa veemente indignazione. Leggeva e copiava i diari segreti delle compagne di corso, frugava nella biancheria sporca dei compagni di campeggio, apriva lettere d'amore confidate alla sua discrezione, si ritorceva le mani, il suo sorriso era sempre stanco e dolce, lo sguardo obliquo, camminava a passettini, si esprimeva con sudiata melliflua lentezza, tra tutti coloro che lo circondavano più intimamente diffondeva con pazienza germi di discordia e sospetto.
Con queste capacità prosperò rapidamente nel Santo Collegium in cui si formavano i presbiteri di Briggio, non tanto grazie alla sua conocenza delle scritture o all'eleganza del suo latino ma alla pratica costante della delazione, di cui presto divenne un autentico cesallatore. Una volta ordinato con splendida pompa e gloriosa procesione per le vie del barrio decorate di fronde fragranti di castagno e casti mazzolini di fresche rose di campo Don Ciopo subito diresse i suoi passi verso il Soglio. Non ebbe nemmeno la molestia di passare qualche mese in una lontana parrocchia montana, o di coadiuvare un vecchio presbitero maniaco nei suoi doveri quotidiani allo scopo di provare la solidità della sua fede nell'ordine. No subito oltrepasso la porta e si installò nello splendore. La rapidità della sua ascesa fu causa di orgoglio immenso per i briggesi, anche per i più ghibellini fra di loro, e a tal segno crebbe l'entusiasmo che in Briggio si finì per credere come cosa certa che Monsignor Ciopo presto sarebbe salito al Soglio Supremo. Egli, intanto, percorreva con passo celere e sicuro la strada maestra della gloria: Monsignore, Obispo, Principe, Nunzio, Archimandrita, Nunzio nelle lontane contrade della noce moscata e della cannella da cui tornava al barrio per brevi visite alla madre. La madre non sembrava gradire particolarmente queste visite. Don Ciopo appariva nel barrio con immense limusine bianche e gialle, che profumavano di incenso e di limone. Solerti giovani previtarielli avvolti nei panneggi semplici di ampie tuniche bianchissime aprivano lo sportello, estraevano dal baule interminabili quantità di bagagli dalla fogge sovente peregrine, si inginocchiavano e segnavano benedicenti come in un balletto imparato a memoria. I loro occhi sottili erano impenentrabili, un sorriso impercettibile curvava le loro labbra strette strette, grige sulla pelle color rame del volto. Poi tutti scomparivano sotto la spessa vegetazione della Villa del defunto Monsignor Pistolotti, Vescovo libertino e pistolero, che nel secolo passato fu baluardo contra i ghibellini e gli averroisti con il suo schioppo e la sua verga e nella quale Don Ciopo soleva alloggiare in queste sue brevi visite al Barrio. I pii briggesi sussurravano di orge sacre sotto i grandi cipressi, di cerimonie blasfeme e ancor più profondamente andavano convincendosi della predestinazione che segnava la vita di Don Ciopo: egli sarebbe stato Pontifex!
Dreiser Cazzaniga lo disprezzava con furia rabbiosa, con cupa disperazione, avrebbe voluto sputargli sulla faccia, e quando lo incrociava per caso, Don Ciopo lo salutava torcendosi le mani; con uno sguardo dolce e umile andava interessandosi della sua salute, della sua famiglia e della sua carriera e Dreiser Cazzaniga rispondeva alla di lui paterna sollecitudine con lo sguardo basso, la voce flebile, come un seminarista sopreso dal prevosto con le mani sotto la tonaca e il suo cuore ribolliva come un bracere di mercurio. Monsignor Ciopo era una bestia perversa, un drago di iniquità, ma quello che Dreiser Cazzaniga non giunse mai a comprendere fu che la Iglesia lo innalzava per far capire come la sua santità non dipenda dalle persone che la compongono ma dai meriti del Sangue che il Suo Divino fondatore versò per tutti noi poveri peccatori.
San Gennaro, San Crispiniano, San Gamal e San Ghinaccio (protettore dei macellai del barrio di Briggio noto anche come San Guinaccio) in cambio di Sentimenti IV o Cuccureddu.
Quando gli altri monelli si dedicavano a percorrere i campi che tracciavano i margini del barrio armati di fionde rimediate, in bellicose bande dalle ginocchia spellate e dalle camicie sudice per rubare ciliege o bietole o per scontrari in battaglie la cui posta solo era l'onore con bande di altri Barrios egli li seguiva inalberando una gran croce di rami e biascicando pater e rosari. Il soprannome di Ciopo gli veniva da un avolo suo: il Cioppo che era l'unico confratello della un tempo venerabile confraternita dei battuti verdi. Dreiser Cazzaniga ricordave la grassissima sua figura trascinarsi dietro la processione del santo patrono dei bigliai di Briggio o del Corpus Domini inalberando fieramente un immenso stendardo verde in cui si vedeva distintamente il cane che fissava la piaga che si apriva rosa appena sopra il ginocchio del santo che a sua volta inalberava uno stendardo su cui era dipinto un agnello che era sormontato da un altro stendardo ancora, bianco questa volta e diviso in quattro parti ineguale da un croce rossa. Come avvenne poi che Don Alàmo ereditasse dal Cioppo il nomigliolo privato di una consonante Dreiser Cazzaniga non lo sapeva o se lo sapeva non lo volle scrivere da nessuna parte, quello che è certo che Don Alàmo era comunemente conosciuto nel barrio con il nomigliolo del nonno ma scempio.
L'adolescenza di Don Alàmo detto il Cioppo si rivelo' come il frutto ancora acerbo del fiore della clericatura che fu la sua infanzia, il Cioppo cresceva in sordida doppiezza e maldicenza, vischiosa irrequietezza e una tendenza a portare lo sguardo e l'interesse suo su tutto quanto eravi di torbido e morboso ascoso nel barrio di Briggio.
Soleva conquistare la fiducia di ingenui giovanotti briggiani, figli di forti bigliari adusi al vino rosso, al gelo sulle guance e alle sane scazzottate il sabato al ballo per insinuare nelle loro elementari coscienze il germe della corruzione che egli aveva poi cura di educare e una volta che la putrefazione morale era conclamata tradiva l'amico suo svergognandolo in pubblico con accesa veemente indignazione. Leggeva e copiava i diari segreti delle compagne di corso, frugava nella biancheria sporca dei compagni di campeggio, apriva lettere d'amore confidate alla sua discrezione, si ritorceva le mani, il suo sorriso era sempre stanco e dolce, lo sguardo obliquo, camminava a passettini, si esprimeva con sudiata melliflua lentezza, tra tutti coloro che lo circondavano più intimamente diffondeva con pazienza germi di discordia e sospetto.
Con queste capacità prosperò rapidamente nel Santo Collegium in cui si formavano i presbiteri di Briggio, non tanto grazie alla sua conocenza delle scritture o all'eleganza del suo latino ma alla pratica costante della delazione, di cui presto divenne un autentico cesallatore. Una volta ordinato con splendida pompa e gloriosa procesione per le vie del barrio decorate di fronde fragranti di castagno e casti mazzolini di fresche rose di campo Don Ciopo subito diresse i suoi passi verso il Soglio. Non ebbe nemmeno la molestia di passare qualche mese in una lontana parrocchia montana, o di coadiuvare un vecchio presbitero maniaco nei suoi doveri quotidiani allo scopo di provare la solidità della sua fede nell'ordine. No subito oltrepasso la porta e si installò nello splendore. La rapidità della sua ascesa fu causa di orgoglio immenso per i briggesi, anche per i più ghibellini fra di loro, e a tal segno crebbe l'entusiasmo che in Briggio si finì per credere come cosa certa che Monsignor Ciopo presto sarebbe salito al Soglio Supremo. Egli, intanto, percorreva con passo celere e sicuro la strada maestra della gloria: Monsignore, Obispo, Principe, Nunzio, Archimandrita, Nunzio nelle lontane contrade della noce moscata e della cannella da cui tornava al barrio per brevi visite alla madre. La madre non sembrava gradire particolarmente queste visite. Don Ciopo appariva nel barrio con immense limusine bianche e gialle, che profumavano di incenso e di limone. Solerti giovani previtarielli avvolti nei panneggi semplici di ampie tuniche bianchissime aprivano lo sportello, estraevano dal baule interminabili quantità di bagagli dalla fogge sovente peregrine, si inginocchiavano e segnavano benedicenti come in un balletto imparato a memoria. I loro occhi sottili erano impenentrabili, un sorriso impercettibile curvava le loro labbra strette strette, grige sulla pelle color rame del volto. Poi tutti scomparivano sotto la spessa vegetazione della Villa del defunto Monsignor Pistolotti, Vescovo libertino e pistolero, che nel secolo passato fu baluardo contra i ghibellini e gli averroisti con il suo schioppo e la sua verga e nella quale Don Ciopo soleva alloggiare in queste sue brevi visite al Barrio. I pii briggesi sussurravano di orge sacre sotto i grandi cipressi, di cerimonie blasfeme e ancor più profondamente andavano convincendosi della predestinazione che segnava la vita di Don Ciopo: egli sarebbe stato Pontifex!
Dreiser Cazzaniga lo disprezzava con furia rabbiosa, con cupa disperazione, avrebbe voluto sputargli sulla faccia, e quando lo incrociava per caso, Don Ciopo lo salutava torcendosi le mani; con uno sguardo dolce e umile andava interessandosi della sua salute, della sua famiglia e della sua carriera e Dreiser Cazzaniga rispondeva alla di lui paterna sollecitudine con lo sguardo basso, la voce flebile, come un seminarista sopreso dal prevosto con le mani sotto la tonaca e il suo cuore ribolliva come un bracere di mercurio. Monsignor Ciopo era una bestia perversa, un drago di iniquità, ma quello che Dreiser Cazzaniga non giunse mai a comprendere fu che la Iglesia lo innalzava per far capire come la sua santità non dipenda dalle persone che la compongono ma dai meriti del Sangue che il Suo Divino fondatore versò per tutti noi poveri peccatori.
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genseki
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